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Solipsist - Gioco

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Marco Costantini:
E' che non mi pare sia scritta un granchè chiaramente. Passato domani (che lavorerò come un porcellino da ingrasso :( ) mi rimetto (per l'ennesima volta) a leggerla.

Ah! E Buon Natale!!! :)

Fabio Succi Cimentini:
Grounding

La stessa sera - dopo che l'ha salutata, dopo che si sono abbracciati un'ultima volta - Celeste ritorna alla porta di casa. Col suono del motorino di Diana che svanisce, l'odore di polvere nella strada che sembra scuoterlo da una sorta di sogno, spinge la maniglia - ecco il solito cigolio – ed ed entra. C'è la puzza di birra e Sergio è sulla poltrona con gli occhi semichiusi e un braccio penzolante dallo schienale. A sentire il cigolio volta la testa di due centimetri o poco più, null'altro.

“Hai dormito un po'?”, esordisce il figlio piano. Gli sorride debolmente, non tanto per il timore – c'è un altro momento migliore per sentirsi sicuro al di fuori di questa sera? - quanto per la stanchezza. Chiude piano la porta dietro le spalle per poi riavvicinarsi alla poltrona.
“Hai idea di che ore siano..?”, biascica Sergio cercando solo dopo qualche secondo di assumere una posa dritta da seduto. Un altro minuto in cui il figlio posa le sue cose a terra, all'uscio della sua camera, e si siede davanti a lui con qualcosa tra le mani, e lui fa per alzarsi in piedi. “Diamine, se mi lasciassi dormire senza doverti...”
“Dammi attenzione un momento, papà.” Celeste spiega quello che ha fra le mani: un assegno. L'uomo, con la testa che gira ancora per l'ultima combinazione tra birra e posa stravaccata, sbatte gli occhi per concentrarsi sulle cifre.
Celeste si trova davanti uno sguardo incredulo, quasi quanto quello di Diana.

“Dimmi quanto ci serve per pagare quegli uomini.” Ha un tono quasi paterno, il figlio: come l'affetto che avrebbe dovuto dargli, ma nonostante l'assenza di questo non s'è inaridito. “E un'altra cifra per mantenerci abbastanza da non dovere indebitarci mai più. Prendi quanto credi che servirà, immagino che il resto sarà ancora tanto per l'oratorio.” Sorride davanti alla sua espressione ancora inebetita, lasciando che Sergio prenda il tempo che gli serve per allungare mani tremolanti verso l'assegno e fissarlo ancora sbigottito.
“Stasera... tu...”
“Sì, era stasera che puntavano i miei allenamenti inutili.” Più che sottile ironia è sempre un che di dolce, anche se Celeste si sente stanco; vorrebbe almeno un piccolo gesto d'affetto dal padre, come dovrebbe essere nella norma, anche se sa che è troppo aspettarselo, perchè in fondo lui non è normale.
Ma perchè non pretendere qualcosa, ora che tutto il peso – Diana, Sergio, l'oratorio, il suo ego – si fa sentire e gli occhi si abbassano e pretendono il sonno?
Alzandosi, il ragazzo mette piano una mano su una spalla del padre. “La prossima volta vieni a vedermi, per favore. Mi farebbe piacere, nonostante tutto il muro fra noi.”

E caracolla verso la camera, giusto in tempo per sentire Sergio borbottare qualcosa con quella voce ormai accartocciata dall'alcool.
“Grazie”, gli sembra di sentire; e magari è davvero così.

Effetto: cancellare uno strappo

E fra poco la Parte 3 :D

Marco Costantini:
Perfetto, bello, mi piace :)

Una considerazione: l'assegno non è una cifra astronomica. In fondo si tratta di un concorso per ragazzi che cantano "classica". Diciamo che sicuramente bastano per tenere buoni quei loschi individui e avanza qualche migliaio di euro (a sentimento mi viene da dire intorno ai cinquemila) da mettere in banca. Ma nulla che vi permetta di vivere da nababbi e fare una generosa donazione all'Oratorio.
A meno che la realtà non venga cambiata ;)

Edit: ricordati di aggiornare la scheda togliendo lo Strappo.

Fabio Succi Cimentini:
Pardon; per una serie di cose non ho ancora scritto l'inizio scena; dovrei riuscire a farlo entro domani pomeriggio.

Fabio Succi Cimentini:
Villa Krall - sicuramente non ha questo nome, deve essere qualche famiglia di suono secentesco o ancora prima - è ancora più maestosa e tranquilla quando non c'è la figlia di casa. Celeste ha scelto apposta il momento in cui sa che lei ha altre prove, perchè non è lei che cerca ora.
Il capo domestico, che ha già incontrato, lo ha fatto fermare nel giardino accanto alla fontana forse neoclassica. Sfiora il marmo con due dita prima di sentire passi e voltarsi.

"Signor Krall."
Albert K. in persona, in maniche di camicia che nonostante tutto porta con assoluta eleganza, lo raggiunge a passi ampi. E' più imponente di quanto Celeste non pensasse, e anche la sua stretta di mano è salda come quel marmo tanto vicino.
"Sei peculiare, ragazzo. Neanche il tempo di godervi la vittoria, tu e mia figlia, e già vuoi vedermi tutto in privato come un agente segreto." Il tono allegro gli sembra nascondere un che di imperioso; è un uomo che arriva al punto. E protettivo. "Devi parlarmi di lei?"
Ma lui non sposta gli occhi; si limita a scuotere la testa.
"No, signore, Diana non c'entra." Tiene le mani vicino alle tasche. "Voglio capire invece lei stesso. Ha messo gli occhi sul mio quartiere, e vorrei capire i suoi progetti."

Ho seguito alla lettera la tua raccomandazione di essere aggressivo :°D E diciamo che Celeste non pecca di sottigliezza in questi momenti.

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