Autore Topic: Spione - PbF2 - FICTION: Lucien Besse (& riassunto veloce puntate perse)  (Letto 4993 volte)

Luca Veluttini

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Qui inserirò il riassunto delle prime 6 Fasi, per quello che mi ricordo. Lasciate libero il thread. Per le correzioni al riassunto utilizziamo o "Commenti" o "Organizzazione".
« Ultima modifica: 2009-11-26 15:14:15 da Luca Veluttini »

Luca Veluttini

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[size=20]RIASSUNTO FASI 1-6[/size]


Lucien torna a casa tardi dopo l'ennesima giornata all'università. Trova una lettera e delle foto che lo implicano con Nina Keller, una sua studentessa. Il telefono squilla. E' Gombrich, un nemico dai tempi dei partigiani e molto probabilmente vicino a chi sparò alla ragazza di cui Lucien era innamorato allora.
A quel punto entra Kostanze, sua moglie, una neo-studentessa laureata. C'è un litigio e la ragazza scappa, ma, attraversando la strada, viene mortalmente investita.
Lucien a quel punto va a casa di Nina, le rivela che in realtà stava con Kostanze perchè la sua copertura glielo imponeva, la sua copertura perfetta.
Alla porta bussano, sono individui legati probabilmente a Gombrich, che erano stati avvisati da Nina. La ragazza però era stata minacciata ed era stata costretta a collaborare. C'è una collutazione, Lucien viene ferito ad una spalla, ma riesce a fuggire.
Nina però abbandona Berlino perchè, anche se innamorata di Lucien, non potrà mai più cancellare quello che ha fatto.
Lucien fugge, fino a raggiungere un taxi, seminando i suoi inseguitori, e ad arrivare alla residenza del Prof. Kai Hauser, un giovane professore altezzoso, che aveva avuto tutto e subito in università.
Qui vede Kai e Bianca Morselli che stanno parlando. Lucien sviene e sente i due che discutono, con Bianca che insiste perchè Kai convinca Lucien a parlare e a dire quello che sa.
Kai rivela a Lucien, dopo che è finito nella trappola verbale tesa da Lucien, che in realtà lui lavora per Jack Palsey e che osservava Lucien perchè Jack non si fidava della sua copertura, troppo a stretto contatto con il "nemico". Quello stesso nemico con cui Kai intratteneva collaborazione, facendo il doppio-gioco... il KGB.
Lucien riesce a stendere Kai e a fuggire dalla solita macchina nera che lo pedina da quando ha investito Kostanze.
Kai viene spedito da Palsey a Varsavia, cambiando identità, visto che aveva esaurito la sua utilità.

Luca Veluttini

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[size=20]FASE 7: MANOVRE[/size]


L'appartamento è piccolo; quando Lucien bussa, per un attimo ha il terrore che si ripeta la scena da Hauser, entrare per avere una brutta sorpresa e un confronto amaro sulla lealtà di altre persone. E il rischio di essere fatto fuori da quella maledetta macchina nera.
"Hai una cera pessima", è invece la salace quanto rassicurante risposta che sente una volta che la porta viene aperta. E la signora Rothburg, sempre appoggiata al suo bastone, si gira piano e lo invita ad entrare. "Non dimenticare di chiudere."

Come se fosse un bimbo, ma lei ha fatto sempre così. Lucien non ricorda il suo nome, sa che è austriaca, dei primi a subire l'Anschluss; ha una fede al dito ma non ne parla mai, e lui sa bene cosa significhi. Lei lo invita ad accomodarsi sulla poltrona più vicina. "Tè?", e il professore annuisce.
"A proposito, ultimamente si aggira troppa gente attorno al magazzino." Proprio la safe house a cui lui ora vuole accedere, dannazione: si trattiene dal digrignare i denti, è troppo stanco. La mano della signora Rothburg ondeggia vicino alla scatola dello zucchero - lì in realtà sta la chiave, il dolcificante vero è in un contenitore più piccolo già vicino al tè - e con l'altra si massaggia il collo. "Immagino tu sia qui per questo, tovarisch", quel solito tono ironico quasi materno, "ma non so se possiamo correre questo rischio. Sanno o sospettano di noi, professore - forse è meglio lasciare calmare le acque per un po'."

