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[Sweet Agatha] Ma è una storia di mistero sì o no?
Daniele Di Rubbo:
Riporto qui un commento sul gioco fatto in un video su YouTube e la mia risposta:
Marco: Sai quale può essere il neo che fa scricchiolare un po’ la meccanica? Il legarti molto a 3 indizi a scena, senza avere un’idea di come può essere scomparsa Agatha, impone di crearsi da sè stessi la soluzione in fieri, ma facendo così crei un personaggio PnG da zero, pur non avendolo presente (geniale! È Agatha stessa, ricreata da zero dai giocatori), però come ritorno di fiamma questo aspetto fa perdere totalmente coerenza al mistero della sua scomparsa, che secondo me dovrebbe essere definita in segreto da un terzo (CLUE...Edo!)! Altrimenti si perde la storia mystery da scoprire! Se non c’è affiatamento totale tra Verità e Lettore il rischio è di far andare una storia raffazzonandola come impostazione, storia e sua risoluzione! Spero di essermi spiegato!
Daniele: Non concordo. È una delle cose che volevo scrivere da tempo nei consigli per giocare a Sweet Agatha. Il punto non è creare un mistero coerente: il punto è esplorare chi è il protagonista, chi è Agatha e qual è il loro rapporto. La storia è piena di mistero e i fili di trama che rimarranno appesi ci saranno sempre. Il punto è che nessuno ci presta mai attenzione perché non è quello il fulcro del gioco.
Invece concordo sul fatto che tre indizi per scena siano troppi: io ne avrei messo uno solo o, perlomeno, avrei fatto sì che si passasse progressivamente a inserire due indizi e poi uno solo. Forse questo aiuterebbe a non perdersi in troppe tracce inutili, ma comunque per me sta benissimo che la figura di Agatha sia emergente: è il cuore del gioco.
Moreno Roncucci:
Ho giocato a Sweet Agatha solo una volta (ma ho letto un sacco di thread sul gioco ai tempi su the Forge) e per quello che può quindi valere il mio parere, sono d'accordo con te sulla "creazione del mistero": non c'è nessun mistero da "scoprire", giocando, la Verità non può costruire una trama coerente da "scoprire" (anche a causa della massa di indizi che deve dare), gli avvenimenti in gioco vengono creati dal dialogo fra i due giocatori, e quindi la "soluzione" (se viene espressa in gioco) viene "creata", non "scoperta", e sarà una "soluzione" che difficilmente riuscirà a spiegare tutto. Insomma, come dici tu "Il punto non è creare un mistero coerente: il punto è esplorare chi è il protagonista, chi è Agatha e qual è il loro rapporto. La storia è piena di mistero e i fili di trama che rimarranno appesi ci saranno sempre. Il punto è che nessuno ci presta mai attenzione perché non è quello il fulcro del gioco."
Sugli indizi, da quello che ricordo in realtà non sono un filo da seguire, ma appunto spunti, suggerimenti. Ricordo che nella nostra partita ho "declassato" ogni indizio sovrannaturale a deliri, o bugie o illusioni. Ogni indizio può venire completamente ignorato o dimenticato. Qui forse il senso del darne tre: sono come tre "strade", a seconda di quali saranno usati e ci costruirai sopra, e quali saranno ignorati. Se cerchi di collegarli TUTTI insieme è ovvio che collegare 30 indizi diventa una roba assurda, e sarebbero meglio 10: ma se invece scegli in gioco un ristretto numero di indizi su cui concentrarti, l'avere più scelte potrebbe rendere il gioco invece più facile e più coerente (è solo una mia supposizione, avendo giocato una sola partita non posso fare confronti)
Nicola Urbinati:
Sapete che ci rivedo perfettamente uno dei punti davanti al quale le ente rischia di perdersi anche davanti a Noirlandia?
Anche lì, i personaggi vogliono scoprire la verità sul crimine, ma i veri punti interessanti sono le vicende dei personaggi nella città corrotta e la città stessa.
E anche lì si può far fatica a mettere insieme in modo coerente i vari indizi che il gioco mette in scena.
L'unica differenza strutturale è che in Noirlandia non c'è un giocatore Master o Verità, ma questo non distrae più di tanto il giocatore che davanti a un mistero da risolvere si aspetta piena coerenza degli indizi tra loro, piuttosto che lasciarsi guidare da essi come spunti.
Forte in Noirlandia, non so in Sweer Agatha, è anche il meccanismo falso competitivo contro il gioco (strumento atto a tenere un po' in tensione i giocatori, senza voler essere veramente competitivo), per cui si finisce a perdere il focus sul personaggio e sulla città, se non si sta attenti.
Insomma, piuttosto bastardi questi falsi investigativi ;D
Daniele Di Rubbo:
Ecco, non ci avevo mai pensato in quei termini, ma mi sa che Moreno ci ha visto bene. Avevo sempre pensato al fatto che gli indizi fossero dei possibili fili di trama che dovessero collegarsi il più possibile, e il fatto che quelli che rimangono sfilacciati non siano un problema fosse dovuto in parte al senso generale di mistero e in parte al fatto che, non essendo davvero un gioco di investigazione procedurale, a fine partita nessuno se ne ricordi davvero. Invece, mi sa che la sua è una lettura più corretta: i tre indizi per scena sono le tre possibili strade che il Lettore può seguire nella storia. Scegliere quali indizi seguire e quali ignorare fa parte dell’agentività di quel giocatore, e va benissimo così. In questo modo, il Lettore diventa coautore della storia di mistero al pari della Verità.
