Autore Topic: Commercializzazione&Arte (Era: Parpuzio in via di Estinzione?)  (Letto 5161 volte)

Prendo spunto da QUI

Citazione
[cite]Autore: Hasimir[/cite]L'altro giorno sentivo Raffo, e mi diceva che il suo "Running on the Edge" è praticamente finito, ma che lo ha dovuto semplificare terribilmente rispetto a quanto si era a suo tempo discusso ed ipotizzato, per renderlo "pubblicabile".

Boh... a me ha molto dispiaciuto sentire una cosa simile.
Fossi in lui "pubblicherei" solo online una Extended Version contenente il gioco VERO e non mutilato... a pagamento o no... ma ovviamente anche questo cozzerebbe con le "necessità della pubblicazione" >_>
E così ci ritroviamo ad aver guadagnato un nuovo gioco magari anche molto bello, ma che è si e no l'ombra semplificata di un progetto ben diverso... ridotto a riflesso di se stesso non tanto perchè così il gioco diventa migliore, ma perchè i numeri e le realtà del mercato reale dettano certi limiti.


Mi domando perchè molti credono che dover fare una versione pubblicabile di un gioco/libro/fumetto/altro media sia castrante, cioè nel momento in cui si scrive un prodotto per un pubblico va da sè che questo deve essere fruibile... mi sembra lo stesso discorso di chi pensa allo scrivere come una pratica solitaria e lontana dalle logiche di mercato, e lo stesso di può applicare a tanti altri esempi di cui leggo e sento. Come se l'autore da solo potesse produrre l'Arte, come se scrivesse per sè invece che per il pubblico, come se il suo scopo fosse trovare la perfezione artistica, ma per poterla far capire debba scendere a compromessi con il pubblico e quindi perdere in qualità. La ritengo un'idea sbagliata perchè il fine di ognuno di questi prodotti, e si anche dei giochi, è innanzitutto essere fruito dal destinatario finale. Personalmente trovo molto più affascinante un sistema, un gioco, un'opera, che pur essendo comprensibile al pubblico ha una sua bellezza interna e funzionalità rispetto a quella incoprensibile, ma, a detta dell'autore, perfetta nella sua arte. Il fine dovrebbe essere un gioco giocabile e bello da giocare, non un gioco bello da leggere ma ingiocabile.
Vedo invece nel permanere dell'altro tipo di approccio, quello dell'autore che produce arte da solo, un retaggio, superato, dell'estetica di altri tempi, in cui l'autore-artista è il genio, l'unico capace di attingere e produrre arte. Ma non è più così, oggi qualsivoglia opere deve passare per tante mani, essere aggiusta, essere fruibile, ed essere vendibile

Proprio sull'essere vendibile faccio un altro appunto che riguarda il vedere la commercializzazione di un'opera come il male, atteggiamento che incontro assai spesso. Non voglio stare qua ad indagare se questo è un retaggio di pensiero di altre epoche, ma trovo che ormai sia fuori da ogni parametro. Si ricollega a quanto detto sopra, siamo così abituati che ormai ci vengono spacciati prodotti schifosi dall'industria commerciale da credere ormai che ogni prodotto commerciale sia scarso. Questa però è una deriva in negativo di un sistema che si basa sulla qualità. I prodotti "artistici" di qualità che mi piacciono e di cui fruisco sono tutti prodotti commerciali, ma commerciali che più commerciali non si può, nel senso che vantano produzioni di altissimo budget dietro. Ci mancherebbe, sono stati fatti bene, con cura, il che, sopratutto a certi livelli è possibile solo con grandi investimenti di denaro, e io sono contento di aver pagato per quei giochi, libri, film, fumetti, perchè si meritavano la cifra che ho dato loro.

