Gente Che Gioca > Sotto il cofano
Commercializzazione&Arte (Era: Parpuzio in via di Estinzione?)
Michele Pupo:
Prendo spunto da QUI
--- Citazione ---[cite]Autore: Hasimir[/cite]L'altro giorno sentivo Raffo, e mi diceva che il suo "Running on the Edge" è praticamente finito, ma che lo ha dovuto semplificare terribilmente rispetto a quanto si era a suo tempo discusso ed ipotizzato, per renderlo "pubblicabile".
Boh... a me ha molto dispiaciuto sentire una cosa simile.
Fossi in lui "pubblicherei" solo online una Extended Version contenente il gioco VERO e non mutilato... a pagamento o no... ma ovviamente anche questo cozzerebbe con le "necessità della pubblicazione" >_>
E così ci ritroviamo ad aver guadagnato un nuovo gioco magari anche molto bello, ma che è si e no l'ombra semplificata di un progetto ben diverso... ridotto a riflesso di se stesso non tanto perchè così il gioco diventa migliore, ma perchè i numeri e le realtà del mercato reale dettano certi limiti.
--- Termina citazione ---
Mi domando perchè molti credono che dover fare una versione pubblicabile di un gioco/libro/fumetto/altro media sia castrante, cioè nel momento in cui si scrive un prodotto per un pubblico va da sè che questo deve essere fruibile... mi sembra lo stesso discorso di chi pensa allo scrivere come una pratica solitaria e lontana dalle logiche di mercato, e lo stesso di può applicare a tanti altri esempi di cui leggo e sento. Come se l'autore da solo potesse produrre l'Arte, come se scrivesse per sè invece che per il pubblico, come se il suo scopo fosse trovare la perfezione artistica, ma per poterla far capire debba scendere a compromessi con il pubblico e quindi perdere in qualità. La ritengo un'idea sbagliata perchè il fine di ognuno di questi prodotti, e si anche dei giochi, è innanzitutto essere fruito dal destinatario finale. Personalmente trovo molto più affascinante un sistema, un gioco, un'opera, che pur essendo comprensibile al pubblico ha una sua bellezza interna e funzionalità rispetto a quella incoprensibile, ma, a detta dell'autore, perfetta nella sua arte. Il fine dovrebbe essere un gioco giocabile e bello da giocare, non un gioco bello da leggere ma ingiocabile.
Vedo invece nel permanere dell'altro tipo di approccio, quello dell'autore che produce arte da solo, un retaggio, superato, dell'estetica di altri tempi, in cui l'autore-artista è il genio, l'unico capace di attingere e produrre arte. Ma non è più così, oggi qualsivoglia opere deve passare per tante mani, essere aggiusta, essere fruibile, ed essere vendibile
Proprio sull'essere vendibile faccio un altro appunto che riguarda il vedere la commercializzazione di un'opera come il male, atteggiamento che incontro assai spesso. Non voglio stare qua ad indagare se questo è un retaggio di pensiero di altre epoche, ma trovo che ormai sia fuori da ogni parametro. Si ricollega a quanto detto sopra, siamo così abituati che ormai ci vengono spacciati prodotti schifosi dall'industria commerciale da credere ormai che ogni prodotto commerciale sia scarso. Questa però è una deriva in negativo di un sistema che si basa sulla qualità. I prodotti "artistici" di qualità che mi piacciono e di cui fruisco sono tutti prodotti commerciali, ma commerciali che più commerciali non si può, nel senso che vantano produzioni di altissimo budget dietro. Ci mancherebbe, sono stati fatti bene, con cura, il che, sopratutto a certi livelli è possibile solo con grandi investimenti di denaro, e io sono contento di aver pagato per quei giochi, libri, film, fumetti, perchè si meritavano la cifra che ho dato loro.
Per ora mi fermo, spero qualcuno sia interessato all'argomento
giullina:
Personalmente trovo meno interessante la discussione sui massimi sistemi rispetto a quella del caso specifico. Vorrei sapere cosa è successo a Running on the Edge nel dettaglio, ma se qui ti deraglio il thread, dimmelo che ne apro un altro.
Antonio Caciolli:
--- Citazione ---[cite]Autore: giullina[/cite][p]Personalmente trovo meno interessante la discussione sui massimi sistemi rispetto a quella del caso specifico. Vorrei sapere cosa è successo aRunning on the Edgenel dettaglio, ma se qui ti deraglio il thread, dimmelo che ne apro un altro.[/p]
--- Termina citazione ---
concordo. io ancora non ho capito se il gioco è stato solo sfoltito di cose opzionali o alcune cose sono state tolte pensando che la semplicità sia preferibile per vendere a scapito di un prodotto completo
Leonardo:
--- Citazione ---[cite]Autore: robur[/cite]Proprio sull'essere vendibile faccio un altro appunto che riguarda il vedere la commercializzazione di un'opera come il male, atteggiamento che incontro assai spesso. Non voglio stare qua ad indagare se questo è un retaggio di pensiero di altre epoche, ma trovo che ormai sia fuori da ogni parametro.
--- Termina citazione ---
L'idea di commercializzare un'opera, anche opera d'arte, non mi crea problemi in sé. La mentalità economica moderna che tende ad equiparare le opere creative a prodotti commerciali da vendere è, per me, decisamente problematica (il discorso è diverso per i servizi offerti legati alla loro fruizione). L'aggressività nella tutela del diritto d'autore, nella forma in cui si esprime al giorno d'oggi, sempre più messa in crisi dalla perdita di controllo da parte degli editori sul monopolio dei mezzi di distribuzione, è un esempio di questa mentalità. Riconosco anche, però, che non tutte le forme di intrattenimento aspirano al rango di opera d'arte. In generale il considerare un'espressione astratta della creatività umana come un prodotto commerciale è frutto di un ben preciso punto di vista culturale e non di un qualche ineluttabile "stato naturale delle cose".
La trasformazione del sistema di creazione di opere artistiche in industria (che crea prodotti) ha avuto a mio avviso aspetti positivi e negativi.
Tra gli aspetti positivi includerei la facilità di accesso ad opere che altrimenti sarebbero rimaste probabilmente appannaggio di pochi e, in certi casi, anche un controllo di qualità esercitato preventivamente attraverso la inevitabile selezione e scrematura di artisti e personale tecnico, motivata dalla necessità di limitare l'accesso alle risorse (per loro natura finite) ai migliori nel campo.
L'aspetto negativo che più mi tocca è che la commercializzazione su larga scala dell'arte tende a reprimere quell'aspetto di provocazione e innovazione che per me è la ragione stessa della sua esistenza. Un prodotto fatto per piacere su larga scala difficilmente potrà essere rivoluzionario o assumere un punto di vista radicale e provocatorio. E' uno dei motivi per cui Zelig avrà sempre un indice di gradimento maggiore di quello di Luttazzi, almeno dal punto di vista numerico. In un sistema simile sviluppare e mantenere una propria autorialità riconoscibile ed originale è possibilissimo ma niente affatto facile: Alfred Hitchcock è un esempio di regista che è riuscito ad essere vero e proprio autore in un sistema piuttosto stringente come quello della macchina da soldi Hollywoodiana (non è un caso che in inglese il regista sia chiamato director, una parola che non richiama in alcun modo l'autorialità). Al contrario, John Woo è esempio di un regista la cui espressività è andata annacquandosi nel momento in cui la sua creatività è stata imbrigliata in meccanismi produttivi che fanno della aderenza a certi canoni un must
Ernesto Pavan:
Perché questa roba sta in Generale e non in Chiacchiera? '-_-
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