Autore Topic: Delle restrizioni in fase di Game Design  (Letto 3020 volte)

il mietitore

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Delle restrizioni in fase di Game Design
« il: 2011-10-23 16:31:20 »
Ci ho pensato ultimamente, dato che ho avuto a che fare nelle ultime settimane con la produzione di un videoclip per un concorso in pieno stile Game Chef (45 ore di tempo, determinate linee guida da seguire, canzone data dagli organizzatori).


Sono giunto questa mattina alla conclusione che quest'idea delle restrizioni che favoriscono la creatività sia una boiata, e che i concorsi che seguono la linea del "avete carta bianca, ma dovete rispettare queste restrizioni" esistano non perchè siano effettivamente utili per tirare fuori qualcosa di buono dagli autori, ma semplicemente perchè sono divertenti.


Actual Play: io per primo non esprimo più il minimo interesse per quei giochi che ho creato per concorsi di questo genere. Di quello che feci per il 24h me ne vergogno alla grande (tant'è che non l'ho inserito trai download del mio blog, il che sottolinea la gravità della situazione), e di quello del Game Chef spesso mi dimentico. Per contro, gli unici giochi che nel tempo ho portato avanti con un certo impegno erano totalmente slegati dal concorsi (Mortal Kombat) o legati a concorsi che lasciavano totale carta bianca sul gioco da presentare (La Stirpe dei Re).


Altro Actual Play: mi vengono in mente ben pochi giochi nati per concorsi di questo genere che poi siano diventati qualcosa di serio. Bacchanal viene da un game chef, e per quanto ora sia effettivamente un gioco a tutti gli effetti non esito a considerarlo un gioco "minore", concesso in libero download e con, come dissi intorno a Gennaio di quest'anno, evidenti problemi nella gestione delle tempistiche di gioco (Moreno non mi ha convinto, no). Ho sentito dire che NCAS e 3:16 vengono da un 24h contest, ma ricordo varie smentite su queste storie, e non ho mai letto nulla di ufficiale a riguardo. Ho poi letto che Hell for Leather e Hell 4 Leather venivano da un concorso di qualche genere, di cui ignoro i particolari (2 Girls 1 Cup 2 Games 1 Name, se non ricordo male il nome del concorso). Poco male, Hell for Leather mi ha fatto pure cagare, Hell 4 Leather ancora devo provarlo.


Invece Ravendeath, Elar, e credo anche Moonfolk vengono tutti dallo stesso concorso a tema libero, dal quale uscirono altri giochi poi pubblicati come Mythos (che credo essere tradizionale, pur non avendolo mai letto) e Uomini & Vermi (tradizionale, ma ci ho riconosciuto qualche elemento degno di interesse). Pure Eden l'anno scorso è stato pubblicato. Con un solo concorso abbiamo già superato il numero di gdr che mi è noto essere usciti da un concorso a limitazione.


Per cui sono giunto alla deduzione pratica che "le restrizioni favoriscono la creatività" sia una boiata. Magari è divertente, come dicevo, vedere cosa persone diverse tirano fuori dalle stesse limitazioni, ma la mia idea è che la probabilità di far uscire un gioco, anche in versione pre-pre-pre alpha da uno di quei concorsi sia così bassa da far si che sia meglio affrontare la paura della pagina bianca. Paura che io almeno non ho, per cui non mi pongo nemmeno il problema.
« Ultima modifica: 2011-10-23 19:52:45 da il mietitore »
"E non guardare troppo a lungo dentro alla lavatrice, o anche la lavatrice guarderà dentro di te"
Revan Adler, Match d'Improvvisazione Teatrale, Giugno 2009
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Re:Del "restriction foster creativity"
« Risposta #1 il: 2011-10-23 16:49:50 »
Knights of Twilight però viene dai Ronnies, che è un concorso a tema.


Oltretutto non ho capito se stai parlando dei "temi" o dei fattori temporali.
I "temi" a me non hanno mai creato particolare problema.
Se i temi di un concorso non mi interessano, non partecipo al concorso.


