Autore Topic: Theory 101 - parte1: System and the Shared Imagined Space  (Letto 4698 volte)

Salve a tutti.

Ho tradotto un articolo di M. Joseph Young apparso nel 2005 su Places to Go, People to Be.

[NOTA: Ora sul mio blog sono trovate tutti e tre gli articoli di M.J. Young
http://gdrfree.splinder.com/tag/theory+101 ]

Lo riporto qui come mio piccolo contributo.

[edit]
Ho riuppato il testo con le modifiche che mi ha segnalato Moreno ;)
[/edit]

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Theory 101: System and the Shared Imagined Space
By M. Joseph Young

( testo originale su http://ptgptb.org/0026/theory101-01.html )

Non molto tempo fa in una lista di discussione che frequentavo, qualcuno affermò di essere un freeformer e che perciò non usava alcun sistema di gioco. La mia risposta fu alquanto accesa e gli spiegai dettagliatamente che cos'è il sistema e cosa fa, e perché il freeform è il gioco che più di tutti gli altri usa il sistema, sia esso Theatrix o Fudge o Rolemaster. Qualcun altro postò nella lista dicendo che la mia spiegazione su come funziona un gioco di ruolo era alquanto deprimente e che gli toglieva molto del suo divertimento.

Non ci avevo mai pensato. Molte persone non vogliono sapere che cosa fa funzionare un gioco di ruolo, vogliono solamente giocare e divertirsi. E' come vedere ciò che accade dietro la tenda. Non tutti vogliono sapere come il mago riesce nel suo trucco.

Clash of the Titans [1] è un'avventura meravigliosa per chi non ha idea di come sia stata fatta. Capire l'uso fatto da Ray Harryhausen dello stop motion par animare i mostri può essere affascinante per qualcuno di noi, ma questo toglie qualcosa alla nostra ammirazione mente guardiamo il film, come ad esempio non vedere più l'enorme Gorgone salire dal profondo, ma un modello di dodici pollici sovrimposto alla scena. Allo stesso modo, alcune persone amano guardare sotto il velo dei giochi che giochiamo, per capire cosa stanno facendo e come lo stanno facendo, mentre altri vogliono solo farsi una partita. Se vuoi cercare di fare un film, probabilmente avrai bisogno di capire come determinate cose siano fatte; se al contrario vuoi solo divertirti guardando un film, troverai maggior divertimento nel guardare il prodotto finito senza sapere come è stato ottenuto. Così per alcune persone anche capire come funzionano i giochi nel loro modo fondamentale può interferire con il divertimento di giocarli, ma ciò è assolutamente essenziale per conoscere come progettarli.

Se non vuoi sapere come funzionano veramente i giochi di ruolo non leggere oltre. Non c'è assolutamente nulla di cui vergognarsi nel non voler conoscere la teoria, come nel vedere il mago che taglia la donna in due pezzi senza avere idea di come funzioni l'illusione. Ora ci accingiamo a guardare dietro la tenda per vedere come sono fatte queste cose e come funzionano. Se ciò ti interessa continua a leggere.

Attualmente uno dei punti più importanti che riguarda la teoria del gioco di ruolo è stato introdotto da un sito internet chiamato The Forge [2]. I game-designers operanti in quel sito si stanno basando sul lavoro fatto da altri, e altri teorici, come i designers della Scuola LARP di Turku del nord Europa [3], hanno trovato il loro modo di partecipare a questa discussione. Il lavoro teorico è guidato nella convinzione che una miglior comprensione della teoria produrrà giochi migliori. Molto di quello che sta per essere presentato ha trovato origine o è stato espanso in quel sito.

Il concetto che è emerso come (forse) l'unica caratteristica unificante e distinguente dei giochi di ruolo è quello di Spazio Immaginato Condiviso (Shared Imagined Space). In sostanza, ogni gruppo di gioco si sforza di immaginare gli stessi eventi che si svolgono nello stesso setting immaginato. Certamente ci saranno delle discrepanze tra le singole immagini, ma nel complesso il gioco è capace di procedere perché c'è una comune comprensione su che cosa sta accadendo: un accordo comune sugli eventi del gioco.

