Horatio Nelson, visibilmente scosso, vide Chapman uscire dalla sua stanza.
Dopo qualche istante, qualcuno bussò alla porta.
Nelson bofonchiò qualcosa, che venne evidentemente recepito come un "Avanti."
Il medico di bordo entrò, sussurrando:
"Le devo parlare."
"Mi dica, qui non ci sono segreti."
"Si tratta dell'uomo che stiamo curando. E' stato ferito, probabilmente durante una colluttazione. Non credo che arriverà a domani. Ho sentito casualmente la sua conversazione. Se vuole parlare con lui deve farlo ora."
"E' sicuro di quello che dice?"
"Certamente."
"Bene, allora avvisi il signor Chapman."
"Preferirei di no. Non mi fido di lui. E nemmeno di quell'indiano con cui si accompagna."
"Che ragioni ha per dirlo?"
"L'altra notte ho visto che intonava oscuri mantra al cielo, e che qualcosa usciva dalla sua bocca, una sorta di ectoplasma."
Nelson inarcò le sopracciglia.
"Andiamo dall'uomo. Se servirà riferirò quello che mi dirà a Chapman."
Si spostarono nella cabina, guardata a vista da un membro dell'equipaggio.
Frattanto, sul ponte, si intensificavano le ronde per cercare di capire se ci fosse un attacco, ma tutto sembrava calmo.
Il medico e Nelson entrarono nella cabina, l'uomo sofferente giaceva su un letto con le lenzuola insanguinate. Le garze e le fasce non riuscivano a tamponare la ferita. Sarebbe morto di li' a poche ore, con una tremenda agonia.
Nelson si avvicinò ed iniziò a parlargli. Il medico gli passò dell'acqua per consentire al pover'uomo di bagnarsi la gola.
Si scambiarono poche frasi, in indiano (lingua che Nelson conosceva bene). Nelson ad una di esse dilatò gli occhi, come se avesse ricevuto una rivelazione. Dopodichè, l'uomo, stremato, svenne.
Nelson lo guardò con compassione, poi guardò il medico: "Lo faccia morire. Gli risparmieremo una lunga e terribile agonia."
Il medico provò ad abbozzare una risposta. "E' un ordine.", disse Nelson, perentorio. Ed usci' dalla stanza.