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"Signora Rothburg, di sicuro sanno di me e mi stanno addosso, per questo ho bisogno di un posto sicuro. Per ora li ho seminati. Ma ho bisogno di tranquillità" chiede Lucien, quasi fosse pronto a tutto pur di ottenere accesso al magazzino.
"Professore, stia attento. Qualcuno si sta agitando per la sua presenza in un po' troppe strane situazioni in città" risponde pacatamente l'anziana "Non le consiglierei stanotte di rimanere qui" continuò, cambiando tono, parlando più seriamente e con voce ferma.
"Cosa c'era che non andava?" si chiede Lucien, ma la rabbia iniziava a montagli in corpo e non riuscì a trattenersi. "HANNO UCCISO KOSTANZE SOTTO I MIEI OCCHI! CREDE CHE SIA VENUTO QUI PER UN PESSIMO PASTO GRATUITO E PER DORMIRE SU UN LETTO?" urla Lucien, rosso in viso, raccogliendo le poche forze che ancora lo sostenevano.
La signora fu visibilmente sorpresa di vederlo così e disse sommessamente "Non dovrebbe succedere mai niente di così grave a un innocente...".
Poco dopo una chiave fece scattare una serratura e Lucien si trovò a scendere le scale che conducevano al magazzino.
Mentre scendeva, sentì la signora che componeva un numero di 3 cifre e per tre volte rispondeva "Sì".

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"Vieni. Le ultime consegne dalla Zona Russa."
Lucien scende gli ultimi gradini rapidamente, trovando un certo sollievo nel vedere il magazzino tranquillo e disabitato. La signora Rothburg è a un lato dello stanzone quadrato, accanto alla cassaforte appena aperta.
Scatta verso un altro tavolo - quello dove stanno i documenti. Normalmente li memorizza, perchè è raro che la signora lo lasci da solo - e lei ha una memoria di ferro, nasconderli sarebbe solo un rischio.
"E prima o poi potrai rispondere al fuoco." La voce della signora lo distrae, e lo porta a guardare verso di lei.
Sgrana gli occhi.

Quello che c'è all'interno, che valeva la combinazione... sono quattro, anzi cinque. Li ha già visti, certo.
C'erano russi durante l'offensiva, a soccorrerlo poco dopo che Eveline gli è scivolata via.
"SKS?" Ha sentito che stanno andando fuori moda, ora che hanno prodotto in massa gli AK-47 per l'esercito; ma forse non li hanno semplicemente buttati nella spazzatura. "Questo vuol dire..."
"E' una preparazione, già. E tu sei un soldato." La signora sospira, guardando ancora verso i fucili.
"Questa città si sta agitando nel sonno, Herr Professor. Temo che fra poco arriveranno gli incubi."

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"Incubi? Ma che cosa volete fare. La Guerra è finita. Da tempo." disse furibondo Lucien.
"Ma, Professore, non credo lei sia nella posizione di rifiutare una direttiva. Non è un favore personale che le sto chiedendo. Magari ha bisogno di qualche stimolo ulteriore per agire.” Disse la vecchia signora, serrando sempre più gli occhi, mentre un silenzio irreale cadeva nel magazzino.
Silenzio interrotto all’improvviso da una porta chiusa al piano di sopra. Dei tacchi iniziarono a scendere le scale. Sulla porta comparve Bianca, la “giornalista”.
“Ancora tu!” disse Lucien stretto tra i denti.
“Sì, Professore. Signora ci lasci sola. Dobbiamo parlare.” disse Bianca, mentre un mezzo sorriso irritante si formava sul suo viso.
Di nuovo quel silenzio irreale. Bianca si sedette a fianco di Lucien e la cosa gli fece ancora di più paura.
“Sappiamo entrambi chi ti manda. Sappiamo entrambi che non sei quello che ci hai mostrato finora. Io so come potresti uscirne. Tu? Qualcuno è stanco di averti tra i piedi e io non voglio che ti tratti come trattiamo di solito i cani sciolti. Per ora possa controllare la cosa, ma non so quanto mi vada di reggere il gioco ancora.” disse Bianca parlando a bassa voce.
Lucien non sapeva cosa rispondere. Non poteva credere di essere passato dalla padella nella brace.
“Allora vuoi sentire che ti offro o rinunci a salvarti la pelle?” continuò freddamente Bianca.
Lucien annuì esterrefatto con il capo.
“Bene. Nulla di più semplice. Mi serve far sparire una persona della tua parte che si sta muovendo un po’ troppo. Si chiama David Holly. A letto è bravo, ma gioca un po’ troppo a fare la spia per la CIA e mi sono stancata di lui. Tu fallo passare per un lavoretto di pulizia interna, in fondo siete bravi in questo no, e io ti darò un futuro nuovo. Che dici allora, affare fatto?”
Lucien non credeva ai suoi occhi, come poteva una persona chiedere con tanta leggerezza la morte di qualcun altro?

