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[1001 Notte] Vincere O divertirsi?
Dario Delfino:
Le parole dell'autrice mi sono di grande conforto: a quanto pare non sbagliavo! :)
Il "gusto della performance", come dice Niccolò è sicuramente un elemento importante (ma su cui ci sarebbe da riflettere) che non mancherà nelle partite future.
A Manuela (e, se ho ben capito, a Mattia) oserei suggerire di giocarlo SENZA nessuna competizione tra giocatori. Al massimo utilizzare un dado per toglierne due all'ambizione altrui (magari per "vincere" entrambi...).. insomma, niente competizione! ;)
Matteo "Triex" parla di gusto della sfida, evidenziando aspetti importanti di questi gioco, e dal suo ragionamento mi sembra chiaro che 1001 notte è un gioco di storie e di atmosfera, e non di dadi accumulati per vincere.
Ed a quanto ho capito dagli altri interventi, non è l'unico a pensarla così.
Fare domande interessanti, ad esempio, è utile sia per rendere migliore la storia, sia per dare spunti e sia per ottenere i dadi per raggiungere l'ambizione (o la libertà) del personaggio, evitando di essere decapitati. Il gioco preme per la cooperazione!
Insomma, non ho dubbi: la prossima partita la giocherò in modo assai diverso! :)
Le osservazioni di Moreno, invece, mi sembrano di diverso avviso. Però sono un po' più difficili da comprendere. Da un lato ribadisce che si debba giocare per vincere, dall'altro lato però si capisce che le cose "importanti" sono le altre...
Perché, come dicevo prima, giocare immedesimandosi col personaggio, puntando alla propria ambizione ed ostacolando quelle altrui, non mi sembra un "giocare per vincere", non più di quanto non lo sia incorporare un tratto in un rilancio di Cnv per avere dadi in più e "vincere" la posta; o cercare di denaro in contenders per la propria relazione; o rilanciare due volte i dadi in Trollbabe per ottenere l'obiettivo, e così via. Curare gli interessi del proprio personaggio non è competizione, non è "lottare per vincere"...
Matteo Suppo:
Parliamo per esempi concreti, che è meglio.
Io sono triex e sto giocando la guardia dell'harem, che è un nero muscoloso e imponente.
Qualcun altro, lo chiameremo Bob, sta giocando la favorita del sultano.
Un terzo, chiamato Alice, sta giocando il gioielliere personale del sultano.
Sono il narratore, e nella mia storia sto parlando di come una pantera stia seminando morte e distruzione e ci sia una cacciatrice sulle sue tracce. La storia sembra essere interessante, a giudicare dagli sguardi degli altri giocatori.
A un certo punto si ritrovano finalmente faccia a faccia.
Ipotizziamo che Gigi abbia 4 dadi, Bob 2 dadi e io nessuno
Gigi domanda "Chissà se la pantera attaccherà la cacciatrice". Io penso "Col cazzo che rischio che ti arrivi un altro dado, aspetterò una domanda di bob, nel frattempo come posso fare in modo che non attacchi ma neanche attacchi?" E così racconto di come la pantera mostra i denti, e poi inizia a parlare, minacciosa. Nel frattempo aspetto una domanda di Bob.
Bob si sta godendo la storia, e non gliene frega niente di vincere. Non vuole darmi limitazioni. Non vuole accelerare la storia.
Gigi invece continua a farmi domande e a manovrare la fiction per farmi rispondere ad almeno una. A un certo punto fa dire alla cacciatrice "E allora saltami addosso. Hai paura?" e subito con una gemma dice "Chissà se la pantera ammetterà di avere paura"
Hm. Interessante. Mi ha fregato. Magari una via d'uscita c'è, e mi verrà in mente a partita finita. Anzi, quasi sicuramente. Però devo riconoscere la sconfitta, e quindi faccio attaccare la pantera, dandogli due gemme in un sol colpo.
Bob dice "Oh, bella storia, bella."
Io penso "ma va a quel paese"
Lavinia:
Provo a vedere se ho capito quel che intende Moreno: anche se si gioca per creare le storie, caratterizzare i personaggi ecc., ciò non vuol dire non usare gli strumenti che il gioco mi mette a disposizione.