Talvolta le persone dubitano che questo spazio immaginato esista veramente. La via più facile per vedere che davvero esiste è considerare se potrebbe essere altrimenti. Improvvisamente il personaggio di Bob sta facendo un duello con Dead-Eye-Dan nelle strade di Laredo, mentre Ann sta pilotando la sua astronave attraverso un campo di asteroidi e chiamando Bob per individuare il nemico, mentre Jim si immagina tutti loro attaccare un drago. Sebbene questo cominci a suonare un po' come giocare a Multiverser [4], il fatto è che anche in quel gioco c'è uno spazio immaginato condiviso, un set di eventi su cui si è d'accordo ed elementi di setting e azioni dei personaggi che interagiscono, anche se frequentemente in scenari multipli. Se non abbiano questo accordo, allora non stiamo veramente giocando assieme.

Il modo in cui arriviamo a questo consenso è il cuore del concetto di sistema. A Vincent Backer [5], autore di giochi innovativi come Kill Puppies for Satan, Dogs in the Vineyard, Animals at Night (NdT: qui è Young ad essere impreciso, il vero titolo del gioco è Nightime Animals Save the World... grazie Moreno!) e Matchmaker, è stato attribuito quello che è divenuto noto come Principo di lumpley (lumpley Principle): <>

Questo principio è la ragione per cui fondamentalmente il freeform e Rolemaster hanno la stessa "quantità" di sistema. Nel gioco qualcuno al tavolo dichiara qualcosa, il sistema viene poi applicato attraverso le menti dei partecipanti e si raggiunge un consenso su come questa dichiarazione abbia cambiato il contenuto di quello che si sta immaginando. Come poi questo avvenga è differente nel dettaglio in un gioco meccanicamente complicato come Rolemaster se comparato con un gioco completamente guidato a livello sociale come il freeform (un genere diverso di complessità), ma essenzialmente sono la stessa cosa.

Quello che il sistema fa, fondamentalmente, è ripartire credibilità. Ossia, fornisce ai partecipanti gli strumenti necessari per stabilire chi ha il diritto di fare determinate affermazione riguardo lo spazio immaginato condiviso e chi no.

Per esempio, nei giochi tradizionali, quei partecipanti che siamo soliti chiamare i giocatori (o chi gioca un personaggio per maggior chiarezza) hanno la credibilità di dire quali azioni compiono i loro personaggi e che parole dicono. Un unico giocatore responsabile per qualsiasi altra cosa, che noi qui chiameremo arbitro ma che ha diversi nomi in diversi giochi, ha la credibilità di stabilire il successo o il fallimento di queste azioni e le conseguenze; stabilisce poi le azioni degli antagonisti e degli avversari e l'aspetto e la situazione generali nel mondo. Chiamiamo questa cosa Credibilità perché noi tutti siamo d'accordo a credere alle dichiarazioni fatte da questi partecipanti quando queste dichiarazioni sono all'interno dell'estensione della loro credibilità. Crediamo che quando un giocatore dice qualcosa a riguardo del suo personaggio questo sia vero all'interno dell'immagine che stiamo condividendo, e che quando l'arbitro fa affermazioni su qualunque altra cosa anche questo sia vero. Queste sono perciò affermazioni credibili. Sebbene ci siano delle eccezioni anche nei giochi tradizionali, i limiti di credibilità seguono di solito in modo abbastanza stretto queste linee. Un giocatore non potrebbe dire: <> Similarmente un arbitro non potrebbe normalmente dire: <> Un giocatore che annunciasse la presenza di una porta verrebbe ignorato nella maggioranza dei giochi, poiché non ha la credibilità per inserire quella porta nel mondo immaginario condiviso. Talvolta un arbitro può farla franca con dichiarazioni sulle azioni dei personaggi dei giocatori, ma i giocatori si aspetteranno che ci sia una buona ragione che giustifichi il fatto che in questa circostanza l'arbitro stia reclamando la credibilità di fare quell'affermazione, e in molti gruppi si chiederà apertamente spiegazione di tale affermazione.

