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cercasi definizione di parpuzio
Moreno Roncucci:
Mi associo alla domanda di Mauro: così non stai pre-narrando il conflitto?
(per una approfondita disamina della questione, cito ancora il thread
[PTA] Players wanting their PCs to fail?
dove si confrontano tre maniere di gestire i conflitti in AiPS: uno corretto, uno funzionale ma che non è più AiPS e che somiglia più ad una "scrittura a più mani" che ad un gdr, e uno disfunzionale. E c'è pure una citazione dal forum di Narrattiva!)
Su questi aspetti di gioco verte molto il concetto di "play passionately" di Jesse Burneko, che sta venendo lentamente spiegato mano a mano nel blog dedicato. Fra gli articoli finora segnalo "The Slippery Slope of Stakes"
(a proposito di Jesse Burneko... confrontare i suoi primi post nel 2001-2002, in cui a volte Edwards persino perdeva la pazienza e lo "bastonava" verbalmente, e in cui era frustratissimo per l'incapacità di riuscire a giocare come voleva nel suo gruppo, con il Jesse Burneko attuale che scrive articoli divulgativi sul narrativismo e sui vari giochi e che fa famose e affollate demo di vari giochi alle convention, è.. quasi esaltante. Dà fiducia sul fatto che queste cose si possono imparare e si possono fare. Basta volerlo.)
Leonardo:
Stabilire la posta di un conflitto nella forma "se vinco io allora A, se vinci tu allora B" non equivale automaticamente a prenarrare il conflitto. Altrimenti giochi come The Shadow of Yesterday e Burning Empires sarebbero condannati fin da principio.
Il punto, a mio avviso, è che il sistema di risoluzione (in un gioco narrativista) deve assolvere almeno tre funzioni fondamentali:
- produrre un'evoluzione significativa e dinamica della situazione in corso
- sottrarre al singolo giocatore il controllo assoluto dell'esito del conflitto (e quindi delle sue conseguenze)
- preservare la possibilità per il giocatore di fare scelte tematiche relative al PG che controlla
Il problema del "frontloading of theme" di cui parla Jesse riguarda quei giocatori che hanno a priori una chiara idea della direzione in cui vogliono far procedere la storia e non sono disposti a rinunciarvi per alcun motivo, e si adoperano quindi per evitare in ogni modo outcomes indesiderati che andrebbero a rompere le uova nel loro paniere. In gioco pare che questo problema si manifesti principalmente in due modi:
1) I giocatori si accordano attivamente per evitare di tirare in ballo il sistema di risoluzione quando invece, da regolamento, dovrebbero ricorrervi. Per esempio quando esiste nella fiction un evidente conflitto di interessi fra personaggi ma i giocatori non attivano il sistema di risoluzione dei conflitti accordandosi invece su una soluzione che accontenti entrambi
2) Una progressiva escalation nella negoziazione della posta in gioco che si trasforma presto in una lotta fra giocatori per il controllo della storia. Quando finalmente i giocatori arrivano ad un accordo sulla posta il conflitto che sta per essere risolto non ha più niente a che vedere con quello iniziale. Ci si è invece assestati su una posta ben "più spostata in avanti" e tutte le "poste intermedie" che sono state suggerite durante i passi della negoziazione sono entrate a far parte a tutti gli effetti dello Spazio Immaginato Condiviso. Esempio:
Giocatore1: Se vinco io A
Giocatore2: Ok, se invece vinco io B
Giocatore1: Ah sì?! Allora se vinco io C
Giocatore2: Eh no! A questo punto se vinco allora voglio D
...
Alla fine
Giocatore1: Se vinco allora W
Giocatore2: E se invece perdi allora Z
Entrambi: Ok, tiriamo i dadi
E nel frattempo A, B, C, D, .... sono dati per scontati come avvenuti effettivamente. Il conflitto ha cambiato natura.
Edwards ha battezzato questo fenomeno con il nome di "chesting"
Nota: esistono modi per rendere funzionale il caso 2 appena discusso. Ad esempio la negoziazione in Polaris funziona su un principio simile e riesce ad essere funzionale perché esistono meccanismi che rompono questo circolo vizioso senza necessariamente dover arrivare ad un "accordo" fra i giocatori. Se non sbaglio Edwards (eh sì, sempre lui :D)parla di meccaniche di "de-escalation".
Quello esposto da Gabriele mi sembra più un sistema con fortune at the end piuttosto che una prenarrazione del conflitto.
Claudia Cangini:
--- Citazione da: "Moreno Roncucci" ---
Su questi aspetti di gioco verte molto il concetto di "play passionately" di Jesse Burneko, che sta venendo lentamente spiegato mano a mano nel blog dedicato. Fra gli articoli finora segnalo "The Slippery Slope of Stakes"
Colgo la palla al balzo e mi riaggancio questo post per proporre, come spunto di riflessione, proprio un recentissimo post di Jesse su Story Games in un thread su The Pool.
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Why does no one know how to play games like The Pool and Primetime Adventures? Everyone thinks these are foo-foo co-operative, let's all negotiate Stakes so everyone is happy storytelling games. These are RUTHLESS and BRUTAL games of unintended consequences. The trade off for resolving everything in one go is that the suspense is transferred to the unknown consequences of either success or failure as decided by whoever ends up with narration.
