Vorrei condividere con voi una determinata esperienza, e i pensieri che ho elaborato a riguardo.
Parlo della "nostra" campagna di DnD 3.x. Sette anni di campagna, sospesa da poco più di un anno per motivi esterni al gioco, in cui facevo il DM.
Vi pregherei, per ora di sospendere il giudizio. Anzi, mettiamolo subito nero su bianco, il giudizio:
"E' stata una parpuziata di dimensioni colossali". Su questo dovremmo essere d'accordo tutti, credo

Ma anche "E' stato uno degli eventi che hanno accomunato maggiormente gli anni della mia adolescenza": è un dato di fatto, anche solo matematico.
Oppure "E', al momento, almeno il 90% del tempo che abbia dedicato al mondo dei gdr in tutta la mia vita": idem come sopra.
Soprattutto in virtù delle ultime due frasi tra virgolette, non riesco proprio a guardarmi alle spalle con amarezza, e a pensare di avere "sprecato" sette anni di tempo dedicato ai gdr.
Inoltre, sto scrivendo per poter riguardare con occhio critico e costruttivo, ovviamente insieme a tutti voi, questa importante esperienza. Per capitalizzarla definitivamente e estrapolarne ciò che ce n'è stato di buono... Ma anche perchè, dopo un anno di pausa e dopo aver "aperto gli occhi" ad un nuovo modo di giocare, sia io che i miei giocatori abbiamo ancora voglia di volgerla al termine e finire quello che si era cominciato... In qualche modo.
Lascio in sospeso questo paragrafo, voglio andare con ordine. Prima vorrei vedere come si è arrivati a questa "parpuziata" da manuale.
Spero che questo lungo papiro possa, oltre che probabilmente scartavetrarvi le meningi per la rottura, essere nel suo piccolo una fonte di riflessione per chi, venendo dal gioco tradizionale, vuole passare oltre e cercare di “capitalizzare” la propria esperienza come voglio fare io.
In principio...Avevo 14 anni. Primo anno di scuole superiori.
Un'attività extrapomeridiana del mio Istituto Tecnico, il famoso "Corso di Giochi di Ruolo". Ci partecipai, trovandoci un gruppo di ragazzi più ferrati in materia, a tratti anche esterni alla scuola, che organizzavano gli “alunni” per giocare ai "grandi classici": AD&D, Vampiri Maquerade e Vampiri Dark Age. D&D 3a era in giro da relativamente poco, e li non c'erano ancora DM capaci di masterizzarlo.
The Forge era (forse, non ho controllato le date) ancora un embrione nella testolina di Ron Edwards, figuriamoci i gdr "New Wave". Pertanto, per noi erano gli anni dell' "interpretazione": la chiave per giocare con successo ad un gdr era, secondo i master del Corso, interpretare bene il proprio personaggio (e cos'altro si poteva fare, ai tempi del "gioco di narrazione"?).
Con quest'idea ben fissata nella testa, il demone del gdr mi possedette in tutta la sua Furia: qualche mese dopo, stavo già reclutando i miei amici per mettere in piedi un... "qualcosa" di D&D. Manco mi ricordavo ci fossero più edizioni in giro contemporaneamente, a dir la verità, e a malapena avevo idea di cosa fosse una campagna. Presi su due dei miei amici più cari e altri si aggregarono a poco a poco. Gradualmente facemmo una colletta per comprare i tre manuali base della 3a edizione. Guardai il primo episodio della trilogia cinematografica del Signore degli Anelli con la Guida del DM in mano. Ero a dir poco entusiasta.
Giochiamo a D&D!Sì, giochiamo!
..."giochiamo a D&D"? Cosa voleva dire, per noi, giocare a D&D?
