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Il "limite di Watchmen" [era Wish-fulfillment]

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Leonardo:
Allora anche io ripropongo una domanda già fatta: come mai se il fantasy provoca automaticamente questa presa di distanza dalla materia trattata, Jesse Burneko continua a ritenere che Sorcerer sia il miglior strumento per il gioco passionate che tanto lo attira?

Qui nessuno critica il fatto che il fantasy (in senso esteso) possa essere utilizzato come meccanismo di presa di distanza. Si critica piuttosto la generalizzazione di tale affermazione e il ritenerla ineluttabile e universalmente valida, e si critica soprattutto l'idea che tale presa di distanza equivalga automaticamente ad una diminuzione dell'impatto emotivo della storia sullo spettatore. L'impatto emotivo è legato all'interesse del tema trattato e risente in larga misura delle esperienze personali e della sensibilità dello spettatore.

Matteo Suppo:
Qual'è la materia trattata da Sorcerer? E' qualcosa di riproducibile anche senza gli elementi fantastici?

Mauro:

--- Citazione ---[cite]Autore: Ashrat[/cite]Posso ipotizzare che sia perché se leggo di un massacro in un campo profughi mi indigno, mi incazzo, rifletto sulle responsabilità, ipotizzo conseguenze. C'è un livello intelettuale che si sovrappone a quello emotivo, un distacco "brechtiano" che mi impedisce identificazione e catarsi. Le tutine di Watchmen mi permettono di fare a meno per un po' del senso critico, di immergermi nel dramma e nelle emozioni, di rimandare a un secondo momento, a una futura riflessione le implicazioni politiche e sociali
--- Termina citazione ---

Ma indignarsi e incazzarsi sono emozioni.
Sottolineo però che il mio discorso non è semplicemente "Il fantasy si sente di meno"; vedete il mio messaggio riportato in apertura, dove approfondisco un po' di più la cosa.

Mauro:
Un'aggiunta che mi è venuta in mente rispondendo a un'altra discussione: per me indignarsi e incazzarsi sono due reazioni emotive (lo dico pensando a questo messaggio, dove Ashrat dice che ci sono opere fantastiche che lo emozionano più di quelle realistiche, ipotizzando "che sia perché se leggo di un massacro in un campo profughi mi indigno, mi incazzo, rifletto sulle responsabilità, ipotizzo conseguenze"); se leggo di un padre Elfo che abusa della figlia Mezzelfa mi può dare fastidio, ma il fatto che non siano eventi veri, su personaggi che non possono essere veri, credo possa inserire un filtro, rispetto a quando leggo Don't Tell Mummy, la storia vera di una di cui il padre ha abusato per sette anni (da quando lei ne aveva sei). Se il secondo mi fa incazzare, e il primo mi dà fastidio... la reazione emotiva è stata filtrata.

Non dico che il sovrannaturale sia automaticamente una valvola di sfogo, non ne sono certo; anzi: se ambientiamo una storia nel nostro mondo, aggiungendoci cani viola... sono sovrannaturali, ma quando un personaggio muore dubito che i cani viola abbiano rilevanza.
Ma quando il sovrannaturale va a toccare i personaggi, quando ha rilevanza nelle vicende che vanno a toccare il lettore, allora tale filtro emotivo può benissimo entrare in scena.

Leonardo:
Mauro mi ricordo cosa avevi detto in quel messaggio e le mie considerazioni sono contenute nel post che ho scritto ieri. In sintesi penso che l'umanità del personaggio e la sua capacità di definirsi come protagonista interessante sia legata ai suoi problemi, molto più che alle sue capacità. Finché il problema è "riconoscibilmente umano" e finché le doti del personaggio non gli consentono di risolverlo senza tribolare allora per me è perfettamente possibile empatizzare col personaggio (il che non significa però che ciascuno di noi lo farà necessariamente).

Matteo, la materia trattata da Sorcerer è perfettamente riproducibile senza gli elementi fantastici (anche se ovviamente a quel punto il gioco non sarebbe più Sorcerer), come lo è qualunque altra storia che tratti temi cari all'essere umano. Ma sinceramente non vedo come questo sia rilevante ai fini della discussione in corso. Il punto è che esiste già almeno un controesempio.

In ogni caso sopra ho riportato esempi di film e anime i cui personaggi, pur essendo decisamente più competenti della media degli esseri umani (quando non addirittura parzialmente alieni, come nel caso di Claymore) sono stati per me emotivamente molto coinvolgenti, per ragioni che sono fondamentalmente legate alle mie esperienze e sensibilità:

edit per crosspost: Mauro, la storia vera è un'altra cosa ancora. Finora abbiamo parlato di storie che includono elementi "superumani" e storie "minimaliste" che includono solo elementi riconoscibilmente umani. Quando la storia è tratta da un fatto realmente accaduto entra in gioco un meccanismo ulteriore che definirei come "il potere della documentazione". E' un fenomeno che sarà familiare a chiunque si interessi di fotografia. Questo meccanismo entra in gioco anche quando non siamo neppure di fronte ad una storia o un'opera di fantasia: è la ragione per cui mi emoziono quando guardo Schindler's List e provo un forte senso di nausea mentre guardo un filmato girato da un elicottero i cui piloti stanno uccidendo civili iracheni come se fossero formiche mentre chiacchierano augurandosi che uno dei feriti compia un gesto interpretabile come minaccia in modo da poterlo finire una volta per tutte.

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