Autore Topic: [A Bitter Aftertaste] Come NON scrivere un jeepform...  (Letto 2511 volte)

Moreno Roncucci

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Salve! Alla scorsa GnoccoCon ho potuto provare un Jeepform che non avevo mai giocato prima, "A Bitter Aftertaste" scritto nel 2007 dall'autore e teorico di live J. Tuomas Harviainen (lo potete scaricare dal sito Jeepen che miracolosamente è ancora online dopo anni dall'ultimo aggiornamento), con Fabio (ilBruno), Anna Koprantzelas e Sara (Artemis89) (quest'ultima era la persona con me "nel balcone" - balcone interpretato stavolta da una delle panchine nel parco della Biasola)

Com'è andata? Beh, alla fine per me la storia, partita con qualche difficoltà iniziale, è finita molto bene. Soprattutto il finale mi è piaciuto moltissimo, grazie ad una scena molto "forte" e intensa di Sara, che mi ha praticamente spianato la strada per la conclusione. Ma allo stesso tempo, mi sono reso conto che il "merito" per la riuscita del live è stato tutto di noi giocatori, con il gioco che in pratica più che aiutarci ci ostacolava. Questo post riguarda più le considerazioni sugli aspetti in cui il gioco ci ha remato contro che non gli aspetti positivi della partita, perchè quelli li considero più "personali".

Prima di tutto, qualche premessa per chi mi legge e non sa molto dei Jeepform. Un articolo in italiano abbastanza esaustivo su scopi, idee e tecniche si trova a pagina  21-40  nel volume "Riflessioni Appassionate" dato ai partecipanti di InterNosCon 2010 (esaurito come volume cartaceo ma scaricabile gratuitamente in pdf dalla pagina http://www.internoscon.it/ ), e in inglese nel sito Jeepen di cui ho dato il link poche righe fa.
In breve (e semplificando parecchio), il gruppo "Vi Åker jeep" ("noi andiamo in Jeep") è un gruppo di giocatori e autori di giochi "freeform" del nord Europa (svedesi e danesi soprattutto, con qualche finlandese e norvegese) che si è fatto molto notare per l'uso spregiudicato di tecniche innovative per creare quelli che da noi sarebbero chiamati probabilmente "live da camera", divisi in scene (nell'ambiente nordico proprio per questo non sono considerati veri "live", da noi sì). Molti scenari Jeep sono scaricabili dal loro sito, e due ("Dubbio" e "The Upgrade") sono stati pubblicati in Italiano da Narrattiva. Il contatto fra esponenti di The Forge (soprattutto Emily Care Boss e Ben Lehman, ma non solo) ha molto influenzato molti designer americani ed europei, portando alla nascita di molti giochi che sono Jeepform in tutto se non nel nome ("A Flower For Mara") e altri molto influenzati da essi, mentre invece il gruppo vero e proprio dei Jeepen sembra disperso ormai (non so se è stato ufficialmente sciolto o no, non sono molto informato sulla scena nordica, ma il loro sito non è aggiornato dal 2012) e in generale mi sono sembrati assolutamente impermeabili alle idee forgite.

Io ho scoperto i Jeepform mi pare nel 2007, con quello che ritengo tutt'ora il loro capolavoro, "Dubbio", portato alla ModCon dagli stessi autori, ospiti della manifestazione, e quello scenario mi fece una tale impressione (e non solo a me) cambiando completamente la mia idea di "cosa puoi fare in un live" da farmi giocare nei mesi successivi molti dei loro scenari. Facendo una scoperta (per me) sconcertante: erano un misto di tutto! Le idee estremamente efficaci di Dubbio erano ignorate o contraddette in giochi successivi, scenari che esaltavano la player agency erano seguiti da terrificanti railroading che parevano usciti dagli anni 90, e non pareva esserci davvero molta riflessione (o playtesting) sui vari scenari. Gli autori sembravano completamente agli antipodi l'uno con l'altro persino sul cosa voleva materialmente dire "scrivere uno scenario" (fare gli orripilanti railroad punitivi di Frederik Berg Olsen o scrivere le regole per storie senza plot definito come Tobias Wrigstad?).

In realtà, nella mia inesperienza dell'epoca ero caduto in un errore in cui erano caduti tanti non-nordici nel leggere il materiale scritto, spesso sotto forma di altisonanti "manifesti", dalle diverse "scuole" nordiche, a partire dal "manifesto di Turku" negli anni 90: non avevo afferrato quanto fossero in realtà goliardate e trollate fra gente che poi alle con si ubriacava e giocava al larp dell'elicottero...   ;D
Non che non ci fosse anche tanta ricerca e studio sui larp: ma lo trovavo sui libri e comunque altrove, certamente non nei "manifesti", o nelle "scuole" di larpwriters che fingevano di farsi la guerra.

