Autore Topic: [INCBook'11] Dire di sí... ma anche no  (Letto 3362 volte)

Mauro

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[INCBook'11] Dire di sí... ma anche no
« il: 2011-06-05 19:28:18 »
Nell’improvvisazione, uno dei concetti fondamentali è accettare, quello cui spesso ci si riferisce con “Dire sempre di sì”.
Quest’idea, anche visti i punti di contatto tra i due media, è filtrata naturalmente nell’ambito del gioco di ruolo, portando a dubbi sull’effetto che una sua applicazione può portare nel gioco: se dico sempre di sì e tu cerchi di convincermi… sono convinto? Se dichiari di rapire mia figlia… devo dire di sì? Il dubbio principe, si vede facilmente, ricade nell’ambito della narrazione unilaterale e del conflitto: se dico di sì a quelle cose, accetto la narrazione degli altri e non apro un conflitto. Se accetto passivamente cose contrarie all’interesse del mio personaggio, nego il Giocare con Passione[1], uno stile di gioco che molti amano.
Fondamentalmente, si prende il dire sempre di sì come un invito ad accordarsi, mettendo da parte quello che in Cani nella Vigna è chiaramente sintetizzato in: di’ di sì o tira i dadi. Questa è un’incomprensione del concetto di accettare. Per risolverla, partiamo dalle origini: l’improvvisazione.

L’improvvisazione è un mondo in cui non esiste l’errore: se una cosa è fatta in scena, quella cosa è successa. Mentre nel gioco di ruolo si può sempre rifare, si può chiarire un punto equivocato, sul palco non esiste lo “Scusate, ci siamo sbagliati”; per citare un caso reale: se io mimo di suonare il piano e tu mi parli come se stessi scrivendo al computer, non possiamo iniziare a discutere cosa sta succedendo in scena. Tutto è – letteralmente – improvvisato.
Uno dei mezzi per costruire la storia è l’accettare le proposte degli altri e costruire su di esse. Una cosa da chiarire immediatamente è cosa significa “accettare” nel mondo dell’improvvisazione: “dire sempre di sí” non significa... dire sempre di sí. Per esempio, che il mio personaggio accetti di essere ucciso non rientra in quel concetto. L'accettare è qualcosa che fanno gli attori, non i personaggi: significa che, se tu stavi interpretando un elettricista e l'altro capisce che sei un idraulico e ti dice: “Finalmente è arrivato! Venga, mi si sta allagando la casa!”, non devi dire: “No signora, io sono l'elettricista”. Il “sì” serve a impedire che ci si fissi sulla storia che si ha in testa, ignorando gli spunti degli altri per forzare l’improvvisazione in quella direzione.
Inoltre, il concetto completo è “Sì, e…”; per chi ha giocato a Un Penny per i Miei Pensieri questo suonerà familiare: non limitarsi ad accettare quanto detto dall’altro, ma costruire su di esso. Prendendo dal mondo dell’improvvisazione: io ti dico: “Tesoro, come va?” pensando che tu sia mia figlia, ma tu capisci di essere la mia compagna e lo rendi chiaro al pubblico (per esempio dicendo: “Ci sposiamo domani, come vuoi che vada? Sono nervosa!”), bene: non sei mia figlia, sei la mia compagna. “Dire di sí” significa che non devo negare il tuo spunto. Il punto focale è che “Tesoro, come va?” non comunica chiaramente che sto pensando di parlare a mia figlia; l’altro in buona fede interpreta diversamente una cosa che io non avevo trasmesso e comunica chiaramente la sua visione, che per questo diventa vera. Però potrei benissimo dire: “[Sì, sei la mia compagna, ma] Cara… non sono certo di volermi sposare”, creando un conflitto che spingerà avanti la storia (attenzione: quella frase non nega che lei sia la mia compagna, dichiara solo un dubbio sul volersi sposare).
In tal senso ricordo una partita di Un Penny per i Miei Pensieri in cui l’elemento su cui costruire era “Il respiro affannato dopo un momento di piacere”; alla domanda: “Era tua sorella?” ho risposto: “Sì, ed era la nostra prima volta insieme”. Sentire quella domanda e dare quella risposta è stato il momento in cui ho iniziato a sentire la storia e i personaggi; plurale, perché ho subito iniziato a preoccuparmi anche della sorella appena creata.
Quella partita purtroppo non è finita, ma ricordo ancora l’enorme potenzialità che aveva la storia di imbarazzo e rifiuto sociale che stava nascendo grazie a quanto costruito dall’insieme di accettazione e aggiunta (smorzato da un: “È stato il giorno in cui hai scoperto di essere stato adottato?”, giusto a dimostrare che dire di sì può avere effetti che spaziano in ogni direzione).
Se però un personaggio cerca di uccidere il mio, posso – magari devo – oppormi: il dire di sí significa accettare che quel personaggio – che pensavo fosse il fratello che tanto mi amava – ce l'ha con me e cerca di uccidermi; non significa accettare automaticamente di morire. Quello è il momento in cui entrano in scena, nel gioco di ruolo, le meccaniche di risoluzione.
Nel gioco di ruolo, inoltre, si apre un’ulteriore sfumatura: a differenza che nell’improvvisazione ci si può fermare e parlare di quello che sta succedendo, magari riscrivendolo; non per accordarsi, ma per riallineare ciò che i vari giocatori stanno immaginando, in modo da poter riprendere a giocare con un’immagine condivisa coerente.