Una volta che questo è stato capito, diventa possibile cambiare il modo in cui la credibilità è ripartita. Per esempio, Universalis [6] elimina interamente la figura dell'arbitro e invece fornisce un sistema di risorse attraverso cui i giocatori fanno offerte per controllare quello che sta accadendo. Numerosi altri giochi indipendenti permettono ai giocatori di creare problemi per se stessi e per gli altri.

Come conseguenza di ciò, è divenuto chiaro che l'arbitro è uno dei giocatori. Il suo ruolo nel gioco è differente dagli altri, ma è un ruolo che può essere definito dalle regole del gioco in molti altri modi. Cambiare ciò che può fare l'arbitro, distribuendo aspetti di credibilità in modi diversi, ha condotto a diverse stimolanti idee nel design di gioco. Possiamo anche vedere che il "game play" è essenzialmente un'attività sociale, costruita interamente sul definire le relazioni tra i membri del gruppo cosicché possano sapere a cosa credere di quello che gli altri dicono e che cosa è permesso loro dire. Perciò un sistema di gioco di ruolo è un set di specifiche modifiche del contratto sociale di un gruppo di amici, un sorta di rituale in cui essi perseguono ciò che ha la specifica funzione di creare questo oggetto di immaginazione condivisa. Questo (il sistema) è un mezzo per rapportarsi con gli altri per perseguire questo scopo.

Nel tentativo di categorizzare le differenti vie per distribuire credibilità Ron Edwards [7] ha portato avanti il concetto di Stance. Autore di diversi giochi - tra i più famosi Sorcerer, Trollbabe e Elfs - il Professor Edwards ricevette il Diana Jones Award [8] per il suo contributo al game design. Il concetto di Stance si riferisce alle relazioni esistenti tra il giocatore, il suo personaggio e il resto dello spazio immaginato condiviso, e fornisce categorie generali all'interno delle quali le specifiche possono variare in maniera considerevole da gioco a gioco o da gruppo a gruppo. Le quattro stance di maggior rilievo sono: Pedina, Attore, Autore e Regista.

La stance di Pedina è abbastanza facile da capire. Il Personaggio è un segnalino usato dal giocatore per agire all'interno del mondo di gioco. Come per un pezzo del Monopoli o di Parchessi, nessuno si preoccupa se l'azione del personaggio abbia un senso. Ciò che importa è che il personaggio faccia quello che il giocatore vuole all'interno del mondo.

La stance di Attore approccia il mondo solamente attraverso il personaggio, ma anche solamente attraverso i desideri percepiti e la personalità del personaggio. Questo è l'approccio di gioco che più dipende da che cosa il giocatore crede che il proprio personaggio voglia "veramente" fare, come se fosse una persona vera in quella situazione, ed è strettamente associato al concetto che molte persone chiamano Immersione. La stance di attore scaturisce dalle percezioni e i pensieri attribuiti al personaggio e confina la credibilità del giocatore al controllo di quel personaggio e all'impatto che quel personaggio può realisticamente avere nel mondo.

La stance di Autore è per molti modi una complicata fusione tra Attore e Pedina. In questo caso il giocatore sta ancora controllando solo il personaggio; tuttavia al giocatore è permesso (e spesso garantito) usare la propria conoscenza e i propri desideri nel prendere decisioni per il personaggio, mentre allo stesso tempo fornisce giustificazioni a posteriori del perché questo è ciò che il proprio personaggio avrebbe fatto. Prendiamo l'esempio di un guerriero rozzo e insolente che non perde occasione per buttarsi in una zuffa; improvvisamente il suo giocatore decide che vuole muoverlo verso un'alleanza con un particolare personaggio non giocante di nobile lignaggio; così quando i due si trovano faccia a faccia sceglie di non combattere, contrariamente a quello che tutti si sarebbero aspettati. Il giocatore giustifica questo dichiarando che il suo personaggio un tempo fu impressionato da qualcuno dal nobile comportamento, oppure che è stato improvvisamente colpito dalla graziosa figlia del Duca, e questo viene a galla nel personaggio in quel preciso momento. Ciò che importa qui è che il giocatore sta permettendo alla propria conoscenza e ai propri desideri di controllare la direzione che prenderà la storia, ma lo sta facendo controllando il proprio personaggio e creando le ragioni per cui il personaggio fa quello che lui desidera. Tutto ciò assomiglia alla stance di Attore al livello che il giocatore controlla solo il suo personaggio e lo fa in modo da preservare l'integrità dello stesso, ma assomiglia alla stance Pedina a livello in cui il giocatore usa il personaggio per perseguire i proprio obiettivi e non quelli del personaggio.