Per ora mi fermo, spero qualcuno sia interessato all'argomento
« Ultima modifica: 2010-07-14 10:35:23 da robur »

giullina

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Commercializzazione&Arte (Era: Parpuzio in via di Estinzione?)
« Risposta #1 il: 2010-07-14 11:10:02 »
Personalmente trovo meno interessante la discussione sui massimi sistemi rispetto a quella del caso specifico. Vorrei sapere cosa è successo a Running on the Edge nel dettaglio, ma se qui ti deraglio il thread, dimmelo che ne apro un altro.
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Antonio Caciolli

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« Risposta #2 il: 2010-07-14 11:19:10 »
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[cite]Autore: giullina[/cite][p]Personalmente trovo meno interessante la discussione sui massimi sistemi rispetto a quella del caso specifico. Vorrei sapere cosa è successo aRunning on the Edgenel dettaglio, ma se qui ti deraglio il thread, dimmelo che ne apro un altro.[/p]


concordo. io ancora non ho capito se il gioco è stato solo sfoltito di cose opzionali o alcune cose sono state tolte pensando che la semplicità sia preferibile per vendere a scapito di un prodotto completo

Leonardo

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Commercializzazione&Arte (Era: Parpuzio in via di Estinzione?)
« Risposta #3 il: 2010-07-14 11:26:59 »
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[cite]Autore: robur[/cite]Proprio sull'essere vendibile faccio un altro appunto che riguarda il vedere la commercializzazione di un'opera come il male, atteggiamento che incontro assai spesso. Non voglio stare qua ad indagare se questo è un retaggio di pensiero di altre epoche, ma trovo che ormai sia fuori da ogni parametro.


L'idea di commercializzare un'opera, anche opera d'arte, non mi crea problemi in sé. La mentalità economica moderna che tende ad equiparare le opere creative a prodotti commerciali da vendere è, per me, decisamente problematica (il discorso è diverso per i servizi offerti legati alla loro fruizione).  L'aggressività nella tutela del diritto d'autore, nella forma in cui si esprime al giorno d'oggi, sempre più messa in crisi dalla perdita di controllo da parte degli editori sul monopolio dei mezzi di distribuzione, è un esempio di questa mentalità. Riconosco anche, però, che non tutte le forme di intrattenimento aspirano al rango di opera d'arte. In generale il considerare un'espressione astratta della creatività umana come un prodotto commerciale è frutto di un ben preciso punto di vista culturale e non di un qualche ineluttabile "stato naturale delle cose".

La trasformazione del sistema di creazione di opere artistiche in industria (che crea prodotti) ha avuto a mio avviso aspetti positivi e negativi.
Tra gli aspetti positivi includerei la facilità di accesso ad opere che altrimenti sarebbero rimaste probabilmente appannaggio di pochi e, in certi casi, anche un controllo di qualità esercitato preventivamente attraverso la inevitabile selezione e scrematura di artisti e personale tecnico, motivata dalla necessità di limitare l'accesso alle risorse (per loro natura finite) ai migliori nel campo.
L'aspetto negativo che più mi tocca è che la commercializzazione su larga scala dell'arte tende a reprimere quell'aspetto di provocazione e innovazione che per me è la ragione stessa della sua esistenza. Un prodotto fatto per piacere su larga scala difficilmente potrà essere rivoluzionario o assumere un punto di vista radicale e provocatorio. E' uno dei motivi per cui Zelig avrà sempre un indice di gradimento maggiore di quello di Luttazzi, almeno dal punto di vista numerico. In un sistema simile sviluppare e mantenere una propria autorialità riconoscibile ed originale è possibilissimo ma niente affatto facile: Alfred Hitchcock è un esempio di regista che è riuscito ad essere vero e proprio autore in un sistema piuttosto stringente come quello della macchina da soldi Hollywoodiana (non è un caso che in inglese il regista sia chiamato director, una parola che non richiama in alcun modo l'autorialità). Al contrario, John Woo è esempio di un regista la cui espressività è andata annacquandosi nel momento in cui la sua creatività è stata imbrigliata in meccanismi produttivi che fanno della aderenza a certi canoni un must
« Ultima modifica: 2010-07-14 11:31:58 da Leonardo »

Commercializzazione&Arte (Era: Parpuzio in via di Estinzione?)
« Risposta #4 il: 2010-07-14 12:07:29 »
Perché questa roba sta in Generale e non in Chiacchiera? '-_-
Anche io ho un blog