Riallacciandomi a quello che dice Nicola, invece, vedo spesso lo stesso problema. Ossia, la gente legge “investigazione”, “mistero”, ecc., smette di ragionare, diventa ossessionata da quelle sciocchezze procedurali delle quali ci hanno imbottito alla TV, con tonnellate di serie TV procedurali, e nei giochi di ruolo, con la vulgata investigativa che, grazie a Il richiamo di Cthulhu, va avanti dal 1981, e si dimentica che, spesso e volentieri, il concetto di mistero e di investigazione, nelle opere di narrativa, è anche un semplice espediente narrativo, appunto. La cosa diventa tanto più assurda quanto più uno pensa che in questi giochi non c’è davvero nessun mistero da risolvere, dal momento che è tutto emergente. Insomma, in qualche modo tu giochi per creare la soluzione del mistero, non per scoprire una soluzione creata a monte da qualcun altro. Ecco perché dovremmo cominciare a ragionare in maniera meno convenzionale, quando ci approcciamo a questi giochi.
Moreno Roncucci:
--- Citazione da: Daniele Di Rubbo - 2019-09-22 09:41:52 ---Riallacciandomi a quello che dice Nicola, invece, vedo spesso lo stesso problema. Ossia, la gente legge “investigazione”, “mistero”, ecc., smette di ragionare, diventa ossessionata da quelle sciocchezze procedurali delle quali ci hanno imbottito alla TV, con tonnellate di serie TV procedurali, e nei giochi di ruolo, con la vulgata investigativa che, grazie a Il richiamo di Cthulhu, va avanti dal 1981, e si dimentica che, spesso e volentieri, il concetto di mistero e di investigazione, nelle opere di narrativa, è anche un semplice espediente narrativo, appunto. La cosa diventa tanto più assurda quanto più uno pensa che in questi giochi non c’è davvero nessun mistero da risolvere, dal momento che è tutto emergente. Insomma, in qualche modo tu giochi per creare la soluzione del mistero, non per scoprire una soluzione creata a monte da qualcun altro. Ecco perché dovremmo cominciare a ragionare in maniera meno convenzionale, quando ci approcciamo a questi giochi.
--- Termina citazione ---
Credo che (oltre alle solite abitudini incrostate dai vecchi giochi) il "problema" qui sia più radicato, perchè più che un problema... è un aspetto della natura umana.
Se dai a qualcuno una sfida (in particolare, alla propria intelligenza...) ci si butterà a pesce. Hai mai visto quelle situazioni in cui dai a qualcuno un rompicapo o un quiz e la persona si incapponisce a risolverlo per un eternità, al di là del tempo che meriterebbe la cosa?
La ponevo in un vecchio thread come "il gamismo vince sempre", cioè, se in un design incoerente ci metti una qualche forma di sfida o di agonismo, la maggior parte dei giocatori, se non sono proprio di loro decisi a giocare diversamente a prescindere, reagirà a quelli più che al resto del gioco. È "normale" (per quanto si possa definire una norma nel campo della psicologia...): di fronte a questi "oggetti", che oltretutto (a peggiorare la cosa) chiamiamo "giochi", il giocatore cerca di "smontare" il sistema e capire come "risolverlo". (E quindi sì, il devolvere di Call of Cthulhu verso la forma più comune che si vede in giro totalmente illusionistica era in retrospettiva ovvio: giocato con le sue regole, CoC è "risolvibile", basta evitare di fare tiri di sanity, cioè fare il contrario di quello che avviene in una storia di lovecraft: per evitare questo risultato, non devi usare il sistema...)
Per questo secondo me in un design coerentemente narrativista o simulazionista, bisogna stare attenti a non mettere cose che possano stimolare troppo questo agonismo. E anche nella spiegazione... molti autori preferiscono che questi aspetti vengano "scoperti" dal giocatore giocando, ed è vero che così magari sono scoperte più personali e forti, ma quanto non hai il tempo di far avvenire queste epifanie e magari devi giocare con giocatori che non conosci, io sono molto esplicito su questi aspetti (tipo ne "il gusto del delitto" dico subito che cercare indizi e prove è futile e una pura perdita di tempo e non c'è nessuna reale investigazione).
Sweet Agatha è molto meno strutturato come sistema de Il Gusto del Delitto quindi non so fino a che punto puoi dire al giocatore "questo è" o "questo non è", potrebbe benissimo decidere di giocarlo come se fosse una pura investigazione... e poi però rimanerne deluso (come mi sembra sia capitato nella partita di cui parla Daniele nel post iniziale). Il "metti questi indizi in una trama coerente" _è_ una sfida per la creatività e la fantasia del giocatore. Forse dargliene tanti e poi dirgli che può ignorare quelli che non si incastrano bene potrebbe ridurre l'attrazione di questa "sfida", non so. (bisognerebbe provare...)
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