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Improvvisazione e GdR [iniziata su "Giocatori alla prima esperienza"]

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Mauro:
Parto dal fondo del messaggio di Pabu, perché ho fatto una scelta di termini infelice, che devo correggere prima di ogni altra cosa:
--- Citazione ---[cite]Autore: Pabu[/cite]Nell'improvvisazione non si deve seguire una storia: bisogna vivere nell'istante, la storia uscita la si vede dopo, a scena finita. Per dirla in alre parole (non mie): improvvisare è come guidare un'automobile potendo guardare solo nello specchietto retrovisore
--- Termina citazione ---

Con "storia" non intendevo "Pensa alla storia, a cosa le fa bene, e fallo"; mi riferivo alla storia vissuta dal personaggio fino a quel momento, alla situazione in essere, all'istante della scelta; ossia: la persona-personaggio, avendo vissuto quello che ha vissuto, essendo nella situazione in cui è, cosa farebbe? Non l'attore, ma la persona-personaggio (dove con questo termine intendo il personaggio se fosse una persona vera).
Per farti un esempio: arriva un fattorino, chiede se qualcuno ha ordinato delle pizze, prende i soldi. Poi cosa fa? Se ne va, perché un fattorino in quella situazione se ne andrebbe e non ha avuto motivi per restare. Questo è un buon esempio.
Stesso fattorino, ma dopo aver preso i soldi parla, si informa sullo stato della famiglia, si guarda intorno, ecc., perché l'attore vuole restare in scena. Questo è un pessimo esempio.
Inoltre, gli improvvisatori che conosco partono senza il minimo canovaccio; e "senza il minimo canovaccio" intendo che sono sul palco, il pubblico gli dice "Siente nella rivoluzione cubana" e loro iniziano istantaneamente (caso reale).
Onestamente non so come sia la situazione dell'improvvisazione italiana, magari sono stato fortunato io nel poco che ho visto, ma gli esempi che porti sono estranei alla mia esperienza. Anzi: ho personalmente sentito insegnanti d'improvvisazione dire di non pensare alla storia, ma di fare quello che il personaggio farebbe in quella situazione. Quando parlo d'improvvisazione, parlo di questo.
In altri termini, questo:
--- Citazione ---[cite]Autore: Pabu[/cite]il giocatore di Spione o di Trollbabe deve stare nel presente. Non essendo il GdR uno spettacolo teatrale c'è tempo di fermarsi, commentare e riflettere, ma la natura della riflessione è la stessa che dovrebbe fare chi fa Improvvisazione: fare reagire il personaggio a ciò che sta succedendo alla sola luce di ciò che è precedentemente accaduto, non di quello che sta bene che accada
--- Termina citazione ---

Io con "improvvisazione" intendo questo, ed è quello che mi è stato detto essere improvvisazione; con "se la storia lo chiede" intendevo "se la storia passata lo chiede", non un ipotetico "bene della storia": per quanto capitato finora, il personaggio lo farebbe?

Detto questo:
--- Citazione ---[cite]Autore: Pabu[/cite]Partiamo dal discorso di Mauro che nel GdR i personaggi devono cercare di evitare le sfighe che capitano loro
--- Termina citazione ---

Forse mi sono espresso male; per fare advocacy, il giocatore deve agire per gli interessi del personaggio; Moreno fa una nota giustissima, e in effetti nel mio scorso messaggio ho dimenticato di sottolineare una cosa importantissima: quando dico "sfighe", "eventi negativi", sono tali dal punto di vista del personaggio, il giocatore potrebbe valutarlo diversamente. Come dice Moreno: «se il personaggio decide (nella fiction) di seguire una china autodistruttiva, allora devi giocare per fargliela seguire, non per evitargliela "per il suo bene"».
Quello che volevo sottolineare è che nel gioco di ruolo (attenzione: sto semplificando) il gioco va avanti senza che il giocatore debba dire di sí a qualcosa che il personaggio vede come negativo, perché c'è un sistema a dire quel sí (o quel no); nell'improvvisazione, mancando questo sistema, può capitare che l'attore debba dire di sí a qualcosa che il personaggio vede come negativo.
Questo però non è, a mio parere, un difetto dell'improvvisazione, ma una sua caratteristica; sicuramente diversa da quelle del gioco di ruolo (o almeno di parte di esso), ma non per questo negativa.