Sul fattore temporale... io penso che il 90% dei giochi mandati ai Ronnies di quest'anno fossero tutti progetti già ampiamente in corso d'opera che sono stati riadattati ai temi proposti.
Alcuni dei giochi che sono stati presentati nei vari rounds, a mio modo di vedere, sono TROPPO FATTI BENE per essere stati davvero scritti in 24 ore.
L'alternativa è che ci siano nel mondo dei veri geni del game-design, con un livello di genialità ben superiore ai "nostri" morti sacri, ma che siano del tutto svogliati e non interessati alla produzione ludica.


Dei due, è molto più possibile che si verifichi la prima ipotesi: "ho un GdR a cui lavoro da mesi, toh... ci sta in questi temi".


Ad ogni modo... Moonfolk è uscito dal 24h contest di GdRitalia (e anche in questo caso si tratta di una evoluzione del sistema proposto in Ravendeath, quindi di 24 ore usate per ragionare su una base concreta con mesi e mesi di playtest alle spalle).


EDIT: che non è un "difetto"... era per dire che le cose "fatte bene" hanno sicuramente più di 24 ore di ragionamenti dietro.
« Ultima modifica: 2011-10-23 16:51:40 da Davide Losito - ( Khana ) »
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Re:Del "restriction foster creativity"
« Risposta #2 il: 2011-10-23 16:57:59 »
Ah, perdonami... dimenticavo un pezzo.
Di norma però, nel GdR, si parla di Restrictions Foster Creativity nell'ambito del gioco-giocato, cioè dei materiali creativi inseriti nel SiS.


Sta bene parlarne anche per cose extra-SiS, ma comunque è una terminologia "impropria".


Se invece si vuole fare un discorso molto più ampio, sulla creatività in genere, ti suggerisco di convertire il titolo in italiano e in linguaggio "comune", perché detto così, in inglese e tra virgolette, stai usando un termine tecnico ben preciso.
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Moreno Roncucci

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Re:Del "restriction foster creativity"
« Risposta #3 il: 2011-10-23 16:59:58 »
Di solito con "restriction foster creativity" non si parla di game design, si parla proprio di gioco pratico

E non occorre quindi andare a scrivere giochi, fare concorsi, o altre cose eclatanti: per vedere quanto è vero, basta giocare. L'abbiamo avuta TUTTI l'esperienza Sù, dai narra qualcosa di divertente e interessante, adesso proprio ora, con tutti che ti guardano. Cosa? Fai tu, non hai nessuna restrizione". Se ti va bene ti esce fuori una cagata, altrimenti vai nel panico da foglio bianco.

Quando sei lì e devi improvvisare, le restrizioni sono spunti. Sono la stessa cosa.  L'aiuto che danno è insostituibile.  Quando tiri su un Oracolo mentre giochi In a Wicked Age o usi un meccanismo simile, è uno spunto o una restrizione? Non c'è differenza.

Provaci, a giocare senza spunti (cioè senza restrizioni) e vedi se è divertente...   8)

Nel game design, non so quanto questo sia applicabile. Se devi fare un gdr in 24 ore, immagino che avere spunti/restrizioni sia altrettanto utile. Ma è ancora più utile rendersi conto che è un esercizio, un gioco, e che e vuoi davvero ottenere un gdr funzionante non ti puoi fermare lì, deve esserci dell'altro, devi lavorarci ancora sopra. (in altre parole, se giochi un 24-hour game con l'idea di divertirti e non di fare playtesting, ti meriti il risultato che ottieni).