Commercializzazione&Arte (Era: Parpuzio in via di Estinzione?)
« Risposta #5 il: 2010-07-14 12:21:04 »
Citazione
[cite]Autore: robur[/cite][p]Prendo spunto daQUI[/p]
Citazione
[cite]Autore: Hasimir[/cite][p]L'altro giorno sentivo Raffo, e mi diceva che il suo "Running on the Edge" è praticamente finito, ma che lo ha dovuto semplificare terribilmente rispetto a quanto si era a suo tempo discusso ed ipotizzato, per renderlo "pubblicabile".[/p][p]Boh... a me ha molto dispiaciuto sentire una cosa simile.
Fossi in lui "pubblicherei" solo online una Extended Version contenente il gioco VERO e non mutilato... a pagamento o no... ma ovviamente anche questo cozzerebbe con le "necessità della pubblicazione" >_>
E così ci ritroviamo ad aver guadagnato un nuovo gioco magari anche molto bello, ma che è si e no l'ombra semplificata di un progetto ben diverso... ridotto a riflesso di se stesso non tanto perchè così il gioco diventa migliore, ma perchè i numeri e le realtà del mercato reale dettano certi limiti.[/p]
[p]Mi domando perchè molti credono che dover fare una versione pubblicabile di un gioco/libro/fumetto/altro media sia castrante, cioè nel momento in cui si scrive un prodotto per un pubblico va da sè che questo deve essere fruibile... mi sembra lo stesso discorso di chi pensa allo scrivere come una pratica solitaria e lontana dalle logiche di mercato, e lo stesso di può applicare a tanti altri esempi di cui leggo e sento. Come se l'autore da solo potesse produrre l'Arte, come se scrivesse per sè invece che per il pubblico, come se il suo scopo fosse trovare la perfezione artistica, ma per poterla far capire debba scendere a compromessi con il pubblico e quindi perdere in qualità. La ritengo un'idea sbagliata perchè il fine di ognuno di questi prodotti, e si anche dei giochi, è innanzitutto essere fruito dal destinatario finale. Personalmente trovo molto più affascinante un sistema, un gioco, un'opera, che pur essendo comprensibile al pubblico ha una sua bellezza interna e funzionalità rispetto a quella incoprensibile, ma, a detta dell'autore, perfetta nella sua arte. Il fine dovrebbe essere un gioco giocabile e bello da giocare, non un gioco bello da leggere ma ingiocabile.
Vedo invece nel permanere dell'altro tipo di approccio, quello dell'autore che produce arte da solo, un retaggio, superato, dell'estetica di altri tempi, in cui l'autore-artista è il genio, l'unico capace di attingere e produrre arte. Ma non è più così, oggi qualsivoglia opere deve passare per tante mani, essere aggiusta, essere fruibile, ed essere vendibile[/p][p]Proprio sull'essere vendibile faccio un altro appunto che riguarda il vedere la commercializzazione di un'opera come il male, atteggiamento che incontro assai spesso. Non voglio stare qua ad indagare se questo è un retaggio di pensiero di altre epoche, ma trovo che ormai sia fuori da ogni parametro. Si ricollega a quanto detto sopra, siamo così abituati che ormai ci vengono spacciati prodotti schifosi dall'industria commerciale da credere ormai che ogni prodotto commerciale sia scarso. Questa però è una deriva in negativo di un sistema che si basa sulla qualità. I prodotti "artistici" di qualità che mi piacciono e di cui fruisco sono tutti prodotti commerciali, ma commerciali che più commerciali non si può, nel senso che vantano produzioni di altissimo budget dietro. Ci mancherebbe, sono stati fatti bene, con cura, il che, sopratutto a certi livelli è possibile solo con grandi investimenti di denaro, e io sono contento di aver pagato per quei giochi, libri, film, fumetti, perchè si meritavano la cifra che ho dato loro.[/p][p]Per ora mi fermo, spero qualcuno sia interessato all'argomento[/p]

Che bello, volevo fare un post uguale e Michele mi ha risparmiato la fatica.   ^_^

Niccolò

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Commercializzazione&Arte (Era: Parpuzio in via di Estinzione?)
« Risposta #6 il: 2010-07-14 13:10:52 »
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[cite]Autore: robur[/cite]Per ora mi fermo, spero qualcuno sia interessato all'argomento


avete letto "il carretto di mele bombardato"? come vi ponente ripetto a quell'analisi della disconnessione tra necessità dei giocatori di ruolo (e degli autori) e struttura del mercato?