Simone Micucci:
all'inizio volevo postare qui una mia piccola esperienza di character advocacy. Ma indeciso se OT o no ho deciso di creare un nuovo thread.
Per chi ne volesse trarre spunto di riflessioni ecco qua

Michele Gelli:
Vi faccio un esempio di differenze io (vissuto sulla mia pelle).  Iniziamo una improvvisazione. Entriamo io e claudia e portiamo le nostre proposte. Io “mimo” una tastiera. Claudia prende un cubo e si mette a guidare, e fa rumori da guida molto sportiva. A ME lei sembra che sia facendo un gran premio. Aspetto un attimo, poi esordisco dicendo “La curva 3 la devi prendere più lenta. Aspetta che mando indietro il simulatore e riproviamo. Sai che succede se arriva il capo e vede i tempi che fai?”. E da li si va avanti…

Con UNA SOLA frase ho messo le mani su ogni cosa: sul personaggio di Claudia (che anche se stava facendo riparazioni ad un rally in amazzonia, da quale momento in poi è su un simulatore), sulla backstory (siamo in un team, c’è un capo incavolato, i tempi non sono granché) e sul “tema” della storia (si parlerà di tempi, box, corse, curve, marce, ecc. Probabilmente ho assegnato il personaggio anche ad un altro attore – che farà il capo –  e presumibilmente si andrà a fare una storia in cui i rapporti di lavoro avranno un loro peso).

Per impro è tutto ok. È impossibile avere advocacy per un personaggio che può essere “smanettato” da terzi in questa maniera. Generalmente in un gioco è un problema.

Se provate a giocare con gente che ha questa impostazione, vedrete che faticheranno (e non poco) a capire il concetto “metti giù le tue luride zampacce dal mio personaggio” che invece in molti GdR è abbastanza chiaro ed è una cosa molto importante (con la notabile eccezione de “Il Gusto del Delitto”). Giocare con un gruppo di improvvisatori a “Montesguer 1244” sotto questo punto di vista è stato illuminante. Mi sono reso conto che c’era una enormità di cose (soprattutto in come le autorità sono divise) che davo per scontate che invece devono essere spiegate.


--- Citazione ---[cite]Autore: Pabu[/cite]Ecco, buona parte di quelle risate nascono dalla necessità di chi è in scena di non esporsi.
--- Termina citazione ---

Io credo che nascano dall’ego delle persone. È facile (e terribilmente gratificante) entrare in scena, dire una battuta e sentore lo scroscio di risate. Ma una maggioranza schiacciante delle volte che lo ho visto capitare veniva fatto a scapito della costruzione della storia. Perché per il mio ego è meglio avere una gratificazione facile che mettermi al servizio degli altri per un obiettivo (la riuscita della storia) più a lungo termine.

Parallelismi ce ne sono a tonnellate. Si potrebbero fare esperimenti interessantissimi. Alcuni li vorrei proprio organizzare (e ci sto lavorando).

Paolo Busi:

--- Citazione ---[cite]Autore: Mauro[/cite][p]Parto dal fondo del messaggio di Pabu, perché ho fatto una scelta di termini infelice, che devo correggere prima di ogni altra cosa:
--- Termina citazione ---


I tuoi chiarimenti - giustamente - mettono il tuo ragionamento sotto una luce tutta diversa; purtroppo sono i limiti della parola scritta. L'importante è lavorare per chiarirsi e ragionare sullo stesso argomento.