Fuori dall'ambito dei concorsi giocosi di quel tipo (che sono davvero poco più che ginnastica per allenarsi), se crei qualcosa (gioco, ambientazione, personaggi, etc.) lo fai perchè ne senti l'esigenza o la voglia. Che non è altro che una restrizione, uno spunto. Più tuo, più personale, e che quindi darà luogo probabilmente a risultati migliori, ma alla fine non è che sei "senza restrizioni" (senza spunti). Se vuoi creare un gdr per giocare con i tuoi amici un gdr di fantascienza alla Star Wars, è una restrizione. Altrimenti senza restrizioni è "creo una cosa qualunque, che faccia qualcosa di qualunque, ma niente di definito"

Se un 24-hour game o un gioco per il game chef ti dice qualcosa, se credi che valga metterci più tempo e impegno, lo playtesti e lo trasformi in un gioco vero, altrimenti lo molli lì come una curiosità, e da come fa a non funzionare, da dove è "rotto", impari per altri giochi.

Sono pochissimi i giochi di quel tipo che sono stati sviluppati? E' normalissimo, anzi a me meraviglia che siano così tanti, e temo che a volte lodi eccessive portino a incapponirsi a sviluppare giochi che non interessano nemmeno all'autore, a causa della spinta sociale.

Il tuo problema, a giudicare dal tuo post, non riguarda restrizioni o altro. Riguarda il fatto che hai creduto che giochi fatti in 24 ore (o in qualche giorno per il Game Chef) fossero giocabili.  Può capitare a volte, o quasi, ma è come vincere alla lotteria.  Bacchanal ha richiesto giusto un paio di variazioni alle regole, ma sono importanti. (E riguardo alla tua valutazione del gioco, perdonami ma visto che non avevi nemmeno capito come si giocava e non l'hai mai giocato come è scritto che va giocato, lascia il tempo che trova)

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Re:Del "restriction foster creativity"
« Risposta #4 il: 2011-10-23 17:21:23 »
Ho sentito dire che NCAS e 3:16 vengono da un 24h contest, ma ricordo varie smentite su queste storie, e non ho mai letto nulla di ufficiale a riguardo.

Uhm, nell'era di google, 'ho sentito dire' e 'non ho mai letto nulla di ufficiale' sono sintomi di pigrizia. :)

3:16 è stato vincitore di un Ronnie, nell ottobre 2005, insieme a Contenders.

Nonché:

Actual play: dal solo Game Chef del 2004 uscirono Ganakagok, Polaris, e The Mountain Witch.
Sognatore incorreggibile. Segretario dell'Agenzia degli Incantesimi. Seguace di Taku. L'uomo che sussurrava ai mirtilli.

Moreno Roncucci

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Re:Del "restriction foster creativity"
« Risposta #5 il: 2011-10-23 18:58:06 »
Actual play: dal solo Game Chef del 2004 uscirono Ganakagok, Polaris, e The Mountain Witch.

E "The Dance and the Dawn"...   8)

Gli ingredienti erano “ice,” “island,” “dawn,” and “assault.”  (se ne dovevano usare 3). Nel caso qualcuno si chiedesse come mai per un po' sono usciti tanti giochi forgiti con ghiacci, nevi e poli minacciati dall'alba...   ;D

Però, Ganakagok si è preso una "menzione onorevole" nel 2004, ed è uscito nel.. 2009!  Cosa ha fatto l'autore nel frattempo? Lo spiega qui:
http://www.flamesrising.com/designing-ganakagok-the-certainty-of-change/
(fra l'altro c'è una prima pubblicazione in mezzo, un proto-ashcan,  che passò quasi inosservata e che l'autore stesso definisce oggi "half-backed

Un altra cosa interessante, è che di solito, i giochi che diventano alla fine gdr "veri", non sono quelli che vincono!

Ecco la lista dei vincitori dal 2002 al 2008 (nel 2009 furono dichiarati tutti vincitori). Ne riconoscete qualcuno?

John Laviolette – The Court of Nine Chambers
Walt Freitag – Precious Fluid
Jack Aidley – Chanter
Mischa Krilov  – 1984 Prime
Moyra Turkington – Crime and Punishment
Fred Hicks – Schizonauts
 Remi Treuer – Young Adult RPG
Nick Wedig & Dale Horstman – House of Masks (best game)
 Mikael Andersson & TomasHVM –  The Dreamer’s Genii (best art + game combo)

E Bacchanal? Presentato nel 2005 (ingredienti: Accuser, Companion, Entomology, Invincible, Wine) furono presentati 38 gdr.