La stance di Regista è moderatamente semplice da capire ma difficile da accettare per la maggioranza dei giocatori. In questa stance il personaggio di un giocatore ha credibilità di creare piccoli elementi nello spazio immaginato condiviso che sono fuori dal controllo del suo personaggio. In sostanza, questa stance fornisce ai giocatori una grande quantità di credibilità solitamente riservata all'arbitro. Eppure è qualcosa che quasi tutti i giocatori di ruolo hanno usato a qualche livello.

Immagina per un momento che un personaggio giocante sia appena entrato in una stanza. L'arbitro dice che appare come la stanza da letto di una donna. Il giocatore poi dice che il suo personaggio si muoverà verso il comò per esaminare i gingilli che ci sono sopra. Si noti che l'arbitro non ha detto che ci fosse un comò o che ci fosse alcunché sopra; il giocatore ha assunto che la stanza da letto di una donna  dovrebbe avere un comò, e che il comò di una donna dovrebbe avere qualcosa posto sopra di decorativo. Egli ha poi affermato incidentalmente che queste cose esistessero e ha richiesto ulteriori informazioni su di esse. Questo è un esempio molto limitato di stance di regista. La maggioranza dei giochi estenderebbero sufficientemente la credibilità del giocatore per permettergli questo genere di affermazioni. Se il giocatore non avesse avuto tutta quella credibilità, avrebbe chiesto se c'era un comò e poi possibilmente se c'era qualcosa che gli impediva di muoversi fino ad esso per dare un'occhiata più accurata, in ogni caso aspettando la conferma dell'arbitro, che è l'unica persona ad avere la credibilità di posizionare quegli oggetti nello spazio immaginato condiviso. Andando nell'altra direzione, un giocatore con maggior credibilità avrebbe descritto che stava aprendo il cassetto superiore, rovistando tra gli incartamenti della donna e trovandovi un pacchetto di corrispondenza che sembrava contenere lettere d'amore, e che se lo intascava per esaminarlo in futuro. Di nuovo, nulla di tutto ciò si trova nelle affermazioni dell'arbitro sul contenuto della stanza, ma un giocatore può avere sufficiente credibilità per creare questi elementi, siccome sono consistenti con quanto è stato dato.

Dando sufficiente credibilità, un giocatore potrebbe creare la porta laterale attraverso cui scappare. Questo è il concetto di stance di regista. Gli arbitri lo fanno tutto il tempo, ma non c'è una ragione particolare per cui i giocatori non potrebbero farlo.

Va detto che non ci sono stance giuste o sbagliate e nessun modo migliore o peggiore di giocare. Ci sono solo preferenze individuali di come fare le cose e considerazioni pratiche su come creare determinati giochi. Tutte queste stance sono la scelta giusta per alcuni tipi di giochi di ruolo. Ciò potrebbe (o non potrebbe) essere un genere che ti divertirebbe, ma le persone si divertono in giochi che fanno queste cose.

Naturalmente, se il sistema è tutto ciò che riguarda la ripartizione della credibilità, che cosa sono le regole? Le dozzine di libri del Original Advanced Dungeons & Dragons sono dunque completamente inutili? Non c'è proprio alcuna differenza tra Aftermath e Amber Diceless? Stanno dunque sprecando le loro energie quelli che creano nuovi giochi alla luce del fatto che le regole in un libro non sono il sistema?

La relazione tra regole e sistema impiegò un po' di tempo per essere sviluppata ed è difficile da comprendere. Le regole hanno autorità, o più precisamente sono autorità. Esse sono autorità nello stesso senso in cui il "case law" (NdT: negli Stati Uniti il case law è una delle fonti del diritto) è un autorità per le corti, o come le scritture sacre sono autorità per le religioni: le persone coinvolte si affidano ad esse e le invocano a supporto delle loro affermazioni, e così accrescono la credibilità di queste affermazioni.