Commercializzazione&Arte (Era: Parpuzio in via di Estinzione?)
« Risposta #7 il: 2010-07-14 13:27:58 »
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[cite]Autore: Domon[/cite]
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[cite]Autore: robur[/cite][p]Per ora mi fermo, spero qualcuno sia interessato all'argomento[/p]
[p]avete letto "il carretto di mele bombardato"? come vi ponente ripetto a quell'analisi della disconnessione tra necessità dei giocatori di ruolo (e degli autori) e struttura del mercato?[/p]

Io l'ho letto tempo fa. Faccio notare che, a quanto ne so, l'atteggiamento degli autori di GdR indie USA nei confronti del pubblico è tutt'altro che ingenuo; Michele si riferisce però al discorso di Hasimir (cito: "il gioco VERO e non mutilato"), che invece a mio parere è ingenuo, e non è certo quello che dice The Nuked Apple Cart.

Kagura

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Commercializzazione&Arte (Era: Parpuzio in via di Estinzione?)
« Risposta #8 il: 2010-07-14 13:55:46 »
Nel caso dei film, la soluzione per rendere tutti relativamente contenti sta nella presenza delle scene tagliate nei contenuti extra: nel caso di un prodotto librario magari si potrebbe fare piazzando i contenuti esclusi a parte, ma
- sarebbe sicuramente scomodo fruirne
- non é detto che stiano bene nell'insieme, nella versione finale dell'opera (gioco, libro o altro)

Nel caso del gioco, forse potrebbe avere un senso dare il pdf della versione pre-commerciale a chi piglia il gioco ed é interessato a vedere come fosse prima della pubblicazione, se l'autore trova valida quella versione e l'editore lo supporta...

Mattia Bulgarelli

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« Risposta #9 il: 2010-07-14 15:06:58 »
Citazione
[cite]Autore: Leonardo[/cite]La mentalità economica moderna che tende ad equiparare le opere creative a prodotti commerciali da vendere


Wait, WHAT?

Dissento fortemente. Siamo forse la società MENO materialista che sia mai esistita, meno legata al "bene fisico" e più legata a beni "immateriali" ("Coca-cola" evoca un fortissimo immaginario emotivo, per fare l'esempio "classico" e "da libro scolastico").

Quello che si vede oggi è...
Citazione
[cite]Autore: Leonardo[/cite]L'aggressività nella tutela del diritto d'autore,


Ovvero: chi ha il controllo su un bene fisico non ce l'ha più sul contenuto intellettuale com'era, invece, una volta.
E se la fa sotto e fa la voce grossa, sapendo che rischia di crollare per semplice obsolescenza.

Il problema dell' "arte commerciale" è aperto e dibattuto da parecchio (almeno da prima del giorno di nascita dei presenti sul forum, scommetto), ed è ovvio che se scrivi un film per distribuirlo ai 5 continenti andrai a fare Avatar e non un film raffinato ed elegante che però capiscono solo i toscani nati di martedì con la luna piena.

Certo è che se oggi se ne parla è ANCHE (non "solo"; "anche") perché i mezzi tecnici per produrre un "coso" artistico ce li hanno: studenti di cinema hanno idee incredibili ed i mezzi per fare anche gli effetti speciali. Chiunque ha un PC a casa per scrivere e correggere "il suo romanzo", ecc. ecc.

Io, ormai, mi sono fatto l'idea che successo commerciale e contenuto artistico siano solo vagamente correlati.

Ah, sì: restrictions foster creativity.
Anche le restrizioni per fare un prodotto "commerciale" a volte fanno spuntare piccoli gioielli. Da modesto  fan dei Transformer, la serie Beast Wars è una delle migliori: le limitazioni tecniche (budget, numero di personaggi e scenari limitati per via della CGI che costava un casino, ecc.) hanno costretto gli sceneggiatori a puntare tutto sull'approfondimento dei personaggi. Anche Braccobaldo & soci nascono per limitazioni tecniche e di budget (cfr. Luca Raffaelli in Le Anime Disegnate).
Co-creatore di Dilemma! - Ninja tra i pirati a INC 2010 - Padre del motto "Basta Chiedere™!"

Moreno Roncucci

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« Risposta #10 il: 2010-07-14 15:25:16 »
Fermatevi un secondo, che bisogna stabilire di cosa parla il thread...

Robur, vuoi fare un discorso GENERALE e non legato specificamente ai gdr, o vuoi parlare di gdr?