Chiuse le questioni legate a cos’è il concetto, entriamo maggiormente nell’ambito del gioco di ruolo.
Quanto detto per l’improvvisazione vale anche in questo mondo: l’accettare è qualcosa che fanno i giocatori, non i personaggi. Io posso accettare uno spunto (“Sì, Marco ha minacciato la mia donna”), senza per questo farlo accettare al mio PG (“La uccidi? No you fuckin’ don’t, you asshole!”).
Un esempio tratto da In a Wicked Age: un PNG sta facendo un incantesimo, un PG vuole bloccarlo tramite la magia; il giocatore dichiara che inizia un rituale lì dov’è, nel corridoio. Il master gli dice che non ha i materiali, quindi deve tornare nella sua stanza. In pratica, per la delusione del giocatore, gli ha detto di no.
Dirgli di sì, come poi è successo, non avrebbe significato in alcun modo la riuscita dell’azione: per quella ci sarebbe comunque stato il conflitto; il master poteva quindi dire di sì (“Sì, puoi fare il rituale lì dove sei”), facendo nel contempo dire di no al PNG (“No, non riesci a bloccarmi”).
La differenza è che quello che nell’improvvisazione viene fatto dall’accettare, nel gioco di ruolo viene in parte fatto dal sistema, per esempio dalla divisione delle autorità. C’è quindi da chiedersi se sia possibile importare quella tecnica; e, se sì, se sia valida in generale.
Alla prima domanda è facile rispondere: è possibile, ma va adattata. Una delle caratteristiche peculiari del gioco di ruolo è la presenza di un regolamento; mentre nell’improvvisazione chiunque decide liberamente quando accettare, nei singoli giochi di ruolo le regole possono dare (e di solito danno) i mezzi per gestire il flusso di sì e di no, che, accettando o negando i singoli contributi, plasma la storia.
Viene semplice pensare al già citato Un Penny per i Miei Pensieri, dove nella prima fase di un turno i giocatori sono obbligati a dire di sì, mentre nella seconda possono definire tutto, tranne le cose rilevanti che riguardano il proprio personaggio (per definire le quali dovranno dire di sì a un giocatore e di no a un altro).
Oppure Sporchi Segreti, dove la Giurisdizione dà i mezzi per dire di no agli spunti offerti in ambiti in cui si ha autorità; mentre l’Obiezione, a quelli dati grazie alla regola base[2].
La risposta alla seconda domanda, già data implicitamente in quella alla prima, è che quella tecnica non ha validità generale: in Il Gusto del Delitto si è obbligati a dire di sì, e il potere che gli altri hanno sul nostro personaggio è enorme: Penelope mi chiede di sposarla? Allora, da regole, io non voglio sposarla (il giocatore dice di sì: “Sì, il mio PG non vuole sposarti”; il personaggio dice di no: “No, non voglio sposarti”).
Un esempio interessante è Polaris, gioco in cui il conflitto oscilla tra il sì e il no; il sistema per regolare quell’oscillazione sono le frasi rituali, alcune delle quali sono dei “no” secchi (“Ma ciò non era importante”), mentre altre dei “sì”: “Ma solo se” accetta quanto detto dall’altro, imponendo un costo o una condizione aggiuntiva. Ossia: “Sì, e…” (tecnicamente “Sì, ma…”, ben diverso dal “Sì, e…” che per esempio si trova in Un Penny per i Miei Pensieri; ma entrambi accettano e costruiscono).
Da notare che le frasi di Polaris regolano i sì e i no detti dai giocatori: il personaggio potrebbe non sapere nemmeno ciò che il giocatore sta accettando o negando.