Vincitore:  1984Prime by Mischa D. Krilov
Runners-up: 
- Beneath a High Pillow by Jason A Petrasko
- The Last Supper by Eric Finley

Bacchanal lo troviamo solo nell'"inner circle", fra il quarto e nono posto, insieme ad altri nomi familiari...
Bacchanal
Shab al-Hiri Roach
Carry
Malleus maleficarum
City of Brass
Barquest

Ulteriore dimostrazione che fra il fare un bel gioco per il Game Chef e un gioco finito c'è una grossa differenza, e che vincere può darsi ti faccia riposare sugli allori, mentre giochi che non si piazzano nemmeno rimangono in testa agli autori che li sviluppano portandoli a conclusione.




« Ultima modifica: 2011-10-23 19:38:11 da Moreno Roncucci »
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Re:Del "restriction foster creativity"
« Risposta #6 il: 2011-10-23 19:50:32 »
Si giusto, scusatemi, ora correggo il titolo della discussione. È che a memoria mi pareva di averlo letto anche riferito ai concorsi. E qui mi riferisco ai concorsi, non al gioco giocato, che è un discorso totalmente diverso e sul quale così, su due piedi, concordo con quanto detto da Moreno sulla limitazione-spunto-ispirazione. Dico "su due piedi" perchè non ci ho mai pensato in modo effettivo.


Riguardo ai concorsi: mi riferisco per lo più alla limitazione dei temi, non a quella del tempo. La limitazione del tempo è un modo per dire "lavora di getto", ma senza importi di base altri limiti di sorta.


Non è che io abbia mai creduto che il risultato di un concorso come un 24h o un Game Chef potesse essere direttamente giocabile, anzi. È più una semplice considerazione personale: può essere divertente la sfida, può essere divertente vedere cosa si riesce a tirare fuori seguendo quelle limitazioni... però la mia domanda è: lavorare imponendosi delle limitazioni PUO' portare a risultati migliori rispetto al lavorare a partire da idee slegate da ogni limitazione?


Le limitazioni che dice Moreno non credo siano vere e proprie limitazioni. Intendo il "voler fare un gioco alla Star Wars", "voler fare un gioco che piaccia al mio gruppo"... Quello secondo me è un obiettivo da raggiungere che logicamente in un'opera di design deve essere presente. Per limitazioni intendo quella, tanto per citare la prima che mi viene in mente, di inserire obbligatoriamente un riferimento a Shakespeare, in qualche modo, una delle limitazioni dello scorso Game Chef. Certo, è divertente cimentarsi in un lavoro del genere, ma secondo me se il lavoro di design parte con limitazioni del genere (idea mia), la bellezza, fruibilità, o che-ne-so-io del prodotto finale sarà comunque appunto limitato da quell'elemento. Perchè come un handicap del gioco: è stato pensato senza avere la totale disponibilità di mezzi. E se il gioco ha questa limitazione, il lavoro necessario per riparare definitivamente a quest'ultima sarà un peso non indifferente, e che probabilmente si rifletterà nella qualità del gioco, come una cicatrice. Magari senza che questa sia visibile, dato che non si conosce "il gioco creato senza limitazioni". Ma questo credo che sarebbe venuto meglio.
« Ultima modifica: 2011-10-23 19:52:23 da il mietitore »
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Re:Delle restrizioni in fase di Game Design
« Risposta #7 il: 2011-10-23 20:12:17 »
Credo che le limitazioni siano, in sostanza, ispirazioni.

Scrivere un gioco in 24 ore dal nulla è difficile.
Scrivere un gioco in 24 ore che abbia per tematiche "guerra", "ghiaccio" e "malinconia" è già più stimolante.

Fred Hicks non ha scritto Ncas perché voleva scrivere un gioco. Ha scritto Ncas perché voleva scrivere un gioco sui risvegliati, ispirato da una trasmissione radiofonica che ha ascoltato a proposito degli effetti combinati di droghe e privazione di sonno.

