[size=20]FASE 10: CRISI (Parte 2)[/size]
Qualche giorno dopo. Un ospedale della capitale. Una stanza con macchinari che con un ritmo costante emettono rumori e suoni.
Su quel letto, Anston, ancora avvolto in bende e poco cosciente. Dorme tranquillamente.
Vicino la porta, un'infermiera nel suo vestito bianco, corti capelli neri, alta, che parla con una persona vestita di nero, molto elegante. Sta esaminando un documento.
"Si, sembra tutto in regola, ma sicuri che possa essere trasferito senza rischi per la sua salute"
"Così ha giudicato un medico di questo stesso ospedale, quindi si. Ha ancora altre obiezioni?" il tono era autoritario.
"Va bene, non posso che attenermi ai regolamenti." dice firmando il documento.
"Non si preoccupi, l'ambulanza lo aspetta qui fuori. Il trasferimento sarà rapido e senza problemi"
Due infermieri vestiti di bianco portano velocemente via Anston. Non sembrano avere troppe attenzioni per lui, e lo sedano appena prima di portarlo via.
Lo infilano in una ambulanza, che parte via veloce.
Dopo un po' l'autista dice agli altri due "Sapete cosa voglio. Due persone sempre davanti la sua porta ora che lo abbiamo. E che sia curato bene. Poi gli chiederò perché si è impicciato di affari che non lo riguardavano e nel caso capirà che ha fatto un errore stupidissimo". La voce di Jesse è chiara e cristallina, quasi infastidita.------------------------------------------------------------
Lei sarà rilasciato appena risolta un po' di burocrazia, dicevano; e dopo una buona manciata di ore David è ancora nella stanza degli interrogatori.
La porta si apre di nuovo; entra lo stesso ufficiale, corrucciato in volto. Tiene una sacca in mano.
"Credo che ci siano state delle complicazioni, signor Holly." Tira fuori il contenuto: documenti vari, fitti di righe che non riesce ancora a leggere, e una tessera del KGB.
Cazzo, quella di Anston.
"Le classiche telefonate anonime a volte funzionano, sa? Questa volta ci ha indirizzato alla vostra società, e guardacaso abbiamo trovato questo." Si siede sospirando con un che di scocciato, quasi intimorito. "Questa è una complicazione grossa per il suo rilascio breve, se non ha un'altra spiegazione. Ma ora deve spiegarmi parecchie cose, signor Holly."------------------------------------------------------------
"E ora passerete alle torture?"
In realtà Anston non è legato. E' messo su di un letto, nutrito decentemente, e uno degli sgherri di Jesse pare essere un medico. O avere abbastanza conoscenze per prendersi cura di lui - per quanto ci si possa prendere cura di un prigioniero. Ci sono sempre uomini che sorvegliano, e quindi è una prigione soffice e luminosa.
Quando allora arriva il Grande Capo a trovarlo, quella è la prima domanda.
"Oh, non ce ne sarà bisogno."
Jesse non sorride, ma ostenta tranquillità; prende una sedia, si posiziona vicino ad Anston; incrocia le braccia.
"Non vi parlerò in nessun caso, qualunque cosa stiate cercando di estorcermi."
"Oh, ma qui si parla giusto di chiarire le posizioni, herr Klein." L'uomo della CIA sembra non perdere quel contegno serafico. "Per esempio, credo che tu non abbia bene compreso come sei stato manipolato fino ad ora."
Silenzio. Lo sguardo di Anston è di attesa.
"Parliamo dell'Agenzia. Un nome, ad esempio..."
"Senti, cosa credi di..."
"Gombrich."
Qui tutto si ferma, e qualcosa nell'esperto imprenditore si incrina.
"Già, la nemesi di ogni ebreo e filo-russo in questa città-lebbrosario." Il gesto di Jesse è di accendersi una sigaretta inesistente. "Chi credi ce l'abbia messo lì? E soprattutto, chi credi che sia stato messo proprio accanto a uno dei suoi avversari, un coriaceo ebreo da battaglia ancora più battagliero negli affari?"
"Smettila..."
"Avanti, Klein, accetta i fatti." La finta sigaretta viene alzata verso il cielo. "Tutti i discorsi sull'amicizia e lo spirito di cooperazione che dovete avere fatto tu e David sono nient'altro che un ottimo addestramento da spia. Una talpa per tenere sotto controllo la libera imprenditoria emergente della città. Uno dei migliori agenti, astuto fino alla fine." Anston si nasconde il volto, lo si sente respirare rumorosamente balbettando "Non è v...". Lo sguardo di Jesse verso la finestra aperta è quasi di trionfo.
"Ma adesso lo possiamo fermare e fare giustizia, con una mano."------------------------------------------------------------
Qualche ora dopo David uscì dal quel commissariato di polizia. Iniziò ad avviarsi verso casa, senza apparentemente nessuno che lo seguiva.
Tutto sembrava tranquillo e sereno. Anche il cielo era più tranquillo, si era schiarito dopo la pioggia, e ora un bel tramonto iniziava a colorare di rosso tutto.
Quando però aprì la porta di casa vide uno spettacolo inconsueto.
Dove era casa sua, dove aveva abitato in questi ultimi tempi... non c'era più nulla. Niente mobili. Niente quadri. Niente di niente. Solo un pavimento vuoto e ben lavato. Neanche il letto era rimasto.
E dietro la porta, appese rapidamente con dello scotch adesivo, tre foto, in cui si vedeva David che raccoglieva una pistola. Poi con un ostaggio. E poi l'ostaggio a terra afflosciato davanti a lui.
E dietro una di esse, una scritta a matita "Addio David. Jesse."------------------------------------------------------------
"...ma adesso lo possiamo fermare..." stava ancora dicendo Jesse, davanti allo sguardo incredulo di Aston, quando la porta si aprì.
Jesse si voltò, e fu in quel momento che Aston vide per la prima volta lo sguardo di quell'uomo cambiare, perdere quella maligna sicurezza e diventare ombroso, preoccupato.
Jesse non parlò. Rimase immobile, con la sigaretta accesa a mezz'aria, a osservare la persona che era appena entrata.
Capelli biondi, inverosimilmente alto, occhiali di tartaruga e quel viso severo, da intellettuale, che lo aveva colpito la prima volta che si erano parlati: Brian Champbell.
"S-signore..." fece per dire. Ma lui lo fermò con un cenno lento della mano. Dietro di lui erano comparse altre due persone.
"James Dombrowsky" esordì "Ciò che ha fatto è estremamente grave, e mi stupisco che lei abbia pensato che nessuno se ne risentisse"
fece una lunga pausa, in cui posò il suo sguardo anche su Aston.
"Lei" scandì "Ha usato la ditta per portare avanti una sua vendetta personale. Ha fatto gestire informazioni importanti ad un ragazzetto sprovveduto di cui in verità non si fidava, con il solo scopo di farlo uccidere. Ha per questa ragione coinvolto altri membri della ditta che erano sotto la sua responsabilità, ed uno di loro ci ha rimesso la vita" gli sbattè davanti le foto di David e del morto "Pensava veramente di usare me, la mia posizione, la ditta, per le sue scaramucce personali? Pensava che nessuno la controllasse? La facevo più intelligente"
Jesse, paralizzato, azzardò un: "Mah..." che fu subito troncato da un nuovo gesto di Brian "Ne riparleremo in sede di interrogatorio, e vedremo che fare..." e fece cenno ai due uomini che lo seguivano di accompagnarlo fuori.------------------------------------------------------------