L'esempio della storia d'amore è un classico, ed è stato visto al tavolo molte volte.
Difficilmente un gioco tradizionale avrà meccaniche reali per gestire l'interiorità dei personaggi, o regole che coinvolgano questa interiorità veicolandola direttamente nel SiS.
L'esempio classico che mi mi viene in mente è giocare una storia d'amore in D&D 3.5. Di questo caso particolare io ho vissuto due varianti PG con PG oppure PG con PNG. In entrambi i casi, per vivere questa storia d'amore, si sono usate tecniche che non rientrano in quelle usate da D&D. Non mi importa in quanti vadano in giro a sostenere di poter giocare storie d'amore con D&D... non è semplicemente possibile, non esistono le meccaniche per farlo. Quando si ha l'impressione di farlo si è semplicemente usciti dal gioco, si sono chiusi i manuali e, in un momento che il gruppo ha scelto di chiamare "sessione a D&D" si sta facendo altro, che non appartiene però a quel gioco, e non ha alcuna regola, se non un contratto sociale non definito e spesso non definibile: il gioco non da indicazioni di alcun tipo su questo argomento. E cosa si fa, in questi casi? Decide il master!
In questo caso cosa succede? Il rapporto da due diventa a tre: se la faccenda si risolve tra due PG e il master è d'accordo (o indifferente) questi decideranno per conto loro. Nella migliore delle ipotesi entrambi saranno d'accordo a giocarsi la storia d'amore, e finisce lì, si scambiano due cazzate, due chiacchere, e tutto quello che si è fatto difficilmente influirà significativamente sul gioco, è tuttalpiù un piacevole intermezzo. È più facile che a uno dei tre non glie ne freghi mezza. Risultato: "Tu non sai giocare! Roll-player/Attore mancato!". Se due giocatori sono coinvolti ed è il master invece ad ostacolare (magari ha scritto una bellissima avventura in cui, però, la storia d'amore non c'entra) la cosa è ancora più marcata. In tutti i casi... è la fine, il gruppo scoppia per pressione interna. L'abilità in questo caso, da sviluppare, è non pestare i calli agli altri giocatori, e l'azione è classificabile come da Teorema Gelli a seconda della tua abilità a fare questo.
Il che ci porta all'abilità principe di un giocatore di tradizionali.
Il caso più comune è la storia d'amore tra PG e PNG. In questo caso la riuscita o meno del tuo intento è dipendente da quanto questa sia corrispondente all'idea che il Master si è fatto della storia. L'azione è tanto più difficile quanto più il master (e solo lui) ritiene sia giusto per la tua storia. Al massimo puoi fargli capire sottilmente quanto per te sia importante, ma sta a lui accettare o meno, e solitamente non lo farà. Il pensiero tipico, in questo caso (e parlo per esperienza personale: l'ho fatto) è: "Rendiamogli un po' la vita difficile, facciamolo sudare", senza altre considerazioni.
Apparentemente esistono giochi tradizionali che invece hanno meccaniche di questo tipo, come, chessò, Vampiri. Però qui l'illusione che Vampiri e D&D siano giochi diversi e non un unico, grande pentolone a Sistema 0, è terribilmente sottile. In Vampiri, data l'ambientazione emo-sentimental-romantic-gothic-porn, hanno inserito le regole per la "seduzione": una serie di tiri contrastati (che, tra parentesi, quando il master inizia ad usare contro di te è una goduria: "Mi spiace, ma l'anziano toreador ha millemila in carisma e settordici in seduzione, ora sei il suo schiavo sessuale per il resto dell'eternità. Bella la mia storia, vero?"). Tutto bene, no? La difficoltà è obbiettiva, data dal sistema, vero? No. La difficoltà è data sempre dal master, dato che è lui e lui soltanto, in base al suo criterio estetico a decidere quanto sarà difficile, e i risultati che avrà la tua azione, esattamente come faceva con D&D, e come farebbe in un qualunque altro gioco che implementi il Sistema 0.
Qui il cerchio si chiude: ogni singola decisione rilevante in questa situazione (ed in ogni altra) è sempre stata presa dal Master, che ha su di sé l'enorme onere di gestire tutto e soddisfare tutti. Una cosa del genere i problemi li chiama, è inevitabile.