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Luca Veluttini

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[size=20]FASE 8: CRISI[/size]


Lucien iniziò a distaccarsi dalle emozioni. Se doveva tornare ad uccidere doveva prima tornare ad essere il vecchio Lucien, quello che con la morte di Eveline aveva cessato di esistere.
"Bianca cara. Io non ho più nulla da perdere. Che vuoi che mi importi di tornare ad avere una vita. Non credere che ora minacciarmi possa servire a qualcosa" disse Lucien, freddamente.
Bianca impallidì e diede uno schiaffo a Lucien, urlando "Non usare quel tono con me, fallito!"
Lucien a quel punto disse serio: "Visto che dovresti essere una garanzia e quindi stringere forte le mie mani attorno al tuo collo non servirebbe a molto, per quanto lo desideri al momento, ma forse c'è una cosa migliore che potresti fare."
"Cosa?" chiese Bianca ancora furibonda.
"Consegnarmi chi ha investito Kostanze e permettermi di agevolare l'incontro con Dio anche al suo compagno. Due vite inutili al prezzo di quella di una persona che neanche conosco."
"Non sei nelle condizioni di trattare"
"No, Bianca, TU non sei nelle condizioni di rifiutare, qui da sola con me e disarmata, mentre stai di fronte ad un uomo che non ha più nulla da perdere."
Bianca a quel punto impallidì. Aveva fatto un errore. Aveva permesso a Lucien di mettersi tra lei e l'unica porta di uscita. Confidava nel fatto che Lucien avrebbe accettato qualsiasi offerta pur di terminare tutto questo.
Bianca non potè far altro che dire "Sì, ma voglio garanzie che tu farai il lavoro"
"Non preoccuparti, due inutilità in meno, un tuo problema risolto... Garanzie? Il fatto che uscirai con le tue gambe e non su un lettino per l'obitorio pensi sia sufficiente?"
Bianca aveva le mani tremanti dopo l'ultima frase di Lucien. Sapeva che sarebbe andato fino in fondo in tutto quello che diceva.
Sommessamente rispose con un timido "Sì..."

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Erano passati un paio di giorni da quel confronto, quando Bianca e Lucien si incontrarono di nuovo, in un bar a Poztdamer Platz.
Lei, elegante e professionale, lui barba lunga e vestiti sporchi.
L'incontro non durò molto, giusto il tempo per far passare di mano una cartella d'archivio, color malva, tenuta assieme con lo spago e con sopra stampigliato, in inglese, "Confidential".
Mentre Bianca si accendeva una sigaretta, continuando a fissarlo coi suoi occhi gelidi Lucien esaminò il fascicolo che lei gli aveva consegnato, e vide che era tutto lì: nero su bianco.
Sua moglie, Kostanze, era al soldo dei sovietici, e la sua stessa agenzia, la sua Ditta, avevano commissionato il suo omicidio. Era stato proprio quell'Holly a farlo. Lui non ne aveva saputo nulla perché era stata la sezione Illegali ad occuparsi del lavoro, non la sua, e, ovviamente, era sempre difficile che informazioni di quel genere passassero tra un'agenzia e l'altra.
Era tutto lì, nero su bianco.
Bianca lo guardò allontanarsi coi documenti contraffatti sotto il cappotto, tremante per il freddo dentro e fuori di lui. Con la punta della scarpa schiacciò il mozzicone della sigaretta e sorrise della soddisfazione che da un lavoro ben fatto.