Perciò, per esempio, un giocatore che sta gestendo un ranger in Dungeons & Dragons potrebbe dire che il suo personaggio si appresta ad usare la sua abilità di seguire tracce per capire da che parte sono andati i nemici. Probabilmente questo sarebbe accettato perché interno alla credibilità del giocatore. Comunque, se l'arbitro fosse ignaro del fatto che il ranger ha l'abilità di seguire tracce, il giocatore potrebbe mostrare la sezione di regole in cui tale abilità è spiegata e così dare credibilità all'azione dichiarata.

Si noti che le regole non hanno credibilità. Esse non possono fare affermazioni su loro stesse, ma possono essere citate da una persona con credibilità. Inoltre, l'autorità delle regole è oggetto della credibilità delle persone che partecipano al gioco. Può un ranger seguire le tracce di un avversario per mare? Qualcuno ha la credibilità di decidere se applicare le regole e come esse debbano essere interpretate. Ci potrebbe essere una regola da qualche parte nel libro che copre questa situazione, ma se nessuno la usa, essa non fa parte del sistema, e così non ha influenza su quello che viene reciprocamente immaginato.

Quando riconosciamo che le regole sono delle autorità usate a supporto della credibilità delle dichiarazioni fatte dalle persone, è un piccolo passo per realizzare che qualsiasi altra cosa che sta fuori dalla mente e dalle dichiarazioni delle persone è al meglio un'altra autorità. Il dado non fa parte del sistema, ma è bensì un'autorità a cui ci si può appellare per determinare un esito. Se l'arbitro può o non può ignorare il dado è invece parte del sistema; ma usando il dado ci stiamo appellando all'autorità del dado. Questo si applica anche a grafici e tabelle, schede dei personaggi, descrizioni del mondo, moduli e supplementi, e alla grande quantità di altri supporti che contengono informazioni che usiamo nel gioco. Stiamo usando il vero sistema di gioco ogni volta che decidiamo che cosa succede nella nostra realtà immaginata; se usiamo dadi, grafici, punteggi di abilità o [skill ratings], ci stiamo appellando all'autorità di supportare quelle decisioni, ma siamo comunque noi giocatori quelli che hanno il potere di decidere.

In conclusione, un gioco di ruolo è una conversazione tra un gruppo di persone nella quale esse descrivono agli altri certi eventi immaginati che esse creano nel modo in cui li descrivono. Ogni altra cosa che noi vediamo come parte del gioco esiste per supportare questa attività e per determinare quali affermazioni, circa quello che sta accadendo, saranno accettate da tutti quanti.

Se la tua reazione a questo è, "E' tutto qui?" avrai le mie condoglianze. Nel senso che sì, questo è tutto. Comunque, questo è il segreto più potente del game design che è stato fino ad ora scoperto, e in base al livello in cui tu riuscirai a capire, supportare ed esplorare questo concetto centrale, potrai progettare o giocare un grande gioco.

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M. Joseph Young is author game books and novels for Multiverser: The Game, and a prolific contributor to role playing game literature. Among his online work is his long-running Game Ideas Unlimited series at Gaming Outpost, Faith and Gaming series in the Chaplain's corner of The Christian Gamers Guild, and the three-part Law and Enforcement in Imaginary Realms in this e-zine, beginning with The Source of Law in issue nine.


Riferimenti

[1] In italiano "Scontro di Titani", regia di Desmond Davis, 1981, http://it.wikipedia.org/wiki/Scontro_di_titani.
[2] The Forge Home Page, http://www.indie-rpgs.com/
[3] The Turku School of Roleplaying, http://www2.uiah.fi/~mpohjola/turku/
[4] Multiverser Home Page, http://www.mjyoung.net/
[5] Vincent Baker Home Page, http://www.lumpley.com/
[6] Universalis Home Page, http://www.indie-rpgs.com/ramshead/
[7] Ron Edwards Home Page, http://www.adept-press.com/
[8] The Diana Jones Award for excellence in gaming, http://www.dianajonesaward.org/
« Ultima modifica: 2009-03-14 13:01:56 da Gabriele Pellegrini »

Moreno Roncucci

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« Risposta #1 il: 2008-06-08 18:35:24 »
Ciao, Gabriele!