Se il vecchio astrologo che brama di giacere con la bella danzatrice vede che lei sta per raggiungere la libertà e sfuggirgli per sempre, mentre lui resterà a marcire nella sua torre, allora magari cercherà di lusingarla nelle storie, mentre di nascosto suggerirà al sultano quanto lei sia brava, e che peccato sarebbe se lei abbandonasse la corte... (usare le proprie gemme per ostacolare l'ambizione altrui). In questo senso, l'astrologo vuole vincere: non solo il giocatore, ma anche il personaggio, e questo porta alla creazione di fiction nelle storie (perché vuole fare colpo) e alla corte (cosa s'inventerà da dire al sultano?).
Moreno Roncucci:
Avevo proseguito la spiegazione in un altro post in "sotto al cofano" (perchè facevo uso di termini tecnici della teoria), qui:
http://www.gentechegioca.it/smf/index.php/topic,8161.0.html
Ma qui triex e Lavinia hanno dimostrato che si poteva spiegare anche senza usarli. Sì, è quello che intendevo dire.
Dario Delfino:
Purtroppo non ho capito l'esempio di triex... e quanto detto da Moreno e Lavinia mi sembra comunque un po' confuso :\
Sto dicendo che 1001 e una notte è un gioco di storie e NON di competizione, e giocarlo in quel modo è limitativo (e va contro le intenzioni dell'autrice...).
A riprova di ciò, ad esempio, Meguey Baker dice che se si vogliono riutilizzare gli stessi personaggi che non hanno ottenuto l'ambizione o la libertà in una partita dove è un altro pg ad aver "vinto" (termine improprio, che forse ha generato tutta la confusione... è come quando si dice "vincere" un conflitto, mica è una sfida all'ultimo sangue tra giocatori!) i pg conservano tutti i punti precedentemente accumulati mentre il giocatore col pg che ha vinto riparte da zero. Vi sembra bilanciato? E' palesemente sbilanciato a favore di chi ha già dei punti, ma questo non è importante perché lo scopo del gioco non è "vincere", ma divertirsi raccontando storie (e sì, certo, puntando alle ambizioni del pg, punzecchiando gli altri, eccetera... giocando insomma!)
Inoltre, quando il gioco finisce, per qualsiasi motivo, si narrano gli epiloghi dei personaggi. Nella partita che abbiamo fatto, anche chi non ha vinto ha tranquillamente narrato un epilogo favorevole al proprio personaggio, quindi anche quando non si ottiene l'ambizione o la libertà, il personaggio può comunque essere abbastanza felice (o quantomeno restare in una situazione potenzialmente favorevole) e quindi avere una sorta di "premio di consolazione", che è più che sufficiente per essere abbastanza soddisfatti (più di quanto non sarebbe se il pg fosse decapitato, per intenderci).
E se vince qualche altro personaggio contemporaneamente al mio, non mi toglie assolutamente nulla (a meno che non metta un'ambizione che vada contro il mio pg, come ha fatto Patrick, pagandone lo scotto, perché contro la sua ambizione giocavo sempre un dadino!), ed anzi, vincere tutti forse è anche più bello.
Infine c'è la possibilità di premiare il narratore con una gemma. PERCHE' mai dovrei farlo, se giocassi per vincere?
E non sto mica dicendo che se uno gioca per vincere si trasforma in una bestia sanguinaria che non ha più alcun riguardo per la fiction o l'atmosfera (che dovrebbero comunque essere presenti), ma, è chiaro, questi aspetti verranno messi in secondo piano. Ed infatti in altri post si suggeriva, per non dare al narratore tutte le 8 gemme, di fare domande a cui fosse praticamente impossibile rispondere, o di evitare domande altrui invece di considerarle spunti, o di usare la propria autorità narrativa (ad es. il proprio personaggio) per rispondere ad una propria domanda... tutte cose che sarebbero più che lecite in un gioco competitivo, ma che in 1001 e una notte stonano come i robottoni giapponesi.
E' ovvio che lo si potrebbe giocare anche così, quindi forse il paragone coi robottoni è esagerato, ma è contrario allo spirito del gioco (e anche ad alcune sue regole, come la gemma "bonus")... insomma, tutto il contrario di quanto si diceva in altri post.
Ripeto, più che giocare per vincere, la competizione sta nel giocare il proprio pg (che invidia qualcosa degli altri) inseguendo le sue ambizioni e desideri... la stessa cosa che si fa in tantissimi altri giochi (Aips, cnv, fiasco, bti, trollbabe), il cui scopo è pacificamente quello di generare una storia avvincente e non competere per la vittoria.
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