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Spione - PbF2 - FICTION: Lucien Besse (& riassunto veloce puntate perse)
Luca Veluttini:
[size=20]FASE 10: CRISI[/size]
Gombrich pestava dove faceva male, risparmiando le energie. Si vedeva che ci sapeva fare.
Ormai non faceva neanche più domande, aveva capito che non ci avrebbe cavato niente. Quello stronzo non cedeva. Ne aveva già visti, erano rari ma ne aveva già visti. Quello era un vero idealista, qualcuno che aveva trovato uno scopo e sarebbe morto pur di non tradirlo. Ora Gombrich picchiava per il gusto di picchiare. Dopo i pugni vennero i calci, e dopo i calci una spranga di ferro.
Un gruppo d'uomini arrivò, parlò con Gombrich e se ne andò. Uno degli uomini accennò un saluto a braccio teso e si fermò imbarazzato, fulminato dagli altri e da Gombrich. Un rantolo giunse da Lucien, come a deridere la scena. Questo gli costò una rinnovata foga nel pestaggio. Le corde si erano slegate da tempo, ma Lucien era talmente malridotto da essere incapace di approfittarne. Aveva smesso di ripetere il suo mantra dopo che gli si era rotta la mascella, ora rantolava e basta.
Quando svenne Gombrich si massaggiò le nocche e sputò sul corpo quasi irriconoscibile. Si appuntò sulla giacca una spilla della BND e caricò Lucien su un'auto anonima.
Guidò nelle strade fredde e bagnate, evitando accuratamente i posti di blocco. Penetrò nella zona sovietica per una strada che sapeva non sorvegliata fino ai palazzoni tutti uguali di Lichtemberg. Qui depositò il suo carico, in un rivolo di pioggia ghiacciata. Lucien respirava ancora debolmente, ma Gombrich sapeva che non sarebbe arrivato all'alba. Ne aveva visti tanti così, e non si sbagliava. Sorrise, consapevole di aver fatto un buon lavoro: "Addio, stronzo. Tutte quella gente ammazzata e alla fine non sei neanche riuscito ad arrivare a me. Stronzo in Francia, stronzo in Germania, non c'è niente da fare". Un ultimo calcio, che non ottenne nessuna reazione. Gombrich storse la bocca scontento e sputò un grumo di catarro sul volto tumefatto di Lucien: "Partigiano del cazzo..."
Salutò col braccio teso verso la notte la sua vendetta personale, poi risalì in macchina e svanì nella notte, lasciando il cadavere a raffreddarsi fra i palazzi grigi e senza anima.
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Erano passati istanti infiniti in quella stanza buia e silenziosa in cui Lucien si trovava. Sapeva che la prossima volta che Gombrich sarebbe entrato, sarebbe stata anche l'ultima. Lucien aveva vissuto gli ultimi giorni libero e in pace con sé stesso.
Era ora di prendersi una piccola rivincita su Gombrich.
Gombrich era sicuro che Lucien avrebbe parlato. Lucien era sicuro di rovinare la vita che rimaneva a Gombrich. Doveva prendersi un'ultima rivincita.
"Allora, parli oppure continuo a presentarti i miei pugni?" disse sarcasticamente Gombrich.
"Fossi in te mi guarderei le spalle, ormai sanno chi sei" rispose dolorante Lucien.
Gombrich rimase comunque freddo, ma era interessato al discorso di Lucien.
"Sanno chi sei. Sanno cosa hai fatto. Palsey credo sarà l'ultimo dei tuoi problemi. Sanno che stai agendo contro di loro e che stai preparando un attentato all'ambasciata sovietica. Sai basta sapere come far arrivare certe informazioni a chi conta. Basta sapere come "
Sul volto di Gombrich per un attimo comparve una ruga d'ira. Lucien in quel momento sapeva che aveva avuto successo. Sapeva che sarebbe morto.
"E come saprebbero di me? Come potresti avere prodotto prove per una menzogna del genere. Non sono così stupido da mettermi il KGB alle spalle per un non nulla. COME?" era la prima volta che Gombrich alzava la voce.
"Faccio parte della CIA. Non scordartelo. Siamo maestri nel fabbricare queste cose. Guardati le spalle, perché non sono tanto coperte ora come ora..."
Ne seguì un altro pestaggio. Sapeva che la fine si avvicinava, ma ogni pugno lo faceva sentire meglio.
Lui sarebbe morto, ma Gombrich avrebbe vissuto col fiato sul collo...
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[size=20]THE END[/size]
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