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Al primo bar lungo la strada Lucien si fermò. Prese un caffè e iniziò a guardare più a fondo il "dossier" che Bianca gli aveva dato.
"Hmpf, il solito lavoro ben fatto di falsità che solo il KGB sa fare." si disse mentre sorseggiava un caldo caffè.
Una delle poche cose ancora utili che Jack Palsey gli aveva insegnato era di riconoscere le tecniche del KGB per contraffare informazioni. E questo documento ne era pieno. Era pieno di inesattezze e di errori, soprattutto le date non coincidevano.
Però era strano. Bianca non agisce come un KGB. Sarà il fatto che gli italiani non sanno neanche cosa sia rispettare una direttiva, però di fatto la "nobile cultura" del KGB non poteva permettere errori di valutazione su una persona.
Con un sorriso beffardo, Lucien richiuse il "dossier" e pensò che forse l'unica cosa da fare era eliminare Bianca e cambiare vita. La prima era abbastanza facile, la seconda forse era un'illusione. Ma almeno non avrebbe permesso a nessuno di infangare la memoria di un'innocente come la povera Kostanze.

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"Oramai manca solo questa" si disse Lucien, mentre accarezzava il revolver che teneva in tasca. Il revolver nel quale aveva inserito una sola pallottola, una pallottola che recava il nome Bianca su di essa.
Aveva dato appuntamento alla donna al "magazzino", in un posto che lei pensava fosse sicuro, "tanto ci sarebbe stata la vecchia" avrà sicuramente pensato Bianca.
Lucien bussò ed entrò, mentre la signora Rothburg gli diceva "Lei è già qui".
Scese le scale e in fondo vide una Bianca agitata, nervosa, che appena lo vide arrivare lo aggredì istericamente "Si può sapere perché mi hai fatto scomodare, eh? Non hai un lavoretto da fare?"
Lucien, calmo rispose "Sì, devo organizzare un incontro tra Dio e una troia bugiarda che inizia a infastidirmi".
Bianca non riuscì a notare il movimento repentino del professore, che estrasse la pistola e sparò in faccia a Bianca, uccidendola sul colpo.
Lucien risalì le scale, vide una signora Rothburg impaurita in cima ad esse "Che cosa ha fatto? Ma sa chi ha appena ucciso?"
Lucien, ormai libero da un peso le rispose seccamente "Sì, ora tutti i miei conti sono saldati. Lei faccia quello che vuole del cadavere."
In strada, camminando nel silenzio, Lucien si sentiva calmo e tranquillo. Per la prima volta da anni stava bene con sé stesso.
Per la prima volta da anni gli era tornato il sorriso sul volto.

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Luca Veluttini

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[size=20]FASE 9: MANOVRE[/size]


Lucien camminava lungo strade poco affollate. Quella mattina stava bene, ma sapeva che non sarebbe durata quella sensazione di benessere e leggerezza.
Vide un paio di auto sbarragli la strada in quel vicolo e un'altra alle spalle bloccava la sua altra via di fuga.
Dalle prime due scesero quattro uomini. Tenevano salda una mano sotto il cappotto.
"Sicuramente sono armati e sono un po' troppi" si disse Lucien.
Si fermarono. "Professore, ha un appuntamento." e poco dopo qualcosa di duro, usato con violenza, lo colpì alla nuca.
Frastornato da quel colpo, Lucien perse in parte i sensi e si sentì crollare a terra.
Poco prima di svenire del tutto. però, sentì uno dei suoi nuovi "amici" dire: "Attenzione, Gombrich lo vuole vivo."
Poi nuovamente il buio.

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Lucien si sveglia che è mezzo buio, una lampadina - di nuovo - cigola sul soffitto e l'aria sa di stantio. Gli fanno male le braccia, sono legate allo schienale (si rende conto di essere su una sedia) e c'è anche odore di fumo.
Come in un film, il cattivo fuma: davanti a lui, in questa stanza. Non gli serve neanche vedere Gombrich per capire che è lì, con la sua puzza di pipa, infatti gli occhi si soffermano sulle sue scarpe prima di fare una sorta di ghigno rassegnato e alzare la testa fino a fissarlo in viso.
"Che pigrizia, Herr Professor" lo schernisce quello. La sua barbetta sale-e-pepe è sempre curatissima, ora ha un che di diabolico. "Su, si svegli bene, che abbiamo un po' di cose di cui parlare."
"Lo immaginavo, dato il di accoglienza." Lucien tossisce. Le corde non sono così forti.

