Autore Topic: [Polaris ma non solo]Il gusto di giocare sapendo di finir male  (Letto 1669 volte)

Patrick

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Argomento nato da qui: [Madoka Magica][SPOILER]Aiuto per GdR via forum

Mi sono chiesto: se io gioco ad un gioco come Polaris, in cui so che i due possibili finali per me sono "muoio" o "divento un demone/tradisco i miei ideali", perchè gioco? La risposta breve è "non è tanto il finale la parte interessante, quanto piuttosto come ci arrivi". Vorrei approfondire un po' di più questo discorso (anche ma non solo perchè mi aiuterebbe per la stesura di un regolamento): che gusto c'è a giocare un gioco che già sai che potrà finire solo male? Cosa ne viene la giocatore, cosa lo invoglia a giocare?

Mi piacerebbe che rispondesse chi ha esperienza di giochi come Polaris et similia, in cui appunto si sa che non ci sarà un lieto fine. Ovviamente sono graditi esempi di giocate concrete: perchè avete deciso di imbarcarvi nella partita? Com'è finita? E cosa ne avete tratto, cos'è stato il bello, cosa vi farebbe rigiocare quel gioco?




Cito anche cosa diceva Korin nell'altra discussione:
Comunque sviscererei ancora un po' l'argomento: cosa viene al giocatore di un gioco simile? Come detto, mi viene in mente polaris come esempio, ma immagino che ce ne siano altri. Dite  che è il caso di aprire un topic in Gioco Concreto? (alla fine l'argomento non è strettamente legato a questo)

Fatti una domanda e datti una risposta: è un argomento ben definito a cui vorresti una risposta? Accomodati. ^_^

Ammetto di non aver capito bene la domanda, però... Chiedi "qual è il gusto di giocare una tragedia"?
Ti rimando all'articolo di Ezio sull'INCbook 2011, per cominciare.
Lo trovi qui (assieme a tutto il resto del libro): http://www.internoscon.it/pdf/INC_Book_2011.pdf
E qui (da solo): http://www.gentechegioca.it/smf/index.php/topic,4676.0.html
...e nella libreria di casa tua. XD

A sua volta, Ezio fa riferimento all'articolo di Burneko sull'INCbook 20010: http://www.internoscon.it/2011/pdf/INC_Book_2010.pdf

Su questo libro c'è anche il breve articolo di/su Zippolo, in coda (batuffolosa) al libro, accenna proprio a Polaris e a Montsegur e al giocare "la tragedia"... ^_-
Patrick Marchiodi, il Valoroso ~ Bravo Organizzatore di CONTM ~ Prima gioca, poi parla. ~ "La cosa più bella di INC11 è stata giocare con persone conosciute da due ore e avere l'impressione di giocare con amici di una vita" - Dario Delfino

Moreno Roncucci

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Re:[Polaris ma non solo]Il gusto di giocare sapendo di finir male
« Risposta #1 il: 2012-07-23 22:03:12 »
Patrick, hai mai giocato (o ti sarebbe piaciuto giocare) qualcosa ambientato nella Terra di Mezzo?

Perchè? Che senso hai? La magia, la meraviglia, tutto quello che rende speciale quel mondo, sta finendo, se ne sta andando. Il Signore degli Anelli  in pratica si chiude con gli ultimi elfi che se ne vanno per sempre, e il sottinteso è che la Terra di Mezzo se non diventa il nostro mondo, ne diventerà uno simile.

Questa atmosfera di perdita, di cose che scompaiono per sempre, pervade tutta l'opera.
Ora, non sarebbe stato più bello, più divertente, e più appassionante da leggere, un romanzo fantasy in cui tutto finisce benissimo e tutti i personaggi "buoni" alla fine si riuniscono in una grande festa con "e tutti vissero felici e contenti" nel finale?

No, vero? E lo sappiamo tutti. Che un buon finale non è (di solito) quello tarallucci e vino.

Ora, se vuoi giocare storie bellissime per te stesso...  perchè dovresti essere limitato dalla necessità di piazzarci un lieto fine qualunque? Mica stai facendo un pop-corn movie...

Detto questo, per me non vedi bene come la tragedia in Polaris NON corrisponda a "finire male". Polaris è più simile a Montsegur (che ho giocato molto più spesso): la tragedia è nel SETTING.  Giochi per vedere come i personaggi reagiranno alla tragedia, come saranno cambiati, cosa faranno.

