Parliamo di paura.
Tra idee più grosse fallite per colpa di un hangout che è partito solo tardi, ieri alla fine si è finiti io e Mauro a giocare un paio di partite di Fantasmi Assassini. E' già interessante come il totale minimalismo del personaggio, che ti fa scegliere solo il nome, ti porti a metterti in prima persona: e infatti il 'mio' esploratore si chiamava Fabio.
E' finita che, in tutte le domande che mi ha fatto ho risposto non per un personaggio immaginario ma per quella che è la mia vita e alcune mie fragili aspirazioni - tutte tranne una che ok, mi son reso conto dopo che avrei giocato fin troppo in casa a dare la risposta 'vera'. Anche questo lo trovo interessante a pensarci dopo (scusate la ritrosia ma appunto, sono 'punti deboli'.)
Momento chiave, l'apparizione della seconda stanza: la mia compagna in game che tiene in braccio un bambino che non respira. Qui deglutisco, mi fermo un attimo, testuali parole: "ok, tutto questo mi mette un attimo in difficoltà." Ho pure pensato un paio di volte di andare al 48 e fermarla, ho tenuto duro un po' per le carte buone un po' per la voglia di riuscire a risolvere la situazione del fantasma, è finita male. In effetti la struttura molto minimale, guidata e assieme serrata ti permette ti metterti in gioco, e di essere in una storia di orrore breve ma intensa; serve, certo, collaborare giocatore ed MC per puntare sui tasti che emozionano.
Ed è stato interessante. Ho un attimo il dubbio che questa sensazione possa esaurirsi , ma è appunto un qualcosa di astratto e vediamo se e come il gioco confermerà o smentirà questo.
Mi spiace alla fine di essere stato assai meno forte io una volta pigliato il ruolo di MC - del resto non è neanche una novità che io prenda una certa difficoltà a giocare aggressivo verso gli altri - ma c'è da prendere confidenza con lo strumento e rodare. La fiducia c'è.