Grazie della traduzione! Tradurrai anche gli altri articoli divulgativi di M. Joseph Young su Places to Go, People to Be?

Alcune note:

1) E' "Spazio ImmaginaTO condiviso" ("Shared Imagined Space", non "Shared Imaginary Space"). Pare una differenza pedante e semantica ma non è invece cosa da poco. Tanto che i due concetti esistono entrambi in teorie diverse.  Uno indica la condivisione (a livello sociale, tramite il dialogo) di cosa hanno immaginato i giocatori. L'altro indica l'esistenza di una realtà immaginaria coesistente con la nostra...

2) "In essence, any group of players is making an effort to imagine the same events occurring in the same imagined setting." = "In sostanza, ogni gruppo di gioco si sforza di immaginare gli stessi eventi che si svolgono nello stesso setting immaginato"

3) Qui è Young che si è sbagliato, Baker ha scritto "Nightime Animals Save the World" (che trovate qui), non "Animal at Night"   8)

4) Nel "principio di lumpley", lumpley va con la minuscola...   :wink:

5) "La stance di Pedina è abbastanza facile da capire. Il Personaggio è un gettone usato dal giocatore per agire all'interno del mondo di gioco". Direi che "token" in questo caso si traduce meglio con "contrassegno", o ancora "pedina".
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Moreno Roncucci »
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Niccolò

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« Risposta #2 il: 2008-06-09 01:31:55 »
Citazione
Il Personaggio è un gettone usato dal giocatore


"segnalino"
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Domon »

Mattia Bulgarelli

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« Risposta #3 il: 2008-06-09 09:45:46 »
Citazione
[cite] Domon:[/cite]
Citazione
Il Personaggio è un gettone usato dal giocatore


"segnalino"


"Pedina"? Mi dà più il senso di "oggetto senza volontà propria, da usare o muovere", per contrasto con l'Actor Stance che s'interroga su una presunta plausibile volontà del PG.

Inoltre, il gioco Parcheesi non è quello che in italiano è stato edito come Non T'Arrabbiare? O sbaglio?
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Korin Duval »
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Niccolò

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« Risposta #4 il: 2008-06-09 10:50:50 »
Citazione
"Pedina"? Mi dà più il senso di "oggetto senza volontà propria, da usare o muovere", per contrasto con l'Actor Stance che s'interroga su una presunta plausibile volontà del PG.


non è che non vada bene, ma non è mai una buona idea quando cerchi terminologie precise tradurre due parole diverse (come pawn e token) con la stessa parola (come pedina)

no?
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Domon »

Theory 101 - parte1: System and the Shared Imagined Space
« Risposta #5 il: 2008-06-09 11:27:57 »
Grazie Moreno e grazie ragazzi per i consigli, effettivamente certe frasi le ho complicate più di quello che serviva :)

La versione corretta con le vostre indicazioni la trovate sul mio blog, se volete la riporto anche qui (?)
http://gusgdr.splinder.com/post/17399429/%5Btraduzione%5D+Theory+101%3A+Syste

Per quanto riguarda gli altri due articoli di Young, potrei pensarci. Di "The Impossible Thing Before Breakfast" ho riportato, sempre sul mio blog, un riassunto in italiano. Per l'ultimo articolo di teoria 101 mi sto attrezzando. Fondamentalmente lo faccio a tempo perso per tenere allenato il mio inglese :)
Quindi si vedrà ;)
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Gabriele Pellegrini »

Niccolò

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« Risposta #6 il: 2008-06-09 11:41:58 »
Citazione
La versione corretta con le vostre indicazioni la trovate sul mio blog, se volete la riporto anche qui (?)
http://gusgdr.splinder.com/post/17399429/%5Btraduzione%5D+Theory+101%3A+Syste


non la posti su gdri?
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Domon »

Theory 101 - parte1: System and the Shared Imagined Space
« Risposta #7 il: 2008-06-09 11:52:12 »
Gdri da due giorni è defunto :( lo farei sicuramente altrimenti :)