Eravamo ragazzini che sapevano a malapena cosa fosse un gioco di ruolo... Figuriamoci se eravamo in grado di definire una CA condivisa (prima avremmo dovuto, perlatro, inventarcela) o avere delle aspettative di gioco consapevoli! Però, tutti eravamo amanti del fantasy (anche se ancora forse non lo sapevamo), un po' più introspettivi della media, e con una certa dose di fantasia. Il giocatore medio, insomma. Mi ritrovài a fare il DM quasi senza rendermene conto, nessun altro voleva farlo.
Sempre tornando all'ingenuità di quei tempi, mi rendo conto che noi volevamo "giocare a D&D", non "fare una campagna di D&D" o "una one-shot di D&D": non avevamo idea di dove saremmo finiti, di come qualche centinaio di pagine patinate ci avrebbero dato i primi input per innumerevoli pomeriggi e sere a superare sfide e lottare per salvare il Grande Regno. Abbiamo fatto sette anni di campagna
per inerzia, quasi senza rendercene conto, spinti principalmente dal nostro divertimento.
Cosa volevamo davvero, cosa abbiamo intravisto in quelle pagine patinate? Forse, semplicemente "l'avventura": uno sfogo per la nostra immaginazione e creatività, un mezzo per fare cose fiche in un mondo che c'era solo nella nostra testa. Io come DM, vedevo un progetto: battaglie epiche, personaggi che crescono e fanno esperienza fino ad ottenere i mezzi per salvare il mondo, sfidando il destino e le probabilità. Sicuramente è il progetto a cui abbia dedicato più tempo in tutta la mia vita: sette anni di preparazione di avventure, di continua messa a punto della backstory e di stesure di Home Rules, più la messa in pratica di tutto questo al tavolo da gioco. Una faticaccia, senza ombra di dubbio... Ma non riesco a pensare a nessun altro progetto in cui abbia investito così tanto tempo ed energie, e con quella costanza. All'epoca di certo ero ancora nelle condizioni di potermelo permettere (beati tempi delle superiori...).
Ritengo importante almeno provare ad analizzare le nostre aspettative di gioco dell'epoca, cosa che ho tentato nel paragrafo precedente; ora però passo oltre, prima di farmi possedere del tutto dal "romantico fantasma delle belle sessioni che facevamo una volta", che sarebbe controproducente.
Chi eravamo (fino ad un anno fa)?Non eravamo tutti uguali, noi "Dragamine". Il nome viene direttamente da un evento In Gioco, era il "titolo" che si era dato la compagnia di avventurieri, dopo che la loro gilda li aveva mandati all'ennesima missione suicida. Oltre che un gruppo di giocatori, eravamo (e in parte siamo ancora) anche un gruppo di amici, che uscivano la sera a bersi una birra o a ballare e che stavano bene insieme. Qualcuno ci chiama “Dragamine” ancora adesso.
Alcuni Dragamine sono andati e venuti, più o meno rapidamente. Tratterò di quelli che sono rimasti più a lungo e fino all'ultimo, molti dei quali sono anche miei carissimi amici. Al momento uno solo, oltre a me, è presente in forum, un certo Nicola (Tibo), non ricordo bene con che nickname. Per gli altri userò una lettera. Cercherò di spiegare quello che penso dei gusti e delle aspettative di gioco di ciascuno “allo stato dell'arte”, cioè quando un anno fa cause di forza maggiore ci hanno spinto a sospendere la campagna.
Il Boss (Paolo, io):dopo le prime avventure, in particolare in seguito ad un dungeon particolarmente pulp, gli altri mi iniziarono a chiamare "Boss"; era la prima volta in vita mia che avevo un soprannome vero e ne andavo particolarmente fiero. Sì, ero uno di quelli che si definivano, magari senza dirlo esplicitamente, "un buon DM", soprattutto perchè vedevo che i miei giocatori si divertivano davvero. Era un piacere vederli così presi e coinvolti... Quando me ne accorgevo, era un piacere soprattutto per il mio ego. Ah, beata gioventù...