In realtà, per scrivere un "jeepform", bastava bersi una birra con loro ed usare qualche loro tecnica e qualche loro tema, senza che importasse tanto COME facevi il tutto o il risultato. Così si ha la situazione strampalata per cui dei live che sono assolutamente dei Jeepform come A flower for Mara o Under the Skin NON sono considerati Jeepform perchè gli autori erano troppo distanti per bersi una birra insieme, mentre sono considerati "Jeepform" (e sono ospitati nel sito) lavori che sono assolutamente all'opposto di scenari come "dubbio" o "the upgrade", perchè gli autori si vedevano con i Jeep ad ogni convention e probabilmente si ubriacavano insieme...

Tipo, appunto, J. Tuomas Harviainen. Quando ho giocato "a Bitter Aftertaste" sabato scorso ricordavo vagamente di aver giocato un suo live che non mi era piaciuto, "Serpente di Cenere" e di averci avuto una piccola discussione al riguardo. Andando a leggere le vecchie discussioni sui Jeeform (perchè sperato di trovare già fatta la descrizione che ho appena scritto evitando di doverla scrivere) ho ritrovato la vecchia discussione su Serpente di Cenere... e non la ricordavo più! Altro che "piccola discussione", ci avevo litigato di brutto! (ai fini di questa discussione non serve a nulla leggere quella vecchia discussione, trattano di problemi diversi di giochi diversi, ma per trasparenza sui nostri trascorsi, metto il link lo stesso. Vi giuro comunque che tutte le considerazioni che faccio in questo post le ho fatte PRIMA di rileggere quella litigata...)

L'unica considerazione successiva alla lettura di quel vecchio thread è questa: ho giocato "serpente di Cenere", un live che è totalmente agli antipodi delle tecniche Jeep, mi pare nel 2007 o 2008. DOPO che J. T. aveva scritto "A bitter Aftertaste" (dalle note finali del gioco, le ultime revisioni le ha fatte a Milano, quando ha presenta il gioco, prima della partita a SdC a cui ho partecipato io, e due anni prima della discussione su gentechegioca). Ancora due anni dopo, pareva non avere la minima idea di cosa stessi parlando quando parlavo di player agency...

Questa è la sua bio (non aggiornata) dal sito Jeepen: "J. Tuomas is the first Finnish jeeper to be inaugurated in Finland. He is a frequent and well-played (and translated) larpwright, single father, librarian that knows a thing or two about Japanese rope bondage. He is also the first non-jeeper to have a game hosted on the jeep site (before becoming a jeep like the rest of us). Oh, and Jeeptuomas is also the vastly outnumbered immersionist resistance cell within the jeep movement. in cui è detto persino esplicitamente che per quanto ospitata nel sito, "A Bitter Aftertaste" è stata scritta quando Tuomas NON era ancora entrato "ufficialmente" nel gruppo

Mi sono dilungato troppo con le premesse (lo so, sono logorroico, dovrei sviluppare meglio il dono della sintesi, ma mi sa che quel dono a me non l'hanno mai regalato...), non vorrei finire lo spazio per un post, proseguo nel post successivo parlando (FINALMENTE) nello specifico di A Bitter Aftertaste.
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Moreno Roncucci

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Re:[A Bitter Aftertaste] Come NON scrivere un jeepform...
« Risposta #1 il: 2019-09-06 01:49:32 »
Esiste un concetto, nella Teoria Forgita, chiamato "Fruiful Void",  termine creato da Vincent Baker in questo post nel 2005, per sintetizzare comunque un concetto espresso molte volte da Edwards sin dalle discussioni su Sorcerer. per chi non mastica l'inglese, io ne ho dato una breve spiegazione in italiano nel corso di questa vecchia discussione

In breve... avete presente come, nei giochi di strategia...  devi poter scegliere la strategia? Cioè, anche negli scacchi... se metti in regola in cui tiri un dado e il risultato ti impone che mossa fare ("metti una regola sulla strategia da seguire", colmando quel "vuoto")...  non è più un gioco di strategia, diventa un gioco di fortuna.

Allo stesso modo, se fai un gioco di scelte morali come Cani nella Vigna o Sorcerer... devono essere SCELTE, non devono esserti imposte dalle regole (Sorcerer PER QUESTO rende il suo punteggio di "umanità" totalmente non vincolante per le azioni: un Sorcerer con umanità 1 può fare un azione che gli darebbe un sacco di umanità - in termini di fiction, ha un momento di redenzione - mentre un Sorcerer con umanità altissima può comportarsi in maniera totalmente inumana (rischiando di perdere punti umanità, ma è una sua scelta... mentre invece altri giochi hanno punteggi - a volte chiamati proprio umanità - che impongono o comunque influenzano le scelte morali, e questo fa capire che NON SONO giochi basati su scelte morali...).