Poi non sempre scatta la molla. Se guerra, ghiaccio e malinconia in quel momento non ti dicono nulla, non ti ispirano, non ti stimolano a produrre, be'... Non partecipare al contest.
(Il "tu" è interlocutorio, non parlo di te Alex.)

Re:Delle restrizioni in fase di Game Design
« Risposta #8 il: 2011-10-23 20:14:21 »
Non credo si tratti di "limitazione", ma più verosimilmente di "de-limitazione".
Che poi è una di quelle sottilissime differenze abissali tipiche del mondo della creatività.


Nello specifico del tema "Shakespeare" ci sono da dire due cose.
La prima è una ripetizione di quanto ho già detto prima: a me il tema "Shakespeare" non interessava e non ho partecipato.


La seconda è che... "Shakespeare" ha scritto di ogni cosa. Prendere spunto da Shakespeare sostanzialmente vuole dire prendere spunto da uno degli autori più prolifici del teatro occidentale.
Giusto per darti una misura, Wikipedia (che è il Bignami di internet...) per Shakespeare presenta una delle pagine più lunghe e più fitte della sua struttura.
http://it.wikipedia.org/wiki/William_Shakespeare già quella in italiano è corposa
Quella inglese invece è addirittura una quasi-stub http://en.wikipedia.org/wiki/William_Shakespeare con una sotto-pagina per ogni opera.


Ma alla fine è un non-problema. Se non ti piace Shakespeare o non ti ispira niente, non c'è nessun tipo di problema.
Ma allora perché partecipare al concorso? (sì, ok, torno sempre qui... direi che la mia opinione al riguardo si è capita ^^ )
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Moreno Roncucci

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Re:Delle restrizioni in fase di Game Design
« Risposta #9 il: 2011-10-23 20:21:50 »
Che differenza c'è fra un "obiettivo" come "fare un gioco su Star Wars" e una "limitazione" come usare la parola "ghiaccio" oppure "Giappone" come ispirazione per un gioco?

Il discorso dell'essere obbligati a metterci qualcosa per forza, è il motivo per cui si danno, per esempio, quattro ingredienti e se ne devono scegliere tre.  Non sei obbligato a metterci nessuna parola (se ci sono ingredienti obbligati, come l'esempio che fai di Shakespeare... se non ti piace semplicemente non partecipi, mica te l'ha ordinato il dottore...)

E se poi giocando ti rendi conto che uno dei tre ingredienti che hai scelto non va bene, e lo devi cambiare? Sei "obbligato" a tenerlo?

Perchè mai? Da una parte, hai la possibilità di creare un gioco che ti piace e che funziona. Dall'altra, puoi partecipare a Game Chef.

Già il fatto che si consideri "un obbligo" o comune una "limitazione il dover partecipare", dimostra la realtà dei miei avvertimenti sulla "cultura dello status del game designer" al di là di ogni altra considerazione.  Il fatto di "partecipare a game chef" (cioè, essere un Game Designer certificato dalla partecipazione, diventare "uno dei gruppo") diventa più importante del risultato finale, il gioco (che infatti la maggior parte delle volte viene abbandonato e mai giocato nemmeno da chi l'ha scritto)

[crosspost con Davide]
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Re:Delle restrizioni in fase di Game Design
« Risposta #10 il: 2011-10-23 20:24:06 »
Il problema non è secondo me partecipare o meno al concorso. Come ho detto prima, probabilmente è divertente e stimolante, per la sfida. È come fare i coglioni e provare a giocare ad uno sparatutto su PS3 con una mano sola. Il punto è: questi concorsi secondo voi tirano fuori giochi che senza di esoo non ci sarebbero mai arrivati?
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Re:Delle restrizioni in fase di Game Design
« Risposta #11 il: 2011-10-23 20:27:46 »
La risposta, per come la vedo io, è "sì".
O almeno questa è la mia esperienza. Knights of Twilight l'ho scritto perché ho pensato che poteva partecipare a quell'edizione dei Ronnies.
Avevo l'idea in testa, ma senza lo stimolo dei Ronnies, non mi sarei mai messo a scriverla.
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Moreno Roncucci

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Re:Delle restrizioni in fase di Game Design
« Risposta #12 il: 2011-10-23 22:31:58 »
La mia posizione è più sfumata di quella di Davide.

