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PBF Levity #1 - Proposta e discussioni

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Mauro:
Quindi nessuno ha copia di quanto fatto e il file che avevi preparato non è abbastanza aggiornato? Peccato...
Da un lato, fare un riassunto non mi dispiacerebbe, per non perdere il giocato; dall'altro, sarebbe appunto un riassunto, senza la narrazione. Avete preferenze?

Glenda:
io non rigocherei da capo...mi sembra assai noioso... O_o
Vada per il riassunto!

rgrassi:
Quello che avevo messo in YWriter è la trascrizione della nostra giocata. :)
Altro che riassunto. :D
Eravamo fermi a poco fa.
Ora la metto su.
Rob

rgrassi:
Riassunto 1/4

L'inizio di tutto

Un altro pomeriggio era passato.
    Sul tavolino, una pila di giornali ammiccava alla ragazza stesa sul divano vicino, gli occhi chiusi, un braccio sulla fronte. Un'ultima rivista, ancora aperta sulle offerte di lavoro, giaceva appoggiata sulla sua pancia, ultima testimonianza della sua inadeguatezza al mondo.
    Cassandra si rimise a sedere, con un pennarello ancora in mano, e sospirò; erano giorni che passava i pomeriggi a cerchiare giornali alla ricerca di qualcosa da fare, ma sembrava che ci fosse ben poco di adatto a lei. Soprattutto da quando aveva sbattuto quel fastidioso cliente fuori dal ristorante.
    Si alzò e si stirò, guardando sovrappensiero fuori dalla finestra; quando ancora pilotava il suo Cessna era tutto piú facile, ma come aveva piú volte detto al suo vecchio procacciatore ormai quella parentesi era chiusa: il suo brevetto era sepolto in soffitta, e là sarebbe rimasto, per quanto la riguardava. Le aveva già tolto fin troppo.
    Domani sarebbe andata meglio, si disse, mettendo da parte l'ormai inutile pila.
    Stava ferma di fronte al frigorifero aperto, chiedendosi cosa fare per cena, quando il telefono squillò.

* * *

Il telefono continuava a squillare, con quel trillo fastidioso...
    Nel frattempo, fuori, le nuvole iniziavano ad addensarsi.
    Per strada, uno strillone gridava: "L'Eco di Barryfield. Edizione Straordinaria. L'Eco di Barryfield...
    Il telefono continuava a squillare...
    Cassandra, immobile davanti al frigorifero, lo guardava, un po' stupita.

* * *
Si riscosse dopo un attimo, e si diresse verso l'apparecchio; sollevò il ricevitore. "Pronto?".
    La voce dall'altra parte era sicuramente mascherata.
    "Cassandra Cross?"
    "Sì" rispose Cassandra.
    Non si sorprese troppo del tono della voce...più che altro si sorprese di sentirlo in quel momento. Quando volava...non sempre lavorava con contratti limpidi e senza ombre. Al contrario, aveva svolto incarichi di cui lei stessa non conosceva il vero fine, ed era capitato altre volte che chi gli commissionava un lavoro non volesse farsi riconoscere.
    Ma ora era diverso. Lei non volava più. E voleva semplicemente lavorare, guadagnarsi da vivere come qualunque donna del suo tempo che non avesse mai preso un brevetto di volo.
    Che senso aveva, allora, quella voce alla cornetta?
    "Chi mi cerca?" chiese.
    Sapeva che non avrebbe avuto risposta.
    "C'è da fare una consegna. Sarai pagata adeguatamente." La voce era perentoria e non sembrava dare adito a repliche.
    Non che pensasse ad altre richieste, ma era convinta che avessero saputo della sua rinuncia.
    "Mi dispiace, ma dovrete trovare qualcun altro. Ormai ho smesso di volare".
    Detto questo, Cassandra fece per riattaccare il telefono.
   
