In pratica, Seneca, dici esistono persone che non vogliono giocare a quel gioco con quelle persone, e con queste non si riesce a giocare.
Be' "Gioca ad un gioco a cui vuoi giocare, con persone con cui vuoi giocare" è un po' la regola base di qualunque gioco, in quanto attività elettiva.
Purtroppo questa regola viene spesso ignorata, vuoi perché si scambia il gioco per una leva sociale, vuoi perché si ritiene scioccamente possibile limitare il rapporto al gioco, senza che i rapporti interpersonali tra i giocatori influiscano.
Credo che l'unica soluzione, in questi casi, sia non giocare. Non con quella persona. Appena si nota la tendenza disfunzionale si ferma il gioco e al tavolo, davanti a tutti, lo si fa notare e se ne parla. Se lo sta facendo in maniera inconsapevole cambierà o addurrà le sue motivazioni e o cambierà atteggiamento o, di comune accordo, si cambierà (quando possibile e voluto) il gioco per andare incontro a tutti.
Se non è possibile (o desiderabile) cambiare gioco o se il tizio lo fa con malizia allora gli si potrà tranquillamente dire: "Non vuoi giocare a questo con noi, non vuoi divertirti con noi in questo modo. Ci si vede quando abbiamo finito di giocare".
In entrambi i casi se il rapporto di amicizia è sincero e reale non dovrebbero esserci problemi: si è amici al di là di quello che si gioca e allontanarsi "dal gruppo" per un paio di settimane non reciderà nessun cordone ombelicale e nessuna amicizia.
Se invece è il classico rapporto farlocco, basato solo sul gioco e su ragionamenti disfunzionali del tipo "io sono un giocatore di ruolo, devo giocare per forza, per giocare sopporto anche gente che mi sta sulle palle", allora verrà rotto... e non sarà una gran perdita.