Ti piazzo subito l'abstract del mio articolo:
LA COMMEDIA DELL'ARTE DEL GDR
Ovvero: "Ma io non so giocare l'uomo!"
L'articolo che vorrei scrivere analizzerà, partendo dalla frase stereotipica usata come sottotitolo, come il gruppo di gioco condizioni le aspettative e la creatività dei singoli.
Vorrei mostrare come in un qualunque gruppo vengano a crearsi, inconsciamente o meno, cliché e luoghi narrativi che influenzano l'interezza del loro gioco e del loro spazio immaginativo.
Alla lunga questi cliché diventano vere e proprie aspettative che, filtrate attraverso l'aspetto ritualistico e settario tipico del gioco incoerente, arrivano a costringere e limitare la creatività ma, soprattutto, la capacità espressiva del singolo.
Si vengono quindi a creare situazioni in cui una persona rifiuterà a priori una certa categoria di personaggio (l'uomo, la donna, il Samurai, "il buono" ecc...), dopo essere stata frustrata nella sua espressività quando cercò di andare contro le aspettative formatesi nel gruppo.
Liberarsi da queste costrizioni non può che avvantaggiare il giocatore e, quindi, il gruppo di gioco.