Cmq questo articolo mi ha chiarificato molte cose, lo trovo molto valido, poi non so quanto sia al passo con l'attuale teoria.
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Gabriele Pellegrini »

Niccolò

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« Risposta #8 il: 2008-06-09 12:21:55 »
Citazione
Gdri da due giorni è defunto Sad


rinato.

e, si, è ancora una delle basi della teoria.
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Domon »

Theory 101 - parte1: System and the Shared Imagined Space
« Risposta #9 il: 2008-06-09 12:31:38 »
Se è una delle basi va bene, quello che dicevo è che magari non fosse proprio un "mattone sostituito".

Cmq io non riesco ancora ad accedere a GDRi :|
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Gabriele Pellegrini »

Moreno Roncucci

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« Risposta #10 il: 2008-06-11 05:48:22 »
Le stance sono le "basi" della teoria in senso..  storico!  Infatti, sono state fra i primi concetti espressi (in questa forma) negli articoli di Edwards (dico "in questa forma" perchè il concetto di stance esisteva anche prima, nato dalle discussioni nei newsgroup americani. Edwards ha però proposto una maniera diversa di dividerle e di chiamarle). Adesso sono invece diventate un po' "periferiche", relegate a livello di ephemera (gli avvenimenti "spiccioli" di gioco che capitano in ogni momento), mentre la teoria considerava invece intervalli di gioco sempre più lunghi.

Perchè a livello di "ephemera"? Perchè in pratica tutti quanti saltiamo continuamente da una stance all'altra. Non esiste nessuno che non usi mai e poi mai la director' stance, per esempio: anche il più sfegatato immersionista Turku ogni tanto fa affermazioni sull'ambiente circostante, fosse anche pure "bella giornata, vero?" senza chiederle al master. Quindi quando dici che stai usando la author's stance intendi "in questo istante"

La parte più bella ed interessante dell'articolo è la spiegazione, veramente chiara e semplice, dei concetti di Autorità e Credibilità (che avevo già toccato in questo post), questi veramente fondamentali nel Big Model, che vengono spesso dati per scontati nel principio di lumpley invece di essere esaminati.

Ho letto il commento che hai fatto su the Pool nel tuo blog, e mi sa che stai considerando il "livello" sbagliato nel big model: quello che cambia nelle varie partite di The Pool è la distribuzione delle autorità narrative.

Cosa vuol dire? Che in un certo gioco i giocatori avranno maggiore o minore autorità sulla backstory, e quindi potranno, quando usano il monologo di vittoria, modificare più o meno il contenuto della backstory.

Quando usi un monologo di vittoria, il sistema di concede di giocare quella scena (ephemera) in director stance con una maggiore autorità di quella che avevi prima, ma quanta? Dipende appunto da quanta autorità narrativa hai.

Esempio: fuori dal MdV, anche se per un istante giochi in director' stance, puoi aggiungere solo pochi dettagli inessenziali (tipo dire che accendi il riscaldamento, senza chiedere al master se c'è un riscaldamento nll'appartamento dove ti sei nascosto). Quando vai in director's stance dentro ad un MdV, invece, potresti persino dire che vinci quel conflitto perchè un bulldozer sfonda il muro. Poi, Edwards gioca con il MdV che può solo trattare il conflitto e gli avvenimenti che lo circondano (autorità narrazzionale, con la minima autorità sul content necessaria per poterla usare), mentre l'autore concede pure autorità sul content (il bulldozer è guidato da una spoa russa di nome Ivan che ti segue per ordine di Stalin)

Il fatto che sei in director's strance in quel momento non cambia. Cambia la tua autorità narrativa in quel momento.

[e sì, le quattro autorità narrative non sono altro che "blocchi" in cui è divisa la credibilità di fare affermazioni su elementi della SIS.  Sulla eventuale importanza del fatto che sono chiamate "autorità narrative" e la teoria parla di "autorità" data da testi, non mi pronuncio per adesso, non ne so ancora abbastanza, le autorità narrative sono state finora solamente accennate in un paio di thread da Edwards]
« Ultima modifica: 1970-01-01 01:00:00 da Moreno Roncucci »
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