Gente Che Gioca > Sotto il cofano
Delle restrizioni in fase di Game Design
Moreno Roncucci:
--- Citazione da: Mr. Mario - 2011-10-23 17:21:23 ---Actual play: dal solo Game Chef del 2004 uscirono Ganakagok, Polaris, e The Mountain Witch.
--- Termina citazione ---
E "The Dance and the Dawn"... 8)
Gli ingredienti erano “ice,” “island,” “dawn,” and “assault.” (se ne dovevano usare 3). Nel caso qualcuno si chiedesse come mai per un po' sono usciti tanti giochi forgiti con ghiacci, nevi e poli minacciati dall'alba... ;D
Però, Ganakagok si è preso una "menzione onorevole" nel 2004, ed è uscito nel.. 2009! Cosa ha fatto l'autore nel frattempo? Lo spiega qui:
http://www.flamesrising.com/designing-ganakagok-the-certainty-of-change/
(fra l'altro c'è una prima pubblicazione in mezzo, un proto-ashcan, che passò quasi inosservata e che l'autore stesso definisce oggi "half-backed
Un altra cosa interessante, è che di solito, i giochi che diventano alla fine gdr "veri", non sono quelli che vincono!
Ecco la lista dei vincitori dal 2002 al 2008 (nel 2009 furono dichiarati tutti vincitori). Ne riconoscete qualcuno?
John Laviolette – The Court of Nine Chambers
Walt Freitag – Precious Fluid
Jack Aidley – Chanter
Mischa Krilov – 1984 Prime
Moyra Turkington – Crime and Punishment
Fred Hicks – Schizonauts
Remi Treuer – Young Adult RPG
Nick Wedig & Dale Horstman – House of Masks (best game)
Mikael Andersson & TomasHVM – The Dreamer’s Genii (best art + game combo)
E Bacchanal? Presentato nel 2005 (ingredienti: Accuser, Companion, Entomology, Invincible, Wine) furono presentati 38 gdr.
Vincitore: 1984Prime by Mischa D. Krilov
Runners-up:
- Beneath a High Pillow by Jason A Petrasko
- The Last Supper by Eric Finley
Bacchanal lo troviamo solo nell'"inner circle", fra il quarto e nono posto, insieme ad altri nomi familiari...
Bacchanal
Shab al-Hiri Roach
Carry
Malleus maleficarum
City of Brass
Barquest
Ulteriore dimostrazione che fra il fare un bel gioco per il Game Chef e un gioco finito c'è una grossa differenza, e che vincere può darsi ti faccia riposare sugli allori, mentre giochi che non si piazzano nemmeno rimangono in testa agli autori che li sviluppano portandoli a conclusione.
il mietitore:
Si giusto, scusatemi, ora correggo il titolo della discussione. È che a memoria mi pareva di averlo letto anche riferito ai concorsi. E qui mi riferisco ai concorsi, non al gioco giocato, che è un discorso totalmente diverso e sul quale così, su due piedi, concordo con quanto detto da Moreno sulla limitazione-spunto-ispirazione. Dico "su due piedi" perchè non ci ho mai pensato in modo effettivo.
Riguardo ai concorsi: mi riferisco per lo più alla limitazione dei temi, non a quella del tempo. La limitazione del tempo è un modo per dire "lavora di getto", ma senza importi di base altri limiti di sorta.
Non è che io abbia mai creduto che il risultato di un concorso come un 24h o un Game Chef potesse essere direttamente giocabile, anzi. È più una semplice considerazione personale: può essere divertente la sfida, può essere divertente vedere cosa si riesce a tirare fuori seguendo quelle limitazioni... però la mia domanda è: lavorare imponendosi delle limitazioni PUO' portare a risultati migliori rispetto al lavorare a partire da idee slegate da ogni limitazione?
