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Crowdfunding in Italia
Serenello:
--- Citazione da: lollapalooza - 2013-04-02 10:57:47 ---Dall'articolo pare che la cosa riguardi solo l'equity crowdfunding, non il crowdfunding classico.
Non è una cosa sbagliata, imho.
--- Termina citazione ---
Quoto.
L'Italia sarà il primo Paese europeo ad avere una normativa sul crowdfunding. La Consob ha infatti appena pubblicato il documento di consultazione sul nuovo regolamento, previsto dal "decreto crescita bis" (dl n.179 del 18 ottobre 2012), che ha l'obiettivo di favorire "l'accesso al pubblico risparmio da parte delle startup tramite portali on line": si tratta dell'equity crowdfunding. A differenza della versione "classica" del crowdfunding, che prevede il finanziamento di singoli progetti (concerti, dischi, film, documentari), invece l'equity crowdfunding mira a sostenere la nascita di nuove società, o l'ampliamento di quelle esistenti. Il legislatore ha preso in considerazione solo le startup innovative.
Lavinia:
Non ci sto capendo niente @_@ un'anima pia mi riassume?
Iacopo Benigni:
Lavinia cerco di semplificare e nel farlo sarò impreciso.
Ci sono più tipi di crowfounding. Possiamo per esempio dividerli in due categorie:
1) persone che cercano fondi per la propria azienda (per iniziare o per ampliarla) e chiedono soldi che poi restituiranno come dividendi, azioni o altro; chi da i soldi lo fa per guadagnarci
2) persone che cercano fondi per finanziare il proprio progetto artistico e sociale e chiedono soldi in forma di donazioni, si tratta insomma di una sorta di mecenatismo o beneficenza; chi da i soldi lo fa principalmente per contribuire al successo del progetto.
Quali sono i problemi e lo stato dell'arte in Italia?
1) la normativa italiana proposta di cui si parla nell'articolo linkato si occupa solo del primo tipo e stabilisce che solo una banca può fare da intermediario per questo tipo di finanziamenti; da una parte gli da importanza, ma sostanzialmente limita di molto lo sviluppo di questo settore visto che burocratizza il tutto e fa fare sopratutto profitti alle banche che inoltre possono bloccare progetti a loro discrezione.
2) la normativa di cui sopra secondo molti non parla di questo secondo tipo e quindi è opinione diffusa che non sia regolata da nessuna norma. Esistono comunque dei problemi:
- in qualsiasi momento protrebbero aggiornare le norme e stabilire che anche questo tipo di progetti devono passare attraverso le banche
- i soldi dati a questo progetti sono donazioni? Allora dovrebbero seguire la normative esistenti sulle donazioni.
- cosa sono quindi i premi dati ai sostenitori? Molti sostengono che nel caso di un prodotto culturale (film, libro...) in molti casi si tratta di prevendite. Se sono prevendite, quelle dei sostenitori non sono donazioni, ma acquisti di prodotti. In questo caso si dovrebbe seguire la normative per il commercio con relativa tassazione
- sia che si tratti di donazioni, sia che si tratti di prevendite chi fa un progetto dovrebbe avere la partita IVA, questo può essere un problema per alcuni, ma tutti i progetti fatti in Italia su siti italiani che conosco sono stati fatti da soggetti con partita IVA. Per capirsi avere una partita IVA per un'associazione di volontariato è molto semplice. Avere una partita IVA per un privato è poco più complicato, ma può essere costoso e può dissuadere; un artista se lavora come professionisat o semiprofessionista la partita IVA ce l'ha già.
- per "vendere cose" in Italia sei soggetto a norme e tassazioni differenti nel caso tu sia una persona, un'azienda o un'associazione
NOta aggiuntiva: nell'articolo c'è un virgolettato che è una castroneria, in molti paesi del nord europa già esistono normative su queste materie. No, non siamo i primi a burocratizzare il crowfounding, ma potremmo essere i primi a farlo male.
Mattia Bulgarelli:
--- Citazione da: Iacopo Benigni - 2013-04-03 15:10:14 ---Avere una partita IVA per un privato è poco più complicato, ma può essere costoso e può dissuadere;
--- Termina citazione ---
NOTA TECNICA anti-leggende metropolitane.
Non tanto l'apertura in sè, che è gratuita, quanto per i contributi obbligatori INPS che, per la maggior parte delle categorie, hanno un tetto minimo da pagare annualmente e incidono notevolmente sul reddito. Un artista si sfanga i minimi annuali perché può essere considerato "professionista senza cassa", per esempio.
È vero che (in teoria) non sono "soldi che vanno in tasse" ma che vengono "messi da parte per la pensione", ma il loro peso sul qui-e-ora è da tenere BENE in considerazione e conviene informarsi BENE sull'argomento.
Serenello:
Mattia la spostiamo in un posto più saggio questa discussione sulle previdenza in Italia che ho qualcosa da dire (avendo aperto P.IVA due giorni fa) ma non voglio farlo andando OT in questo thread?
Lascio scegliere a te il campo (si, ho opinioni pesantemente discordanti, si nota? xD)
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