Allo stesso modo, tu giochi Polaris per scoprire alla fine cosa farà il tuo personaggio: e ritengo che in generale "morire senza tradire quello in cui hai sempre creduto" sia un BUON finale, per il personaggio, un finale positivo.
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Moreno Roncucci

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Re:[Polaris ma non solo]Il gusto di giocare sapendo di finir male
« Risposta #2 il: 2012-07-23 22:08:55 »
Aggiunta: anche un finale "mi rendo conto che quelli che ho difeso non meritavano il mio sacrificio, e che i demoni hanno ragione" è un finale altrettanto bello.

Dissento quindi in generale dall'affermazione "il bello è il viaggio e non il finale": il bello di solito è sempre tutto quanto, e in particolare il finale. Saltare dritti al finale è una brutta maniera di giocare perchè ti dà finali smorti, non perchè il finale sia trascurabile.

Il punto da cui partire per capire queste cose (a parte il giocare: non hai mai giocato a giochi come questi?) è il chiedersi come mai si ritiene che nei gdr cose che funzionano benissimo ovunque (cinema, TV, letteratura, fumetti, etc.) non dovrebbero funzionare, come se un gdr debba essere per forza più simile a Pac-Man o a Super Mario che non a un film.
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Enrico

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Re:[Polaris ma non solo]Il gusto di giocare sapendo di finir male
« Risposta #3 il: 2012-07-24 05:03:18 »
Ho un'esperienza molto limitata, ma mi sembra che Call of Cthulhu possa rientrare in questa categoria di giochi.

(segue per completezza una breve descrizione del gioco, ma probabilmente sono tutte cose che sai già...)
L'ambientazione è ispirata ai racconti di Lovecraft; in pratica, la terra è minacciata da orrori cosmici che le deboli menti umane non riescono nemmeno a concepire, ed è difficile pensare che alla fine l'umanità possa sconfiggere simili orrori.
Nonostante ciò, ci sono alcuni intrepidi (o folli) che, venuti a conoscenza della situazione, tentano di opporsi con tutte le loro forze all'avanzata dei Grandi Antichi: questi sono i personaggi che i giocatori devono interpretare.

L'ambientazione lascia presagire che gli investigatori possano durare poco, considerando con quali avversari hanno a che fare, e le meccaniche supportano questo aspetto:
  • gli investigatori sono deboli, i loro avversari molto forti: ogni disattenzione può costare la vita (poi se anche il master ci si mette d'impegno per fare del suo peggio)...
  • gli investigatori hanno una riserva di sanità mentale, che di fatto tende a scendere più velocemente di quanto non possa risalire
  • approfondire le conoscenze dei miti limita la tua sanità in maniera permanente
  • le uniche azioni davvero potenti che gli investigatori possono fare, ovvero lanciare incantesimi, costano abbondante dispendio di sanità, più altri malus assortiti e tendenzialmente sadici

Ho provato il gioco solo in veste di master, e per una manciata di sessioni, quindi prendi tutto quello che dico con le pinze.
Secondo me, l'effetto prodotto dalle regole è di permettere ai giocatori di essere più rilassati e sereni nelle loro scelte, e in ultima analisi di giocare "bene" (rispetto, ad esempio, a D&D). Spiego con qualche esempio:
  • posso scegliere tra prendere un revolver o un fucile; il primo mi piace di più ma il secondo fa più male. Chissenefrega, prendo il revolver, tanto se devo morire non sarà questo a fare la differenza
  • posso sacrificarmi per aiutare i miei compagni e terminare la partita con un finale epico, oppure scappare e salvarmi. Mi sacrifico, è una bella morte, tanto prima o poi sarei morto comunque
Insomma, voglio dire che a sensazione il giocatore si sente invogliato a fare scelte non ottimali a livello di meccaniche in favore della narrazione, perché in fondo sa che non va a fare tutta questa differenza (i giocatori potrebbero benissimo ripetersi come un mantra "ricordati che devi morire").

Infine, c'è da dire che Call of Chtulhu è (per la mia esperienza) sostanzialmente un gioco di investigazione e azione. Se ti interessa l'aspetto più psicologico del "giocare sapendo di finir male", forse non è il gioco giusto a cui guardare.