Le limitazioni che dice Moreno non credo siano vere e proprie limitazioni. Intendo il "voler fare un gioco alla Star Wars", "voler fare un gioco che piaccia al mio gruppo"... Quello secondo me è un obiettivo da raggiungere che logicamente in un'opera di design deve essere presente. Per limitazioni intendo quella, tanto per citare la prima che mi viene in mente, di inserire obbligatoriamente un riferimento a Shakespeare, in qualche modo, una delle limitazioni dello scorso Game Chef. Certo, è divertente cimentarsi in un lavoro del genere, ma secondo me se il lavoro di design parte con limitazioni del genere (idea mia), la bellezza, fruibilità, o che-ne-so-io del prodotto finale sarà comunque appunto limitato da quell'elemento. Perchè come un handicap del gioco: è stato pensato senza avere la totale disponibilità di mezzi. E se il gioco ha questa limitazione, il lavoro necessario per riparare definitivamente a quest'ultima sarà un peso non indifferente, e che probabilmente si rifletterà nella qualità del gioco, come una cicatrice. Magari senza che questa sia visibile, dato che non si conosce "il gioco creato senza limitazioni". Ma questo credo che sarebbe venuto meglio.
Matteo Stendardi Turini:
Credo che le limitazioni siano, in sostanza, ispirazioni.
Scrivere un gioco in 24 ore dal nulla è difficile.
Scrivere un gioco in 24 ore che abbia per tematiche "guerra", "ghiaccio" e "malinconia" è già più stimolante.
Fred Hicks non ha scritto Ncas perché voleva scrivere un gioco. Ha scritto Ncas perché voleva scrivere un gioco sui risvegliati, ispirato da una trasmissione radiofonica che ha ascoltato a proposito degli effetti combinati di droghe e privazione di sonno.
Poi non sempre scatta la molla. Se guerra, ghiaccio e malinconia in quel momento non ti dicono nulla, non ti ispirano, non ti stimolano a produrre, be'... Non partecipare al contest.
(Il "tu" è interlocutorio, non parlo di te Alex.)
Davide Losito - ( Khana ):
Non credo si tratti di "limitazione", ma più verosimilmente di "de-limitazione".
Che poi è una di quelle sottilissime differenze abissali tipiche del mondo della creatività.
Nello specifico del tema "Shakespeare" ci sono da dire due cose.
La prima è una ripetizione di quanto ho già detto prima: a me il tema "Shakespeare" non interessava e non ho partecipato.
La seconda è che... "Shakespeare" ha scritto di ogni cosa. Prendere spunto da Shakespeare sostanzialmente vuole dire prendere spunto da uno degli autori più prolifici del teatro occidentale.
Giusto per darti una misura, Wikipedia (che è il Bignami di internet...) per Shakespeare presenta una delle pagine più lunghe e più fitte della sua struttura.
http://it.wikipedia.org/wiki/William_Shakespeare già quella in italiano è corposa
Quella inglese invece è addirittura una quasi-stub http://en.wikipedia.org/wiki/William_Shakespeare con una sotto-pagina per ogni opera.
Ma alla fine è un non-problema. Se non ti piace Shakespeare o non ti ispira niente, non c'è nessun tipo di problema.
Ma allora perché partecipare al concorso? (sì, ok, torno sempre qui... direi che la mia opinione al riguardo si è capita ^^ )
Moreno Roncucci:
Che differenza c'è fra un "obiettivo" come "fare un gioco su Star Wars" e una "limitazione" come usare la parola "ghiaccio" oppure "Giappone" come ispirazione per un gioco?
Il discorso dell'essere obbligati a metterci qualcosa per forza, è il motivo per cui si danno, per esempio, quattro ingredienti e se ne devono scegliere tre. Non sei obbligato a metterci nessuna parola (se ci sono ingredienti obbligati, come l'esempio che fai di Shakespeare... se non ti piace semplicemente non partecipi, mica te l'ha ordinato il dottore...)
E se poi giocando ti rendi conto che uno dei tre ingredienti che hai scelto non va bene, e lo devi cambiare? Sei "obbligato" a tenerlo?
Perchè mai? Da una parte, hai la possibilità di creare un gioco che ti piace e che funziona. Dall'altra, puoi partecipare a Game Chef.
Già il fatto che si consideri "un obbligo" o comune una "limitazione il dover partecipare", dimostra la realtà dei miei avvertimenti sulla "cultura dello status del game designer" al di là di ogni altra considerazione. Il fatto di "partecipare a game chef" (cioè, essere un Game Designer certificato dalla partecipazione, diventare "uno dei gruppo") diventa più importante del risultato finale, il gioco (che infatti la maggior parte delle volte viene abbandonato e mai giocato nemmeno da chi l'ha scritto)
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