Un altro aspetto peculiare del gioco di ruolo, sempre legato alla presenza del regolamento, è la risoluzione delle situazioni dubbie, che siano conflitti o azioni.
Se nell’improvvisazione c’è una situazione con esito incerto – mettiamo, un combattimento tra due personaggi – saranno gli attori a deciderne l’esito: potranno guardare alla storia (tragica? comica?), al vissuto dei personaggi (addestrati? principianti?), alla loro importanza (uno dei due è emerso chiaramente come protagonista, durante l’improvvisazione?), agli eventi (uno dei due è stato ferito gravemente?), ma alla fine la scelta ricadrà su di loro. Se nessuno dei due farà perdere il proprio personaggio, lo scontro andrà avanti all’infinito (o finché non sarà interrotto altrimenti). Il che non è necessariamente negativo, ma è tutto legato alla scelta dei singoli attori.
Nel gioco di ruolo in simili situazioni entra il regolamento: il gioco libero andrà avanti finché il conflitto non sarà chiaramente definito, poi ci saranno delle meccaniche per stabilire come la divergenza d’intenti si risolverà.
Questa differenza è ciò che permette, nel gioco di ruolo, di fare character advocacy[3] e quindi di mantenere il Giocare con Passione anche accettando i contributi altrui: non si dovrà mai decidere la morte del proprio personaggio contro i suoi desideri; i giocatori potranno andare avanti a testa bassa perseguendo gli interessi del personaggio, accettando spunti dagli altri, perché sanno che, quando ci sarà una divergenza tra i personaggi, il regolamento metterà la possibilità che falliscano a prescindere da quanto vorranno riuscire.

Pur con tutte le possibilità che dà l’accettare, c’è da tenere sempre presente che significa aprire, in misura più o meno maggiore, il proprio personaggio a contributi altrui; e non necessariamente quello che ne deriva ci piacerà.
Sempre Un Penny per i Miei Pensieri, in un’altra partita[4], una domanda è stata: “Ti ha fatto piacere picchiare tua moglie?”. In quel momento, il giocatore non è piú riuscito a empatizzare col personaggio, distaccandosene quindi a livello emotivo (ricordiamo che ha dovuto rispondere “Sì, e…”); questo gli ha rovinato la partita e gli annullato la possibilità di Giocare con Passione.
Per contro, posso prendere dalla mia esperienza un esempio di ciò che si può ottenere dicendo di sì, tratto da Montsegur 1244: io giocavo Etienne, un giovane Perfetto; un altro dei personaggi principali era India[5]; nella sua prima scena del primo atto, la giocatrice che interpretava India ha iniziato descrivendo tutti e quattro i Perfetti che parlavano di quanto stava accadendo. Avrei potuto dire che non c'ero, perché da regole potevo non essere nemmeno in Montsegur; ho detto di sì. Tutta la partita di India è girata attorno al rapporto con Etienne; lo sviluppo del personaggio è stato spinto dai discorsi con Etienne; il coraggio per la scelta finale – abiura – le è stato dato da Etienne. E io, seppur in misura minore, sono stato mosso dalle scelte di India.
Tutta la partita di un personaggio è stata creata da un sì; se avessi detto di no, avrei tranciato tutto quello che è venuto dopo.
L’accettare non nega il Giocare con Passione, né impedisce di fare character advocacy, ma se abusato può minare il legame emotivo tra giocatore e personaggio; bisogna quindi, come sempre, avere un occhio di riguardo per far sì che i nostri contributi non rovinino il gioco a nessuno. La cosa da tenere a mente è che, come ogni regola dell’improvvisazione, l’accettare è seguito da un “… ma anche no”: questa tecnica serve sia a costruire la storia, sia ad abituarci ad accettare e valutare gli spunti altrui, invece di negarli nell’inseguimento di una storia che ci siamo costruiti in testa; ma, imparato a dire di sì, possiamo reimparare a dire di no. Anche quello, usato bene, può portare a spunti interessanti.