* * *

"Non credo che tu abbia molte opzioni, sempre che tu ci tenga a rimanere viva."
    "Non credo che voi abbiate molte opzioni, la mia morte attirerebbe troppa attenzione sui vostri affari".

rgrassi:
Riassunto 2/4
Verso la Valle di Von

La tempesta di vento era iniziata prima del previsto, ed era risultata molto più forte di quello che l'equipe meteorologica avesse annunciato. Tuttavia, la maggior parte della popolazione si era già messa al riparo e la città aveva assunto quel lugubre quanto pittoresco aspetto di cui si vestiva in giornate come quella: una tetra e silenziosa distesa di case fantasma, dove anche i tetti d'ardesia perdevano il loro colore, e l'unica cosa viva, fischiante e ululante, a piede libero in una corsa pazza per le strade, era proprio lui: il vento. Se fosse stato possibile avvicinarsi, e sbirciare attraverso i vetri delle finestre, forse si sarebbe potuto scorgere il viso di qualche curioso, ancora affascinato da quelle dimostrazione di potere di madre natura.
    Ma i più, ormai, ci avevano fatto l'abitudine, e proseguivano senza troppo pensare le proprie occupazioni.
    Diverso era per coloro a cui la buona sorte non aveva concesso di vivere in abitazioni pianificate ad hoc per resistere alle emergenze: gli sfortunati che ogni volta sfollavano nei sotterranei al suono della campana d'allarme, rimanevano tutto il tempo con le dita incrociate, nella speranza di trovare, all'uscita, il tetto di casa ancora al proprio posto.
    Brutta cosa, ma cosa di rountine.
    Le tempeste di vento si verificavano almeno un paio di volte al mese.
    Tuttavia, quel giorno, alla torre di controllo delle linee aeree, stava accadendo qualcosa di strano: l'addetto al radar aveva appena annunciato di aver rivelato un velivolo in volo. Chi aveva avuto la folle idea di avventurarsi in cielo con una tempesta del genere?

* * *

Cass si guardò intorno, nervosa per ciò che vedeva; con lo sguardo fisso di fronte a sé, si chiese per l'ennesima volta perché aveva accettato di salire di nuovo su quella maledetta trappola volante. Già al mattino, quando si era tagliata controllando il filo del coltello, avrebbe dovuto capire che non era giornata; ma si era fatta tirare, non aveva saputo rifiutare il lavoro. Di nuovo. Giurò nuovamente a sé stessa che se ne fosse uscita viva non avrebbe piú volato. Davvero, questa volta.

* * *

Tim iniziò a salire le scale della torre radar, di corsa, per quanto il suo fisico potesse consentirglielo...
    Tra le sue mani aveva un foglietto. Si asciugò il sudore e vide le altre tre rampe di scale... Sospirò.
    "Questo cambia tutto...", pensò, "che stupidi che siamo stati."

* * *

Adrian si era domandato tante volte come dovesse essere volare in mezzo a una tempesta di vento, ma quando guardava da dietro i vetri quei turbini d'aria e polvere abbattersi su tutto ciò che gli ostacolava il passaggio, si diceva che tutto sommato era bene che il suo istinto di sopravvivenza fosse più forte dell'adrenalina. Del resto, non era il suo lavoro, volare. Era più un miraggio, semmai...o un'eredità pesante che si portava sulle spalle a causa di un ingombrante schiera di avi (padre, nonno, bisnonno, e pure un lontano zio di cui non aveva mai visto nemmeno una foto!) che si erano in qualche modo distinti a bordo di un velivolo di qualche tipo. E cosa era finito a fare, lui? A lavorare alla torre di controllo...a guardare attraverso dei freddi strumenti il volo degli altri. Del resto, che altro avrebbe potuto fare? A casa sua, non c'era posto per altro, e lui, purtroppo, non aveva le doti dei suoi illustri avi: innanzi tutto gli mancava una buona vista, ed un pilota miope non s'era mai visto nè sentito; in secondo luogo, non aveva mai avuto ottimi riflessi.
    Però - e non sapeva se questo fosse un pregio o un difetto, in un paese come il suo - aveva una grande sintonia con il vento: sentiva quando stava per arrivare, quanto sarebbe stato forte...a volte gli sembrava pure di vederlo...come un amico segreto - o un avversario di cui non si può fare a meno.
    E quello di quel giorno, era un vento coi fiocchi: accidenti, se lo era!
    Quel velivolo abbandonato tra le sue braccia, aveva proprio poche speranze di rimanere in piedi.
    Tra l'altro, doveva avere una visibilità quasi nulla: dalla stessa torre di controllo, non riusciva a individuarlo. Lo vedeva sul radar, come un piccolo puntino luminoso. E in cielo, nulla.
    "Non può atterrare qui" disse al collega "si schianterà. Forse possiamo provare a metterci in contatto con lui e dargli delle indicazioni"