You should fear, FEAR, the High Card player in Primetime Adventures even if you succeed. Sure, you get your goal but High Card says how and what the consequences of you doing so are. This is an under utilized and under appreciated feature of the game. In The Pool the player should be eye-ing that die and thinking, "I could really use that extra die in my pool, but do I REALLY want to the GM to dictate how this happens?"
Jesse
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Forse Jesse ha ragione, forse eccediamo nel sottolineare sempre gli aspetti collaborativi di questi giochi e non evidenziamo sufficientemente quelle parti delle regole che richiedono distinzione dei ruoli per una SANA contrapposizione tra giocatori.
Certo, il post qui sopra estremizza un po' le cose per spiegare il suo punto di vista, ma il concetto che esprime mi sembra mi sembra molto valido e potenzialmente stimolante di ulteriori riflessioni.
--- Termina citazione ---
Gabriele Pellegrini:
[NOTA]
Credo che sto andando OT però :(, magari è meglio trasferire questi post in un nuovo topic?
[FINE NOTA]
--- Citazione ---[cite] Domon:[/cite]molto buona l'idea del regolamento ibrido
--- Citazione ---Caso 2) Il giocatore dice
Moreno Roncucci:
--- Citazione ---[cite] Claudia Cangini:[/cite]
Forse Jesse ha ragione, forse eccediamo nel sottolineare sempre gli aspetti collaborativi di questi giochi e non evidenziamo sufficientemente quelle parti delle regole che richiedono distinzione dei ruoli per una SANA contrapposizione tra giocatori.
Certo, il post qui sopra estremizza un po' le cose per spiegare il suo punto di vista, ma il concetto che esprime mi sembra mi sembra molto valido e potenzialmente stimolante di ulteriori riflessioni.
--- Termina citazione ---
Il problema credo che sia la divisione dei vari momenti di gioco. E' difficile spiegare a parole come si possa collaborare allegramente tutti insieme in un gioco in cui poi ci si fanno le peggio cose (e parlando di "peggio cose", nel narrativismo, non si parla di "gioco per batterti con ogni mezzo", ma invece "ti distruggo la vita, ammazzo la famiglia, riduco in schiavitù, etc" cioè le cose che alimentano i drammi). In pratica è semplicissimo, si tratta solo di applicare le regole del gioco e non trasferire queste cose dal piano della narrazione al piano reale (dove si continua a collaborare, dando persino consigli su come far più male al proprio personaggio), è spiegarlo che è difficile. Se si pone l'accento su quanta collaborazione comporti il giocare a questi giochi, si immaginano che sia una specie di scrittura collettiva dove ogni cosa viene decisa unanimemente con tutti d'accordo. Se invece si parla di come, nel piano del gioco, ci debba essere vera e feroce avversità, sembra che anche i giocatori si guardino in cagnesco e si odino. Siamo ancora troppo immersi in una "cultura dei gdr" dove il personaggio è "il mio personaggio" (pronunciato con voce offesa e risentita e un po' infantile) "sono io e guai a chi me lo tocca!"
Cito riguardo a PTA in particolare un brano di Edwards dal thread linkato nel mio ultimo post:
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Here's an important thing to think about with PTA especially: what is resolved through narration alone, after the draw, that isn't resolved by the draw. I like to think of these as equivalent to fallout in Dogs, but in a wider scale that includes consequences to others and to things as well.
I bring it up because you mentioned the ever-stumping "look good" vs. "win the fight" issue regarding the conflict at hand. Clearly, in this situation, prior to the specification of the conflict, the character either will or will not win the fight and will or will not look good. The interesting thing about specifying, to me, is that the other option is now in the hands of the narrator - who may well not be the person who wins the conflict nor the person playing the character.
Let me give an example ... OK, Taffy the Lich Slayer has figured out that the wicked vampire has been biting the new, shy kid at school, and the kid is on the cusp of going all-the-way vamp. Taffy bursts into the kid's home, and there he is, about to bite into the neck of his mother! Taffy's player has a lot to choose from, in the blink of an eye (and better done intuitively, as I see it). "I leap over there and ...
... bash him! I'm gonna wrestle him down!"
... save the mom from being killed!"
... plead with him to reverse the turn-into-vamp process through force of will!"
... really look like hot stuff to Seraph!" (Seraph being the hunky and morally-ambiguous almost-boyfriend who's arrived as well)
The fun thing is, only one can be the honest-to-God, draw-cards conflict. The outcome of the others are totally up to the person to whom the narration falls. This is very important to me when playing PTA and I enforce it pretty hard. It means, for example, that if the conflict is (for instance) saving the mom, then the fight cannot be dictated as a win or lose prior to the draw.
What I'm saying is that I've seen PTA play reported in which a ton of that stuff seems to get resolved in some kind of story-conference dialogue prior to the card draw, again, leaving the final narrator with little or nothing to do - which I think usually yields a limping, basically low-function kind of freeform as the primary medium of play. (At most, it makes exactly one person happy, the one who likes to spin out stuff that happens for everyone else to listen to, or who likes yap-until-we-agree negotiations about what happens.)
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(Ho aggiunto io i grassetti)
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