Bibliografia

Cani nella Vigna (Dogs in the Vineyard), Vincent D. Baker, lumpley games; pubblicato in Italiano da Narrattiva.
Il Gusto del Delitto (A Taste for Murder), Graham Walmsley; pubblicato in Italia da Narrattiva.
In a Wicked Age, Vincent D. Baker, lumpley games.
Montsegur 1244, Frederik J. Jensen, Thoughtful Games; pubblicato in Italia da Narrattiva.
Polaris, Ben Lehman, TAO Games; pubblicato in Italia da Janus Design.
Sporchi Segreti (Dirty Secrets), Seth Ben-Ezra, Dark Omen Games; pubblicato in Italia da Narrattiva.
Un Penny per i Miei Pensieri (A Penny for My Thoughts), Paul Tevis, Evil Hat Productions; pubblicato in Italia da Janus Design.

Un ringraziamento a Raffaele Manzo per i consigli.

[1] Vedi http://playpassionately.wordpress.com/ e Gioca con Passione – I Rischi Sociali della Creazione di Storie, scaricabile all’indirizzo http://www.internoscon.it/2010/pdf/INC_Book_2010.pdf, entrambi di Jesse Burneko.
[2] La regola più importante di Sporchi Segreti è che chiunque può dire qualunque cosa in qualunque momento, salvo che un’altra regola lo vieti esplicitamente.
[3] Fare character advocacy significa parteggiare per il proprio personaggio, perseguendo i suoi interessi, prendendo le sue parti e difendendolo al tavolo; per esempio, giocare in un simile modo richiede di non spingere per la sconfitta del personaggio, salvo che il personaggio stesso la desideri; vedi nota 1 per approfondimenti.
[4] La partita mi è stata riferita privatamente dal giocatore interessato; le opinioni qui riportate sono le sue.
[5] Etienne e India sono due personaggi dell'espansione di Montsegur 1244, scaricabile dal sito della Thoughtful Games; sono entrambi molto giovani e, nonostante questo, Perfetti. Etienne arriva in Montsegur ad assedio iniziato; il momento dell'arrivo è una delle scelte del giocatore, che può influenzare molto la risposta a una delle domande: Perché non eri in Montsegur, quando l'assedio è iniziato?

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Consideratelo CC 3.0 by-sa, per il resto fateci un po' ciò che vi pare ;D
« Ultima modifica: 2011-06-05 21:48:51 da Mauro »

Antonio Caciolli

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Re:[INCBook'11] Dire di sí... ma anche no
« Risposta #1 il: 2011-06-05 19:44:23 »
gran bel pezzo
il classico "queste cose le so già ma con tale chiarezza mi si aprono a sfaccettature che non avevo colto"
grazie!


avrei forse fatto meno esempi ma spiegandone qualcuno con più approfondimento. per alcuni ho fatto fatica a capire l'esempio, ma magari dipende solo da una lettura troppo veloce

Mauro

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Re:[INCBook'11] Dire di sí... ma anche no
« Risposta #2 il: 2011-06-05 21:59:59 »
Magari prova a rileggerlo, se poi ti restano dubbi particolari, o se ci sono esempi specifici che vorresti vedere piú approfonditi, eventualmente possiamo parlarne qui.

Mattia Bulgarelli

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Re:[INCBook'11] Dire di sí... ma anche no
« Risposta #3 il: 2011-06-06 11:53:28 »
Secondo me il testo ha bisogno di un po' più di "aria": nel senso, metti degli "a capo" tra un paragrafo e l'altro per spezzare l'effetto "wall of text".
Co-creatore di Dilemma! - Ninja tra i pirati a INC 2010 - Padre del motto "Basta Chiedere™!"

Antonio Caciolli

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Re:[INCBook'11] Dire di sí... ma anche no
« Risposta #4 il: 2011-06-06 12:51:43 »
Magari prova a rileggerlo, se poi ti restano dubbi particolari, o se ci sono esempi specifici che vorresti vedere piú approfonditi, eventualmente possiamo parlarne qui.
era un commento relativo alla stesura. mi sono chiari ma li trovo un pelo criptici se lo penso come un articolo anche per un pubblico che non discute di queste cose tutti i giorni e che non conosce i giochi citati
« Ultima modifica: 2011-06-13 09:26:23 da Antonio »

Mauro

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Re:[INCBook'11] Dire di sí... ma anche no
« Risposta #5 il: 2011-06-12 19:32:44 »
Nota importante: come utenza, mi sono prefisso un giocatore di ruolo che non necessariamente conosce i concetti/giochi presentati nell'articolo, ma che è interessato ad approfondirli.

Non so se questo lo rende piú chiaro, ma il pubblico che avevo in testa nello scrivere l'articolo è quello.

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