Secondo me, quei contest tipo il 24-hour rpg, Game Chef, etc sono utili finchè, appunto, li si prende per gioco.  Senza prenderli troppo sul serio.  Cosa vuol dire? Come dice Davide...  ci partecipi se ti ispirano gli ingredienti, se ne hai voglia, senza dare valore in sé al fatto di partecipare, senza considerarlo in sé un risultato (se non ovviamente verso sé stessi, "ci sono riuscito" e obiettivi simili non danno luogo a nefasti effetti sociali)

Allora, l'effetto principale è positivo: "smitizzare" il fatto di creare un gdr (e questo è stata la spinta che li ha fatti nascere all'inizio: "chiunque può fare un gdr, provateci"), divertirsi, e se poi ti viene l'idea buona per un gioco valido, è un bonus in più.  (e probabilmente più come dici lo affronti "facendo il coglione" più ragioni "out of the box" e fai cose originali o almeno diverse dalle tue solite)

Nell'ambito sociale sbagliato, si sono visti invece effetti negativi. E parlo specificatamente dell'ambiente che si è formato su The Forge nel 2003-2005, e dopo essere stato scacciato da Ron si è stabilito e ha prosperato su storygames. In cui, invece di dimostrare che "tutti possono creare un gdr", questi contest diventano una maniera per "distinguere i game designer dagli altri" (cioè, snaturando completamente il senso iniziale) spingendo gente a partecipare anche se non ne hanno gran voglia o interesse, solo per "far parte del giro".

Come si nota questo fenomeno? Beh, si vede aumentare esponenzialmente il numero di partecipanti, e contemporaneamente cala la quantità e qualità del feedback. Chi partecipa solo per "entrare nel giro" non si interessa abbastanza ai giochi degli altri, o se lo fa, è per "farsi amici" e quindi il feedback non è sincero.

Peggio ancora: l'interesse per il playtesting, e il playtesting che può venire fatto, è una quantità più o meno limitata (a meno di non aumentare sensibilmente il numero di giocatori interessati al design, ma allora aumentano anche i giochi prodotti che si dividono quella quantità). Sprecarne una parte sempre crescente su gdr fatti senza alcun interesse e che poi vengono lasciati lì senza nemmeno rispondere al feedback, non solo spreca questa disponibilità, ma la riduce, perchè fa calare la voglia e l'interesse.

Questi effetti negativi per fortuna sembrano legati direttamente allo status che si pensa di conseguire, e quindi accadono nei posti più "popolari". Per esempio, attualmente il cuore di questa subcultura è storygames, e quindi Game Chef negli ultimi anni ne ha patito parecchio (ci sono state molte polemiche sui partecipanti che poi non playtestavano i giochi degli altri). Mentre invece The Forge, essendo in gran parte "passata di moda" dopo i successivi ridimensionamenti e gli annunci di chiusura, ne pare abbastanza libera.  I Ronnies hanno in pratica come premio "Ron giocherà il tuo gioco e ti darà il suo feedback", ed è un tipo di "premio" che naturalmente attira di più le persone sinceramente interessate ad avere commenti sinceri (anche se a volte duri: rischi di avere i tuoi errori spiattellati dove li leggono tutti!) sui propri giochi, che non chi vuole diventare "popolare". E recentemente anche Game Chef e altri contest hanno trovato rifugio su The Forge (facendo una politica per me abbastanza intelligente: invece di "spostarsi" in pratica si sono sdoppiati, e il feedback si può dare o ricevere sia su the forge che su storygame. E' un ottima scrematura per selezionare quello che interessa)
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Iacopo Frigerio

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Re:Delle restrizioni in fase di Game Design
« Risposta #13 il: 2011-10-23 22:33:23 »
Elar nasce da un progetto, condiviso a molte mani, partendo da un mondo (elar) elaborato da Davide (se vuole ne parla lui) ed è arrivato ad un certo grado di raffinatezza (di cui una edizione stampata alle spalle e una revisione fin dalle fondamenta successive, 2 volte, dopo) quando, ho visto del concorso libero e ne ho parlato con Davide e Vito per parteciparvi.
Quindi la creazione di Elar ha poco a che fare col concorso in sé, era solo pronto nel momento giusto e nel posto giusto.