--- Citazione ---[cite]Autore: Mauro[/cite][p]Inoltre, gli improvvisatori che conosco partono senza il minimo canovaccio; e "senza il minimo canovaccio" intendo che sono sul palco, il pubblico gli dice "Siente nella rivoluzione cubana" e loro iniziano istantaneamente (caso reale).
Onestamente non so come sia la situazione dell'improvvisazione italiana, magari sono stato fortunato io nel poco che ho visto, ma gli esempi che porti sono estranei alla mia esperienza. Anzi: ho personalmente sentito insegnanti d'improvvisazione dire di non pensare alla storia, ma di fare quello che il personaggio farebbe in quella situazione. Quando parlo d'improvvisazione, parlo di questo.[/p]
--- Termina citazione ---


Bene siamo nello stesso mondo. L'improvvisatore non ha canovaccio, se gli va bene ha avuto il 3,2,1 Impro', altrimenti neppure quello. Cosa succede dopo? Io spettatore cosa vedo?
Per favore, raccontami - anche in privato se preferisci, per non intasare il forum - lo sviluppo del "Siente nella rivoluzione cubana", perché ho la stessa identica situazione fatta ad un Laboratorio che ho tenuto a degli attori assolutamente digiuni dei mondi Impro', Match, long form e pippe varie e m'interessano punti in comune e differenze.

Gli insegnanti dicono di non pensare alla storia, però ritorniamo sempre lì: se non penso alla storia e sto nel momento, facendo vivere al personaggio la situazione allora lo spettatore dovrebbe vedere  una gamma enorme di emozionie sentimenti, visto che una serata l'Impro' realizza 10-14 scene e il Match poco meno: le vedo?
Le emozioni sono grosso modo un'ottantina, riconducibili a otto famiglie principali: qualcuno vi insegna non dica a rappresentarle, ma semplicemente ve le elenca così sapete che esistono? Nel caso (una costante in vent'anni) che nessuno ve le abbia insegnate: se non le sapete riconoscere come fate a stare nella storia?
Capisci dove stanno i nodi irrisolti dell'improvvisazione teatrale? Tutto questo senza polemica verso nessuno, sia chiaro.

Nel GdR questo è differente: le emozioni le narro, non le vivo e in questo caso le precisazioni ontologiche che khana ha fatto sono importanti.
Il distacco tra il personaggio e il giocatore mi permette di agire senza pressioni nel GdR e - paradossalmente - di improvvisare di più; come riportato nel bellissimo esempio di Spiegel: http://www.gentechegioca.it/vanilla/comments.php?DiscussionID=3487
L'improvvisatore portato nel mondo GdR può avere una mente più aperta e e vedere più connessioni, ma non molto di più rispetto a un "novellino", digiuno sia di GdR che di improvvisazione, paradossalmente ritengo che un poeta, portato naturalmente all'uso della parola per creare immagini, possa dare di più all'esperienza GdR che un improvvisatore (è un discorso portato all'estremo, ovviamente).

Passo a Michele e al suo esempio.
Premessa per disinnescare in partenza un possibile flame: l'improvvisazione (teatrale, musicale o quant'altro) è l'unica espressione artistica non editabile e questo fa sì che ogni cosa fatta improvvisando sia perfetta in sé. Possiamo lavorare per migliorare ciò che faremo in futuro, ma quello che è fatto è fatto.

Detto questo: quello che accade nel tuo esempio non è assolutamente ok per l'impro. Sarebbe ok se ti fossi limitato a una sola delle tue battute, ma tutte e tre assieme sono troppo; detta così si va oltre la Rudezza Eccessiva, è un vero e proprio colpo di stato all'interno della scena. Questo è l'esempio da manuale delle cose da non fare all'apertura della scena.
Cos'era un Match o un Impro'? Eravate nella stessa squadra o in due differenti?

All'inizio della scena devono uscire cinque informazioni fondamentali: chi sono io, chi sei tu, dove siamo, cosa stiamo facendo e quale è il rilancio; in altre parole: il Framing.
E se vogliamo restare in ambito di buona drammaturgia, devono uscire nelle prime tre battute, a meno che non stiamo facendo un long form di un certo tipo (ipotesi remota).
Quindi, se tu alla prima battuta dici chi è Claudia, dove siete e cosa state facendo, lasci a Claudia il compito di dire chi sei tu e di rilanciare; cose che, o le fa tutte e due nella sua battuta  ammazzando il ritmo della costruzione della scena e vi trovate tutti e due in una scena debole, oppure lascia a te pure il quarto mattone e a questo punto se ne può andare in panchina a bere una sorsata d'acqua perché tanto la storia te la fai da te. Non contento, poi, introduci pure il Capo, che toglie focus dalla vostra relazione (che è ciò che veramente interessa al pubblico) e apre la porta all'entrata dei Guastatori che vi possono mandare in vacca quello che avreste potuto costruire da quell'inizio difficile.

