Michele:
>Scusa, ma questa è tipografia 1-0-1, non design di giochi. Dovevano essere le case editrici ad imporla ai designer (se non ci
>fossero arrivati da soli) proprio sulla base della loro forte esperienza editoriale.
Concordo. Paradossalmente non è stato così. E questa scelta si è portata dietro a cascata altre conseguenze rilevanti dal punto di vista del marketing del parpuzio: il gotico è più ingombrante del 30%, abbiamo quindi dovuto fare dei tagli, questi tagli hanno riguardato principalmente l'apparato introduttivo per principianti e le regole semplificate per principianti (anche in base al ragionamento che in fondo era il quarto gdr della collana, non il primo). Insomma, un effetto domino non irrilevante.
>La “forte esperienza editoriale” è un aggravante nel decidere di usare caratteri illeggibili, non una attenuante.
Lungi da me giustificarli. Riportavo un'esperienza, non cercavo di scusare o accusare nessuno. Quello che volevo dire è che la forte esperienza in altri tipi di prodotti editoriali ha dato loro sicumera in un campo come il gioco di ruolo che invece aveva delle specificità molto particolari che non sono state rilevate e tenute da conto. Esempio pratico: le cadenze delle collane erano scelte da queste case editrici generaliste in base all'esperienza di normali collane di libri, con la sicurezza di agire bene, ignorando le specificità dei gdr classici che invece vivevano molto in funzione della produzione frequente di supplementi. Anche come segnale ai giocatori: al di là dell'utilità pratica per chi giocava, vedere supplementi in uscita faceva percepire il gioco come vivo e non vederne come morto, portando all'abbandono del sistema da parte di una fetta rilevante degli acquirenti. I dati di vendita per esempio di Martelli da Guerra segnalavano una forte correlazione, nel bene e nel male, tra l'uscita di supplementi (o la sua mancanza, nei periodi in cui traduttori e curatori ci mettevano troppo tempo) e la vendita di manuali base. I moduli di per sé non erano redditizi, più o meno ripagavano le spese, però guidavano le vendite del manuale base che infatti è stato ristampato più e più volte.
>48 pagine magari, ma 8x5. Se metti il testo su un A4 fai fatica a riempire due facciate (che è in linea con le regole di Niagara o Alambra e sicuramente meno di Puerto Rico)
Comunque era un manuale che per lo più non veniva letto, per i riscontri che ne ho avuto tra i ragazzini che lo imparavano a scuola. Magic mi è continuato a sembrare un gioco che spesso si propagava da giocatore a giocatore, solitamente per tradizione orale, come spesso accadeva per i giochi di ruolo classici. E anche per il Monopoli, del resto: non so se avete presente la stupefacente gamma di regole diverse che vengono applicate dai giocatori, stupefacente soprattutto per un gioco che come il Monopoli ha un regolamento scritto e tutto sommato breve e semplice. Questa tradizione orale è stata un punto di forza nella diffusione di Magic, credo: ogni giocatore e collezionista diventava nel suo stesso interesse un missionario in cerca di altri accoliti, perché il valore della sua collezione e la soddisfazione del suo gioco ne traevano profitto. Ma sto divagando...
>Bingo. Questo è il punto. Un gioco in scatola, se progettato in maniera un minimo “smart”, permette di essere localizzato ristampando due fogliettini e facendo una unica mega tiratura della componentistica
Infatti. Questo è ciò che si sono messi a fare gli editori italiani specializzati in giochi di ruolo dopo l'ubriacatura dei GCC (che alla lunga non ha giovato alla maggior parte degli editori che li hanno localizzati in Italia, così come è stato il successo del cuno di Rubik ad ammazzare la Mondadori Giochi che l'aveva portato in Italia e si è persa in tutta una serie di altri rompicapo simili rivelatisi dei flop) e grazie anche alle esperienze pionieristiche che editori medio-piccoli hanno fatto nel settore dei giochi da tavolo proprio a metà degli anni '90 (per esempio Venice Connection ma anche Qualitygame - e gli editori erano diversi, ma le persone le stesse o dello stesso ambiente). La Nexus ha prodotto X-Bugs/Micro Mutants di Maggi e Nepitello, ex designer di Lex Arcana (e del gdr di Nausicaa, e di un bellissimo gdr della seconda metà degli anni '90 rimasto inedito nel momento dell'ondata Magic), presto pubblicato in sei lingue: e all'epoca era un evento epocale. La daVinci intanto (che non era editore di gdr ma nasceva in ambienti attigui alla Nexus) ha proposto Bang!, 500.000 pezzi venduti finora in un'infinità di lingue (di cui 200.000 confezioni base e il resto espansioni). La Nexus ha proposto Wings of War, oltre 100.000 scatole base in 13 lingue e non so bene quante espansioni e accessori (credo viaggiamo anche qua sui 500.000 pezzi). Poi è passata a "La Guerra dell'Anello", prima tiratura 80.000 copie in 8 lingue con accortezze simili che hanno addirittura consentito testo in lingua sulle carte nonostante la produzione centralizzata della componentistica (trucco adottato: cambiare la sola pellicola del nero lasciando intatte tutte le altre della quadricromia). E la tiratura (specie se regge ad anni di ristampe) non è solo indice di successo commerciale, ma di gratificazioni extraeconomiche: di gente che poi gioca, si appassiona, crea bellissimo materiale per il tuo gioco, mette su siti e conventicole e raduni ed eventi.
Ora, se confronto questi numeretti alle 5.000 copie della prima edizione de I Cavalieri del Tempio, alla fatica fatta per sostenerlo e divulgarlo, alla frustrazione dell'interessamento da parte di editori francsi e spagnoli e croati che poi si scontrava di solito già solo con la necessità di valutare un gioco in italiano di 160 pagine (so che pare sciocco ma è così)... E parliamo di un gioco che nel nostro sputo di zanzara di mercato è stato un successo... Tante soddisfazioni mi hanno dato anche i Cavalieri, ma grazie: le ho già avute. Ora preferisco fare Wings of War.
Anche qui sia chiaro che spiego un punto di vista, non giustifico.
Saluti e grazie,
Andrea