Edwards, in un famigerato thread che provocò molte polemiche, paragonò la prima generazione di giochi forgiti a stampelle, o comunque a protesi, per persone mutilate. A parte diciamo la "mancanza di tatto" del paragone, il senso è che il primissimo problema a cui gli autori forgiti dovettero rimediare, quando si svilupparono i primi giochi coerentemente narrativisti, fu la vera e propria PAURA che i giocatori avevano nel mettere ne gioco loro stessi, la loro vera passione, o comunque una certa intensità, per paura di essere derisi o di vedere snaturato il loro impulso.
E questi sono i frutti di Parpuzio, ovvero del "GM Dio del gioco e Narratore". Quando, per far emergere qualcosa in gioco, devi affidarlo a qualcun altro che può interpretarlo e modificarlo come gli pare, è ovvio che dopo le prime esperienze negative, stai sul leggero, sulle battutine, sul cazzeggio, giocando in maniera estremamente "sicura" e superficiale.
E questo non è da confondersi con la solita favolina del "cattivo GM" da contrapporsi ai "buoni GM". Non esistono differenze fra buoni e cattivi in questo: non siamo telepatici, come fai a sapere, quando il giocatore per esempio introduce un elemento in gioco, perchè l'ha introdotto? Fino a che punto possiamo minacciarlo? Oltretutto, nel gr "tradizionale" un elemento o è minacciabile (e quindi il giocatore rischia di perderlo) o non entra in pratica in gioco.
Quindi, il problema che si trovavano davanti Edwards e gli altri all'inizio, con Sorcerer, The Pool, etc, erano i giocatori che comunque non si fidavano a diventare co-autori della storia, che avevano paura a mettersi in gioco.
Il problema NON e' risulto: basta vedere quante descrizioni di partite a giochi forgiti, fatte da giocatori abituati al gioco tradizionale, sono comunque "safe", o spesso addirittura sembrano boardgames giocati in terza persona. Perchè di fronte a giochi che magari parlano di amore o di sesso, la tentazione è rimanere ancora più distaccati, lontani, al sicuro. Mentre la maggior parte di questi giochi sono fatti per essere giocati in maniera drammatica e passionale (basta vedere quante descrizione de "la ma vita col padrone" come un boardgame ci sono in giro? La mia vita col padrone? Un boardgame? Un gioco che richiede che il giocatore condivida in maniera viscerale L'ODIO del personaggio per il padrone per scatenare una vera Catarsi nel finale? Ma che gioco hanno letto?)
Per questo problema, i primi giochi forgiti (e molti ancora adesso) si occupano in primo luogo di questo: di proteggere l'input dal giocatore da qualunque forma di deprotagonistizzazione. AiPS è un classico esempio, ed in più unisce tecniche (tipo la rappresentazione del gioco come un telefilm o la fan mail, o il semplice chiamare le scene) per spingere i giocatori più timorosi a partecipare di più.
Ma è impressionante QUANTE delle tecniche innovative presenti in questi giochi servono soprattutto a compensare i "danni" provocati dal gioco tradizionale...
Edwards si chiedeva, in quel thread, che forma avrebbero avuto i gdr per persone non "danneggiate", e ha provato con Spione a dare una risposta (e io sono convinto che Spione è danneggiato dal suo essere apparentato ai gdr: le cose che lo farebbero apprezzare un sacco da persone che non amano i gdr sono proprio le cose che allontanano i giocatori tipici di gdr...). Ed è interessante vedere come, con il tempo, stanno nascendo sempre più giochi che ASSUMONO giocatori già in grado di muoversi senza stampelle. (Montsegur e Annalise, per esempio) E' un bene, perché hai regolamenti più snelli e meno vincolati da regole e dadi, o è un male, perchè rappresentano un chiudersi dei giocatori abituati a questi giochi in una "piccola elite" che gioca a giochi che la gran massa dei gamers farebbe fatica pure a capire? Io non l'ho ancora capito, e il dibattito è aperto... :-)
Una parentesi riguardo alla citazione dei Live fatta da LaMarchesa: è verissimo che in un live POTENZIALMENTE puoi raggiungere un livello di coinvolgimento emotivo maggiore con più facilità, ma è anche vero che raramente ho visto live che riuscissero anche solo ad avvicinarsi non dico ai livelli di Dubbio, ma anche a quelli di una normale partita a Cani nella Vigna. Non conosco i live quanto conosco i tabletop, ma spesso ho l'impressione che molti autori di live si affidino troppo a cose tipo costumi, locations e "bei personaggi" pensando che basti questo.
E ho notato una differenza sostanziale fra il tipo di "coinvolgimento emotivo" presente in un live da quello di molti giochi narrativisti: nei live spesso questo coinvolgimento emotivo dipende moltissimo da un atmosfera di gioco costante, senza distrazioni di alcun tipo. Più è forte l'emozione, più facilmente viene rovinata da un interruzione, da una frase che stona in bocca ad un personaggio, da qualunque cosa insomma ti "riporti alla realtà".
Questa cosa non avviene invece nei tabletop. Ho giocato storie intensissime, con scene molto drammatiche, ma non richiedevano questa "costanza". Quando l'intensità emotiva diventava troppo forte, notavo che, senza nemmeno annunciarla, ci si prendeva una pausa, versandosi una birra, aprendo un sacchetto di patatine, o dicendo una battuta, anche ridendo per qualche minuto parlando d'altro prima di ricominciare. E incredibilmente, invece di rovinare il gioco, aiuta. (e la cosa viene persino riconosciuta in Montsegur, che prevede una paura OBBLIGATORIA del gioco di dieci minuti prima di passare alla parte cruciale del gioco).
Credo che sia dovuto all'immaginazione. L'immaginazione è la forza dietro al gioco tabletop. Tutto deve essere immaginato, non sei lì in costume. Questo rende più facile per il "live" farti entrare in un luogo, ma ogni distrazione entra, come te, nello stesso luogo. Mentre invece il luogo che costruisci, con l'immaginazione, nella tua testa, magari fai più fatica a crearlo e a mantenerlo (e quindi hai magari bisogno di più pause), ma è anche "protetto", quando vai in pausa tutto quello che fai non lo tocca minimamente e quando ritorni lì, è esattamente come l'avevi lasciato.