Sono stato un forte sostenitore del "realismo" e dell' "interpretazione", e la maggior parte delle nostre Home Rules vertevano su questi due elementi. Ma ero anche un sostenitore del "personaggio che deve poter interagire col mondo", del "mondo con azione-reazione", del "le regole del manuale esistono per essere rispettate: in caso di regole che sembrano senza senso, sul momento si rispettano, poi magari si scriverà un'Home Rule in un momento successivo, dopo un'analisi meno estemporanea", del "il metaplot è cacca: nessun manuale 'ambientativo' deve venire prima del piacere di giocare".
Nicola (Tibo):autore di molti dei personaggi più pulp, uno dei Dragamine più capaci di creare spunti di gioco e "mettermi in difficoltà" sia con personaggi particolarmente lammati che con giocate apparentemente assurde o autodistruttive, ma che poi si rivelavano essere ottime imbeccate per il DM o per altri pg. Un "creatore di buon gioco" e, in quanto lammone, un'ottima spalla durante la stesura di HR. Amante dell'interpretazione e del realismo come me, ma anche della "sfida": più un mostro aveva GS alto e la missione sembrava disperata, e più si divertiva. XD Dovendo trovare un difetto nel suo modo di giocare, forse direi che, come me, era un sostenitore dell'interpretazione a tutti i costi e del “ci sta da personaggio”.
M. :
quello che amava giocare l'eroe. Scriveva personaggi che sembravano usciti direttamente dall'epica cavalleresca o dal Signore degli Anelli, con particolare patos e drammaticità (spesso solo nella sua testa, ahimé). All'inizio, avevo l'impressione che non fosse sulla nostra stessa lunghezza d'onda nel gioco, poi ho cercato di dargli le giuste imbeccate (oggi direi Bangs) e ne è uscito del bello: probabilmente il giocatore che ha creato più gioco e mi ha dato più spunti. Amante dell "'epicità" e della "figosità", probabilmente gli piaceva essere intrattenuto dal DM e dagli eventi travolgenti, più che esserne partecipe o fautore. Anche amante dell' "interpretazione", e, in teoria, del "realismo", ma su questo credo lo dicesse senza esserne davvero convinto.
F. :
l' "esploratore di personaggi". Una volta fece un bellissimo mago abiuratore, e dopo qualche avventura disse: "ho raggiunto la massima soddisfazione con questo personaggio, gli ho fatto fare cose fichissime, ora passo e ne faccio un altro". A quello successivo, dopo un'avventura, disse: "questo personaggio non mi piace, non riesco ad interpretarlo. Lo cambio." Credo che l'importante, per lui, fosse avere del gioco "suo", adatto al suo personaggio... Avere tante occasioni di gioco. Effettivamente interagiva poco con gli altri personaggi, se non quando ne aveva davvero bisogno... Ciononostante col suo gioco ha spesso fatto fare "WOW" al resto del tavolo, e ancora oggi ridiamo di alcune scene del suo nano barbaro. Altro amante dell'interpretazione a tutti i costi.
G. :
una giocatrice che ha tenuto praticamente quasi sempre lo stesso personaggio, in almeno cinque anni di gioco. Abbiamo sempre avuto l'impressione che questa sua elfa ladra fosse un po' lo specchio di lei: tanto il personaggio quanto il giocatore volevano un sacco di Spotlight. Qualche volta vedevo che monopolizzava il gioco con determinate azioni, che impiegavano un sacco di tempo, e gli altri giocatori sbuffavano, ma "ci stava da personaggio", quindi non potevo farci niente... <_< (beata gioventù...). Inoltre spesso rompeva le uova nel paniere agli altri: teneva per se oggetti del tesoro di nascosto, si impuntava per un certo corso d'azione, eccetera eccetera...
Ciononostante probabilmente era quella di noi che aveva colto meglio cosa avrebbe voluto essere D&D, almeno in teoria: "vi lamentate che i pf non sono realistici? ma D&D NON DEVE essere realistico, ed è bello così!"
(...continua...)