Spero di aver scritto qualcosa di vagamente utile e interessante per la discussione...
« Ultima modifica: 2012-07-24 05:04:59 da Enrico »

Fabio Succi Cimentini

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Re:[Polaris ma non solo] Il gusto di giocare sapendo di finir male
« Risposta #4 il: 2012-07-24 06:53:01 »
Enrico, altro che spero: ti becchi una Fanmail acuta che si comporta come ottusa. Bel post chiaro, dettagliato e meritevole - e non farti dubbi sul tuo contributo.

Sottoscrivo comunque quello che dice Moreno: molti giochi che girano molto nella community, e pure molti giochi che piacciono a me, partono da situazioni potenzialmente devastanti e plumbee. Montsegur ha un finale 'di macrocosmo' fisso con la fortezza che si arrende e solo uno che può scampare la scelta tra abiura e morte, Monsterhearts è strutturato per tenere i personaggi stretti nelle grinfie di un mondo che non li accetta se non a condizione che, anche Fiasco è normalmente poco compassionevole verso i destini dei suoi personaggi (non impossibile uscirne vivi e magari vincenti, ma neanche così semplice.) Però, come le storie plumbee o anche cariche di ineluttabile malinconia ci piacciono su carta o su celluloide, nulla di innaturale nel gradirle sulla propria pelle giocandole.

E poi mi viene in mente Dog Eat Dog. Un altro gioco che, se forse non è un lieto fine negato al 100%, mi pare avvicinarsi molto a questo criterio.
Per esempio nella meccanica del Run Amok: se finisci i Token (che misurano la sottomissione di ogni personaggio alle regole dell'Occupazione), il tuo personaggio concluderà la sua storia con uno sconcertante atto distruttivo contro l'Occupazione, un momento nel quale sarà potentissimo (narrativamente parlando), una forza di vendetta e rivalsa. Per poi morire senza possibile scampo. Gli altri personaggi probabilmente si saranno compromessi, o avranno rimediato profonde cicatrici, o magari saranno morti in altri modi (per esempio uccisi da un altro personaggio: nella giocata a cui ho partecipato, il mio personaggio ha fatto linciare un altro - collaborazionista e macchinatore - in pubblica piazza.) Inoltre, se finisci la partita senza Token non potrai mettere becco nell'Epilogo, almeno non nella parte che riguarda il futuro della colonia.
In pratica c'è un unico modo in cui almeno per regole non escano 'brutte cose' per il tuo personaggio, finire il gioco avendo fra i tre e i cinque Token: ma in un gioco in cui ad ogni scena esce fuori una nuova regola implicita sul rapporto fra occupanti e nativi, e in cui l'Occupazione è virtualmente onnipotente... non è detto che giocare per sopravvivere al gioco sarà la prima delle tue scelte.

A me, nell'unica partita giocata finora e già menzionata, è capitato di rimanere l'ultimo con il personaggio in vita. Dulu, un vecchio cantastorie piagato dagli anni, fragilissimo e colmo di tristezza, che ispirato dalla schiava ribelle di Mauro aveva preso tra i pugni la poca forza rimasta, fatto uccidere il cacciatore infido, radunato il popolo e guidato l'ultima marcia orgogliosa dei nativi. Non era stato un Run Amok, tanto che nella scena in cui la schiava ha trascinato il leader degli occupanti nel rogo con lei, e Dulu si trovava una pistola contro la testa. Non un colpo esploso senza il tempo di dire 'ah'. Avevo ancora la possibilità di farlo sottomettere, magari di rispettare una o due regole e farlo finire tremante, in ginocchio, ma vivo. Magari, nonostante tutta la tristezza, avrebbe potuto mediare un graduale miglioramento delle cose. Ma in quel momento, giocando quel personaggio e capendo cosa credeva in quel momento, sapevo che essergli fedele significava soltanto fargli scuotere la testa e prepararlo ad accogliere la morte.

Quindi perchè giochi a Dog Eat Dog, che a maggior ragione parla di temi reali, politici e notoriamente mai finiti totalmente bene? Per me, anche per scelte come questa. Per giocare un personaggio (altro che creare storie a tavolino) e vedere cosa, in un mondo che finirà male almeno per lui, può salvare o decidere di fare.
« Ultima modifica: 2012-07-24 06:55:05 da Fabio Succi Cimentini »
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