* * *

Jack guardò il piccolo punto sul radar... Era alla torre da tanti anni.
    "Prova a contattarlo," disse.

* * *

Cass guardò con apprensione il paracadute, posato di fianco a lei; riusciva ancora a mantenere il controllo dell'aereo, ma stava diventando sempre piú difficile.
    Dietro di lei, le luci sempre piú lontane di un aeroporto squarciavano invitanti l'oscurità; la radio era lí, immobile e silenziosa, a ricordarle che sarebbe bastato accenderla per guadagnarsi un porto sicuro. Invertire la rotta, atterrare, e aspettare al coperto la fine della tempesta; per poi ripartire e finire quest'ultimo lavoro.
    Con la coda dell'occhio, riusciva a vedere l'ombra scura proiettata dalla piccola valigia metallica poggiata dietro il sedile; nel definire il contratto le avevano parlato di massima urgenza, del non avere nessun contatto e della necessità di non fermarsi, quale che fosse la ragione, dal momento della partenza all'agognato arrivo. Ma anche precipitare l'avrebbe fermata, in un modo decisamente meno sicuro...
    La ragazza guardò di nuovo le luci dietro di sé, prossime a scomparire, incerta sul da farsi.

* * *

"Niente da fare" dichiarò Adrian dopo aver armeggiato un po' con la radio e aver buttato al vento svariati:
    "O la radio è spenta o è fuori uso. O le condizioni del tempo intralciano la comunicazione"
    Si lasciò andare sulla sedia, passandosi una mano sulla fronte. Non gli piaceva l'idea di vedere un aereo schinatarsi al suolo sotto i suoi occhi: non gli era mai capitato. C'erano stati degli incidenti, ma da quando lavorava lì - e non erano poi molti anni - non aveva mai visto un disastro "vero". Nel senso che non era mai morto nessuno. Però, nessuno si era mai azzardato a volare con le tempeste: oltre ad essere vietato ai loro mezzi, anche per un avventuriero temerario sarebbe apparso un rischio da non correre.
    "Gli avrei detto di non provare ad atterratre" disse, più a sé che a Jack "Penso...che avremmo potuto guidarlo fino alla valle di Von, sul versante est della montagna. Là c'è relativa calma di vento...se il pilota fosse bravo...poteva tentarci un atterraggio di fortuna..."
   
* * *

Tim arrivò, finalmente... sbuffante. Gli ci volle qualche secondo per riprendere fiato...
    "Dovremo far riparare quell'ascensore, prima o poi...", disse, con il volto rosso dalla fatica.
    Poi mostrò il foglio di carta.
    "E' una analisi dal satellite. Non è una tempesta di vento naturale. La sorgente del ciclone è a pochi chilometri da qui. Secondo me c'è di mezzo lo zampino di Krimen."