RavenDeath invece è semplicemente nato perché volevo celebrare la lettura del fumetto del corvo e ha un sistema a piazzamento dadi perché mi ero proprio preso bene con Psi-run... La sua genesi è completamente scollegata da quasiasi concorso che induce la creatività.

Moonfolk è nato proprio in un contest con limite di tempo, e con un limite dato da due elementi, una immagine (una silouette di donna protesa davanti a un mare e a una luna) e una frase di Khalil Gibran "Datemi il silenzio e affronterò la notte". Chi conosce il gioco quindi si renderà conto di quanto il gioco sia stato fortemente ispirato dai limiti che mi sono stati imposti. Poi per l'amor di precisione, non nasce come evoluzione del sistema di ravendeath, ma come evoluzione del sistema di NCAS, solo che ci piazzi i dadi perché con sta cosa sono proprio fissato...
E poi dopo ci sono stati anni di playtest per sistemare... il fatto che non sia ancora pronto è che non trovo playtester per poterlo finire...

Comunque la penso un po' come Moreno, ma voglio esplicitare alcuni passaggi personali.
Avere o no campo libero o limitazioni (secondo me si parla di due cose diverse se si parla di limitazioni esterne o di delimitazioni autoimposte, attivano proprio aree differenti del cervello...) sono questioni di gusto personale, dipeso dalla propria personalità, tendenza alla creatività e periodo storico personale. E ogni decisione è un fattore puramente personale. Ergo, deduco al momento soltanto che tu, ad oggi, ti senti molto più a tuo agio agendo liberamente di tua iniziativa personale e non all'interno di vincoli...
In generale però è un ottimo strumento di allenamento, i limiti de temi aiutano la mente a focalizzarsi (e giova a chi non è abituato), la scarsità di tempo impone di finire qualcosa (e sono molti a procrastinare, soprattutto perché essendo un hobby lo fanno in ritagli di tempo)... Ma ci si ferma lì, lì si crea la scintilla e il colpo di genio può creare qualcosa di migliore degli altri e l'esperienza può aiutare a costruire qualcosa che funzioni fin da subito... Ma il vero design arriva comunque sempre dopo, il playtest, l'aggiustare le parti rotte, la pazienza per scrivere il manuale etc...
Dal 5x2 sono venuti fuori 4 giochi stupendi e molto funzionanti, ma adesso serve tempo e costanza da parte degli autori per sistemare davvero i giochi e rendeli pubblicati... I passi non sono così semplici e spesso inoltre capita che un "autore" abbia voglia e tempo di partecipare a un giochino di contest, ma poi la voglia scemi del tutto quando deve arrivare il lavoro successivo.
L'amore è quel particolare rapporto nel quale una persona può mostrarsi perdente

Niccolò

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Re:Delle restrizioni in fase di Game Design
« Risposta #14 il: 2011-10-23 23:18:24 »


Altro Actual Play: mi vengono in mente ben pochi giochi nati per concorsi di questo genere che poi siano diventati qualcosa di serio.

ti suggerirei di informarti. un paio di esempi: polaris e mountain witch

Citazione
Per cui sono giunto alla deduzione pratica che "le restrizioni favoriscono la creatività" sia una boiata.


il punto non è "quanti giochi sono usciti da un concorso a restrizioni" vs "quanti giochi sono usciti da un concorso senza restrizioni" ma "quanti, dei giochi usciti da un concorso a restrizioni, sarebbero usciti lo stesso?

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