Un chiarimento importante che nessuno ha ancora scritto: in un gioco progettato appositamente per suscitare emozioni molto intense, solitamente c'è un qualche tipo di valvola di sfogo. Esempio: La mia vita col padrone, in cui tutta la frustrazione e orrore sfociano nella catarsi finale dell'uccidere il Padrone. È una catarsi vera e propria, e che il tuo personaggio si integri nella comunità, si suicidi perché si ritiene un mostro o vada incontro a uno degli altri finali possibili il giocatore si gode questa catarsi che prende tutta la negatività e la trasforma. È estremamente liberatorio, ma perché funzioni devi arrivare ad odiare davvero il Padrone!
Quindi: in certi giochi le emozioni non rimangono "appiccicate" addosso, ci sono sistemi di sicurezza pensati per questo. Anche in Dubbio, è importante fare una bella chiaccherata post-giocata per andare a parlare delle emozioni provate e perché, in modo da iniziare ad elaborarle. Nella mia esperienza, se anche ci sono state emozioni negative il condividerle ha sempre fatto in modo che, non tenendo tutto dentro, fossero spunto di riflessione positiva piuttosto che qualcosa su cui rimuginare cupamente.
Come dice anche Giulia, personalmente ritengo che più che il gioco dipenda dalle persone. Il gioco c'entra nella misura in cui viene presentato correttamente o meno: ad esempio se mi presentassero Kagematsu come un gioco di storie d'amore e basta, sarebbe fuorviante; io faccio sempre in modo di parlare anche del fatto che si ispira a un'estetica romantica giapponese e che quindi una giocata spesso avrà anche toni tragici, a volte sullo sfondo, a volte preponderante, ma che comunque spesso ci saranno. Kagematsu è un gioco che spinge a provare emozioni profonde, al coinvolgimento emotivo, e personalmente trovo che sia che siano emozioni negative che positive per me la catarsi c'è nel vedere alla fine la storia nel suo complesso, l'opera d'arte completa per così dire, e come esse si intrecciano alle emozioni degli altri giocatori per crearla.
Le persone, invece, sono il nocciolo della questione. Io non ho problemi, se qualcosa per me è problematico e sento che mi sta prendendo male, a fermare il gioco e parlarne o semplicemente chiedere di evitare quell'elemento, anche se gioco con persone che non conosco. Capisco però che per svariati motivi (come quelli sociali della partita di Kagematsu di Simone, o semplicemente il sentirsi in soggezione giocando con persone nuove) ci si possa trovare in situazioni in cui non si vuole/non si riesce a manifestare il problema appena ce ne si accorge, e questo pianta radici e può andare a creare quelle sensazioni sgradevoli a cui ti riferisci. L'unico caso in cui qualcosa del genere potrebbe succedermi è se io dicessi "questa cosa mi causa problemi, per favore evitiamola" e la mia richiesta venisse ignorata. Non mi è mai successo, credo che in caso non avrei problemi ad alzarmi e andarmene o a chiudere l'hangout, e non giocare più con quella persona.
Un paio di mesi fa nella community di gdr anglofona si è parlato molto di un problema specifico inerente a questa discussione (c'era un bell'articolo su Gaming as Women, ma adesso stanno rinnovando il sito), ovvero: segnalare contenuti con cui si hanno dei problemi senza interrompere il gioco in maniera estrema e senza essere obbligati a parlarne. È un diritto anche questo, soprattutto nel caso in cui si tratti di qualcosa di profondamente radicato e che fa davvero stare male, e che non ci si sente di discutere.
Una possibile soluzione è di avere una carta particolare (ad esempio con una grossa X) che si può alzare per segnalare il problema, e accordarsi prima di giocare sul fatto che nessuno deve essere obbligato a discutere sul perché percosa percome. di nuovo, si torna al clima e agli accordi al tavolo.
p.s.: favorevolissima allo slow down.