Gombrich sorride. "Sai di trovarti nell'occhio del ciclone, eh, Besse? Un bel pandemonio, quello che hai causato." Appoggia la pipa sul tavolo vicino, e dopo l'ultima boccata di fumo mette una mano in tasca nella giacca. Ne tira fuori una fotografia. "Ma non credevo che avresti tirato fuori così tanto il tuo spirito da maquis. Beh, mi hai fatto un po' di nuoni favori alla fine, quindi non mi posso lamentare. Ora però..." e gli mette davanti l'immagine, a pochi centimetri da lui, quasi come uno schiaffo.
Lucien sbatte gli occhi. "...Palsey?" E' inconfondibile, sì.
Gombrich annuisce. "Parliamo un po' di lui, Herr Professor. Di lui e te."

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"Ad esempio, potresti iniziare da quando vi siete visti l'ultima volta. E di cosa avete parlato" continuò Gombrich.
E il tono sottintendeva che le risposte dovevano poi essere quelle giuste. C'era una violenza quasi strisciante nel tono calmo e metodico di Gombrich.

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La testa di Lucien ronza, piena di immagini. Kay, Palsey, Bianca... i loro volti si accavallavano nella sua memoria... Nina. Qualche giorno prima era un professore universitario, rispettato, con una moglie giovane e devota. Aveva combattuto il più feroce esercito della Storia armato solo di coraggio e determinazione, appena qualche anno prima, e ora continuava quella stessa battaglia, con sicurezza e disciplina. Poi Nina era morta, e questa fragile apparenza di stabilità era crollata, e negli ultimi concitati giorni Lucien si era accorto che questa non era più la stessa guerra, non poteva esserlo. Prima era facile... i cattivi erano da una parte, e sapevi chi erano. Vedevi le loro divise, sentivi le trasmissioni di radio Londra che ti dicevano quanto i nazisti erano bestie, e quanto erano eroici i partigiani francesi, italiani, polacchi. Era facile, la Seconda Guerra Mondiale, era un gioco da ragazzi rispetto a questo, a questa strana guerra sotterranea, non dichiarata e non dichiarabile che muoveva appena i suoi primi passi.
Ora tutti quei volti che gli tornano alla mente possono essere chiunque, possono combattere indifferentemente da qualunque parte, anche contemporaneamente. Non esistono più commilitoni di cui fidarsi, sono scomparse divise grigie da colpire. I nemici dicono di essere dalla tua stessa parte, e chiunque può essere un simpatizzante dei comunisti, anche i suoi superiori. La sua stessa parte in questo grande gioco è quella di una menzogna vivente, un doppiogiochista, un infiltrato.
Basta, pensa Lucien.
È ora di finirla, di tornare a far chiarezza.
Chiude gli occhi e con un sospirò rilasso le braccia e le gambe legate. Respira a fondo, ritrovando la calma. Apre gli occhi e li fissa su quelli di Gombrich, con un sorriso. La sua voce è appena tremante: "Lucien Besse, nato a Berna il 17 Agosto 1914, Agente della Central Intelligence Service, divisione Est, matricola N° 5421687". Lo ripete come un mantra. Non dirà altro, non cambierà parte. Ha raggiunto il proprio equilibrio.
Gombrich ruggisce, quasi, e inizia a colpire, forte, dove fa più male, da esperto. Vuole sapere di Palsey, vuole che Lucien gli parli di lui, vuole capire da che parte stiano entrambi. Lucien non sa perché, non ha idea da quale parte stia Gombrich, sa solo che non è la sua, che ha ritrovato il suo vecchio nemico, e che finirà qui. Il feroce interrogatorio sbatte a terra la sedia, e Lucien sbatte la testa, ma continua a ripetere una cosa sola: "Lucien Besse, nato a Berna il 17 Agosto 1914, Agente della Central Intelligence Service, divisione Est, matricola N° 5421687"

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Luca Veluttini

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[size=20]FASE 10: CRISI[/size]