Nel primo caso sposto il thread in "gente che chiacchiera" e può proseguire tranquillamente come adesso, nel secondo caso bisogna iniziare a parlare concretamente di gdr, possibilmente con esempi
"Big Model Watch" del Forum (Leggi il  Regolamento) - Vendo un sacco di gdr, fumetti, libri, e altro. L'elenco lo trovi qui

Mattia Bulgarelli

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« Risposta #11 il: 2010-07-14 16:54:14 »
Citazione
[cite]Autore: Moreno Roncucci[/cite][div class=CommentHeader][span][/span][/div][div id=CommentBody_86304 class=CommentBody][p][span style=color: royalblue;]Fermatevi un secondo, che bisogna stabilire di cosa parla il thread...[/span][/p][/div]

Concordo, forse è il caso di definire un po' meglio il topic e splittare "a cascata" il resto dei contributi futuri, per fare un po' di ordine.

Da utente, ho capito che fosse, dal titolo del thread, un discorso "generale".
Co-creatore di Dilemma! - Ninja tra i pirati a INC 2010 - Padre del motto "Basta Chiedere™!"

Commercializzazione&Arte (Era: Parpuzio in via di Estinzione?)
« Risposta #12 il: 2010-07-14 21:36:16 »
L'intento inizialmente era generale, poichè ravviso un atteggiamento comune in vari campi diversi, o meglio, nei campi che seguo e che quindi ho citato e nel caso del quote ho voluto fare un intervento. Tuttavia mi va benissimo parlare anche restringendo la discussione al campo dei gdr e larp, anche se qui conosco meno le diverse realtà e avrei meno esempi da fare e per lo più relegati al larp. Vorrei però poter tenere un riferimento generale, ed in particolar modo all'attività di scrittura, visto che anche nei giochi si tratta di scrivere, se pur con finalità e modalità diverse.

Ma andiamo a monte. Qualcuno ha citato il famigerato carretto delle mele, tuttavia nelle mie intenzioni ci troviamo ad un gradino diverso, non si parla del mito di fare soldoni vendendo gdr, ma di pensare e sopratutto scrivere avendo in mente il destinatario finale piuttosto che la bellezza intriseca del sistema o del setting.

A questo punto, per andare sul pratico, penso sia veramente utile capire il caso di "Running on the Edge", e qui starebbe bene che parlassero i diretti interessati

Lollo

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Commercializzazione&Arte (Era: Parpuzio in via di Estinzione?)
« Risposta #13 il: 2010-07-14 22:03:20 »
Discorso molto interessante. Cito en passant il fatto che un dibattito simile è in corso in alcuni importanti blog legati a romanzi e narrativa:
http://www.carmillaonline.com/archives/2010/07/003552.html#003552

Per parte mia, capisco il dissidio tra pubblicabilità e autorialità. Certo che con gli strumenti di oggi, se vuoi pubblicare una tua opera ci metti davvero trenta secondi. Più interessante è se vuoi provare a infilarti nei canali commerciali, rispettandone le regole e le esigenze di mercato; ma al contempo, penso che si possa anche provare sempre a "spingere il discorso un po' più in là".
Mi risulta anche - ma se mi sbaglio gradirei essere corretto - che tutti i quadri del Rinascimento che studiamo sui libri di storia dell'arte vengono per buona parte da committenti che richiedevano un certo soggetto ed erano disposti a pagarlo. Eppure chi li ha dipinti non si è certo adagiato sugli allori, ma ha sfruttato l'occasione (restrictions foster creativity, appunto) per sperimentare e metterci del loro. Secondo me si può fare - senza pretendere di cambiare il sistema da un giorno all'altro, chiaro.

Ciao
Lorenzo
Siamo qui per giocare, mica per divertirci.

Commercializzazione&Arte (Era: Parpuzio in via di Estinzione?)
« Risposta #14 il: 2010-07-14 22:18:24 »
Il problema è questo:
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Fossi in lui "pubblicherei" solo online una Extended Version contenente il gioco VERO e non mutilato... a pagamento o no... ma ovviamente anche questo cozzerebbe con le "necessità della pubblicazione" >_>

Perchè il gioco vero è quello pensato non per le necessità della pubblicazione? Per me sarebbe il contrario, un'opera la considero tale quando è finita non quando è allo stato grezzo. La mutilazione è rifinitura. In particolare in quella frase ho letto quanto dicono alcuni scrittori in erba che credono che il romanzo vero sia quello ideato e scritto dall'autore da solo prima di passare nelle grinfie di editor ed editori. Insomma trovo problematico il concetto dell'idea geniale, che si "contamina" dovendo rendersi leggibile/pubblicabile.

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