* * *

L'aereo vibrava sempre di piú, intrappolato tra le raffiche di vento che flagellavano il paesaggio. I muscoli delle braccia le dolevano, per lo sforzo di tenerlo in rotta. La tempesta le impediva di vedere bene cos'aveva intorno, ma piú avanti le sembrava di vedere delle schiarite farsi strada nel buio. Guardò la strumentazione: era ancora in rotta. Capí che avrebbe dovuto allontanarsene, per raggiungere quelle luci. Con gli occhi fissi di fronte a sé, pensò che un ritardo era meglio che non arrivare. E non si sarebbe dovuta fermare.
    Il muso dell'aereo virò sulla destra, in direzione del sereno

* * *

"Ma sì...bella idea creare una tempesta, in un paese che vede tempeste un giorno si e l'altro anche!" ironizzò Adrian "Non mi pare un gran modo di fare scompiglio...La gente di qui, è preparata per fronteggiare le tempeste, naturali o artificiali che siano!"
    Tornò a guardare il puntino sul radar, cercando di nuovo di intravedere l'aereo attraverso i vetri.
    "Ehi, sta cambiando rotta!" esclamò ad un tratto, come se la cosa lo rendesse felice "Bella mossa! Provare ad atterrare qui equivaleva a schiantarsi..."
    Tim rivolse uno sguardo a Jack, nella speranza che almeno lui non ignorasse la notizia che gli era costata tutti quei piani di scale.
    "Idea!" fece ad un tratto Adrian "Provo a mandargli un messaggio luminoso. Gli segnalo le coordinate che dovrebbe seguire!" osservò di nuovo il cielo, dove la visibilità era sempre peggiore "sempre che riesca a vederlo...e a decifrarlo..."

* * *

"Lascia perdere Adrian, anche se le vedesse, non riusciremmo a fermarlo. Solo un pazzo partirebbe con questo tempo. Ed un pazzo non sta certamente lì a seguire le tue segnalazioni. Penso che faremmo meglio a capire quale aereo si sia alzato in decollo, andando agli hangar. E... Tim, tu sei sicuro di quello che dici?"
   
* * *

Adrian si alterò visibilmente di fronte alla risposta noncurante di Jack.
    "SCHERZI? Quello lì" e agitò il braccio con l'indice puntato fuori dai vetri, anche se in realtà non si vedeva proprio niente "pazzo o non pazzo, sta per schiantarsi al suolo davanti ai nostri occhi: a me non riesce stare fermo a guardare!"
    Fermo a guardare. Ecco cosa gli sembrava a volte la sua vita. Essere lo sterile spettatore di una rappresentazione in cui non poteva intromettersi. Detestava provare quella sensazione, eppure, era stata un po' un refrain della propria esistenza, nei suoi poco appassionanti trent'anni.
    Tim, frattanto, rispose a Jack.
    "Beh, proprio sicuro..." fece un sorriso un po' impacciato "è un'ipotesi, ecco...Ma che la tempesta non è di origine meteorologica, questo è garantito. E chi altri potrebbe provare interesse nel manipolare persino gli agenti atmosferici? Insomma, se ci pensi..."
    Tim lavorava alla torre di controllo da dieci anni, ma la sua passione era sempre stata la politica: era sempre informato su tutto, prendeva posizioni nette e decise, si scaldava per le proprie idee e questo aveva un buffo effetto sul suo volto pasciuto, che finiva sempre per diventare visibilmente rosso. Di certo, questo suo modo di fare l aveva reso un po' una macchietta tra i colleghi - cosa, del resto, facilitata dal suo aspetto un po' goffo, in contrasto coi suoi vispi occhi da gatto - tuttavia, quando ipotizzava qualcosa, di solito aveva qualche buona ragione e non sparava sentenze a casaccio.
    "INSOMMA!" protestò Adrian, sentendosi privo dell'appoggio e dell'interesse dei due colleghi "ma chi se ne frega se è stato o non è stato Krimen! Non è più importante fare qualcosa per evitare che quel velivolo precipiti sul tetto di una casa???"
   
* * *

Ormai era quasi fuori dalla tempesta; ancora pochi minuti e avrebbe potuto lasciarsi alle spalle quel casino.
    Stava andando meglio di quanto avesse sperato, forse sarebbe riuscita a uscirne senza danni gravi. Un senso di sollievo iniziò a farsi strada in lei; sperava solo che il carburante sarebbe bastato fino all'arrivo...

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