Detto questo, restiamo tutti a DEFCON 5 senza flame: la colpa non è tua, ma di vent'anni di ipnosi consensuale su cos'è la buona improvvisazione. Se le scene le costruite così è chiaro che non c'è advocacy, ma non c'è neppure Teatro: c'è un tafferuglio intellettuale e basta. Il pubblico ride, ma è questo ciò che volete? Non sentite che ci può essere dell'altro? Quello che - in parte - c'è nei GdR e che nelle vostre scene manca?
Ma non per colpa vostra, ripeto. Quando ho scritto che "l'emulazione del modello del "bravo improvvisatore che fa spettacoli" è parte fondamentale della propria formazione" mi riferisco proprio al fatto che tu fai quello che fai perché lo hai visto fare e contemporaneamente c'è gente che ti guarda e ti prende a modello e questo contribuisce ad alimentare l'ipnosi consensuale da parte della comunità degli improvvisatori.

Questo è un caso lampante del contributo che i GdR possono dare all'improvvisazione: senza GdR l'advocacy non la conosceresti e neanche ti porresti il problema della sua presenza o meno quando improvvisate.

Sarebbe interessante sapere cosa ha è passato nella testa Claudia in quei momenti e come ha fatto reagire il suo personaggio a quel punto, perché sono informazioni utili per un discorso più ampio sull'advocacy.

Concludo con la ricerca della risata.
L'improvvisazione deve essere divertente e diverte attraverso la comicità. Ho scritto prima del rapporto tra comicità, verità e dolore, aggiungendo che i personaggi, per essere comici, devono credere al dolore. Se faccio una battuta e smonto la storia non sto credendo al dolore: sto facendo del cabaret becero e dozzinale, non Teatro.
Lo faccio perché il mio ego non mi permette di mostrarmi vulnerabile, così smonto la posta in gioco e mi proteggo: la risata del pubblico a quel punto è la giustificazione che dò alla mia inettitudine; poi magari prendo il punto e mi sento ancora più sborone. Intanto gli alievi mi guardano e quando saranno nella mia stessa situazione faranno la stessa identica cosa, anche se l'insegnante dice loro il contrario, perché l'esempio vale più di mille parole.
Se quando l'attore smonta la scena con una battuta del cappero il Regista andasse da lui e invece di dirgli bravo o soprassedere gli dicesse "Sei un cog***ne: alla prossima te ne puoi stare a casa" il vento cambierebbe.

Anche qui impariamo dal GdR: mica siamo obbligati a invitare tutte le volte quel giocatore che ci manda sistematicamente in vacca - consapevolmente - le partite.
O cambiamo gioco o cambiamo il  giocatore.

PS: io iniziai a improvvisare in un tempo remoto, quando le automobili erano targate Cartagine, e a quei tempi quel smontare la storia con una battuta ci veniva insegnato ai corsi, come "Gioco di Rimessa" e poverini quegli improvvisatori che non erano abbastanza pronti da farlo in scena. La colpa non era degli insegnanti, loro in buona fede ci insegnavano ciò che per loro era giusto. Il problema è che pochi si sono fermati a riflettere su ciò che veniva loro insegnato e tante cose sono diventate un tutt'uno con quella che si definisce "improvvisazione".
Vi ricorda qualcosa?

Riccardo Rossi:
Vedo con piacere che nel tempo intercorso dalla mia ultima connessione la discussione si e' evoluta tantissimo.
Ho capito anche alcune cose che cerchero' di spiegare con la mia successiva risposta.
Purtroppo non posso falo immediatamente per due motivi molto semplici.
Digital divide e tempo disponibile in ufficio.
Grazie all'aiuto di PDFCreator potro' scrivere anche dalla mia abitazione con sottomano i vostri interessanti contributi.
Scusate per l'attesa.

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