Gombrich pestava dove faceva male, risparmiando le energie. Si vedeva che ci sapeva fare.
Ormai non faceva neanche più domande, aveva capito che non ci avrebbe cavato niente. Quello stronzo non cedeva. Ne aveva già visti, erano rari ma ne aveva già visti. Quello era un vero idealista, qualcuno che aveva trovato uno scopo e sarebbe morto pur di non tradirlo. Ora Gombrich picchiava per il gusto di picchiare. Dopo i pugni vennero i calci, e dopo i calci una spranga di ferro.
Un gruppo d'uomini arrivò, parlò con Gombrich e se ne andò. Uno degli uomini accennò un saluto a braccio teso e si fermò imbarazzato, fulminato dagli altri e da Gombrich. Un rantolo giunse da Lucien, come a deridere la scena. Questo gli costò una rinnovata foga nel pestaggio. Le corde si erano slegate da tempo, ma Lucien era talmente malridotto da essere incapace di approfittarne. Aveva smesso di ripetere il suo mantra dopo che gli si era rotta la mascella, ora rantolava e basta.
Quando svenne Gombrich si massaggiò le nocche e sputò sul corpo quasi irriconoscibile. Si appuntò sulla giacca una spilla della BND e caricò Lucien su un'auto anonima.
Guidò nelle strade fredde e bagnate, evitando accuratamente i posti di blocco. Penetrò nella zona sovietica per una strada che sapeva non sorvegliata fino ai palazzoni tutti uguali di Lichtemberg. Qui depositò il suo carico, in un rivolo di pioggia ghiacciata. Lucien respirava ancora debolmente, ma Gombrich sapeva che non sarebbe arrivato all'alba. Ne aveva visti tanti così, e non si sbagliava. Sorrise, consapevole di aver fatto un buon lavoro: "Addio, stronzo. Tutte quella gente ammazzata e alla fine non sei neanche riuscito ad arrivare a me. Stronzo in Francia, stronzo in Germania, non c'è niente da fare". Un ultimo calcio, che non ottenne nessuna reazione. Gombrich storse la bocca scontento e sputò un grumo di catarro sul volto tumefatto di Lucien: "Partigiano del cazzo..."
Salutò col braccio teso verso la notte la sua vendetta personale, poi risalì in macchina e svanì nella notte, lasciando il cadavere a raffreddarsi fra i palazzi grigi e senza anima.

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Erano passati istanti infiniti in quella stanza buia e silenziosa in cui Lucien si trovava. Sapeva che la prossima volta che Gombrich sarebbe entrato, sarebbe stata anche l'ultima. Lucien aveva vissuto gli ultimi giorni libero e in pace con sé stesso.
Era ora di prendersi una piccola rivincita su Gombrich.

Gombrich era sicuro che Lucien avrebbe parlato. Lucien era sicuro di rovinare la vita che rimaneva a Gombrich. Doveva prendersi un'ultima rivincita.

"Allora, parli oppure continuo a presentarti i miei pugni?" disse sarcasticamente Gombrich.
"Fossi in te mi guarderei le spalle, ormai sanno chi sei" rispose dolorante Lucien.

Gombrich rimase comunque freddo, ma era interessato al discorso di Lucien.

"Sanno chi sei. Sanno cosa hai fatto. Palsey credo sarà l'ultimo dei tuoi problemi. Sanno che stai agendo contro di loro e che stai preparando un attentato all'ambasciata sovietica. Sai basta sapere come far arrivare certe informazioni a chi conta. Basta sapere come "

Sul volto di Gombrich per un attimo comparve una ruga d'ira. Lucien in quel momento sapeva che aveva avuto successo. Sapeva che sarebbe morto.

"E come saprebbero di me? Come potresti avere prodotto prove per una menzogna del genere. Non sono così stupido da mettermi il KGB alle spalle per un non nulla. COME?" era la prima volta che Gombrich alzava la voce.

"Faccio parte della CIA. Non scordartelo. Siamo maestri nel fabbricare queste cose. Guardati le spalle, perché non sono tanto coperte ora come ora..."

Ne seguì un altro pestaggio. Sapeva che la fine si avvicinava, ma ogni pugno lo faceva sentire meglio.
Lui sarebbe morto, ma Gombrich avrebbe vissuto col fiato sul collo...

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[size=20]THE END[/size]

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