Non sto dicendo che deve essere ignoto "il finale della storia". Sto dicendo una cosa totalmente diversa: sto dicendo che se un gioco riguarda certe scelte, quelle scelte non devono essere imposte dalle regole. Ne "la mia vita col padrone" si sa che il Padrone morirà ucciso da un minion. Ma quello non è un gioco sull'uccidere Padroni, è un gioco sulla sulla riscoperta di sè e sulla ribellione a certe relazioni disfunzionali, E quindi non c'è un punteggio "ribellione" che ti dice quando ribellarti e perchè.

Kagematsu ha punteggi dati dai tiri dei dadi sulla paura, ma non ùn gioco sulla paura. È un gioco sull'amore, e quindi, i punti amore vengono dati A SCELTA COMPLETAMENTE LIBERA dietro lo schermo dalla giocatrice del Ronin...

Dopo questi esempi, vediamo come fa "Dubbio", un gioco sul TRADIMENTO del partner.
1) Non c'è NESSUNA REGOLA che ti dica quando e come tradire. Sul serio! Addirittura, NON È NECESSARIO CHE QUALCUNO TRADISCA. È una SCELTA del giocatore/giocatrice.
Ma, a "spingere" il gioco verso questa scelta fondamentale, ci sono tutte le altre regole, esattamente come nel diagramma del "vortice" disegnato da Baker:
2) Il gioco dice, da subito, che è sul tradimento. Gli altri personaggi si chiamano "tentazioni", e chi li gioca deve "tentarti". Li devi scegliere fra un cast di personaggi, quindi parti già dall'idea di pensare "mmm....  con quale di questi personaggi sarei più tentato?" quindi già ci metti del tuo, le tue preferenze, le tue esperienze, i tuoi desideri.
3) Ogni volta che interagisci con questi personaggi, il gioco ti mette nello stato mentale del "decidere se tradire o no". Che è lo stesso stato mentale (con la differenza ovviamente che non è in quel caso "mediata" da personaggi e gioco) che ha una persona che pensa di tradire il partner o lo desidera.
Lo sa chiunque sia stato in una relazione sentimentale monogama: se vai in giro valutando le altre persone come possibili partner... nella tua testa hai già tradito. È solo questione di tempo, di opportunità, di occasioni. E il gioco, in maniera subdola, TI METTE IN QUELLO STATO MENTALE.
4) Il gioco sfrutta anche le tue paure: la paura di essere traditi, e lo fa anche qui con eccezionale efficacia con una piccola ma estremamente importante regole: se vieni tradito, non puoi tradire a tua volta. Dubbio non è il gioco delle coppie che si spaccano allegramente o comunque con entrambi che trovano altri partner: se il tuo partner ti tradisce... tu rimani da solo/sola. Al massimo ti riprendi lui, se decide alla fine di tornare da te e lo accetti, ma comunque, ti tieni il tradimento. È una cosa di cui tutti, anche se non ci siamo mai passati davvero nella vita, abbiamo paura, e Dubbio ti sussurra "c'è una maniera per evitarlo: tradisci prima tu..."

Tramite queste semplici regole, e senza prefissare NULLA (le scelte sono tutte in mano ai giocatori, possono pure decidere i personaggi in gioco, come sono fatti Tom e Julia, definiti dal gioco solo con nome e professione e basta), Dubbio per me è un bellissimo esempio di come si sfrutta il "fruitful void", per ottenere partite intense e personali. Perchè quel vuoto lo riempi tu, rimanendo catturato.

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Cosa fanno invece un sacco (purtroppo) di game designer o scenario writer, che non hanno chiaro questo concetto (che come gran parte delle rivoluzionarie scoperte forgite, sta venendo in gran parte perso e dimenticato in un mondo del game design che ha accolto un paio delle innovazioni più "facili" come se fossero il sacro graal e ci fa giochi sempre più simili fra loro come un nuovo D20)?

Semplice, pensano "se faccio un gioco sul tradimento, farò un gioco dove da regolamento devi tradire alla fine del gioco". Oppure "se faccio un gioco sulle scelte difficili, farò un sistema di gioco che imporrà tutte le scelte in maniera che in fiction sembrino scelte difficili, ma il giocatore in realtà non sceglierà niente, mica voglio che mi rovini la storia"

E questo temo che sia, alla base, il processo che ha portato ad "A bitter aftertaste".

Il gioco è brevissimo e si può scaricare in inglese dal link che ho dato prima, ma per chi non mastica l'inglese lo riassumo: 2 giocatori fanno una coppia di persone, al balcone della casa di lui (o di una lei se i due personaggi sono donne). Si conoscono e fanno sesso regolarmente da sei mesi, ma non sono ancora formalmente "una coppia". Hanno appena avuto il rapporto sessuale più bello e intenso della loro vita, e tutto è perfetto.
Alla fine dello scenario, e comunque lì, su quel balcone, in quel momento, in quella scena, senza potersi allontanare, dovranno lasciarsi per sempre.
La causa? Fantasie, dubbi e paure dei due. Che vengono "portati in scena" dagli altri due giocatori, con questo meccanismo (ipotizzo per semplicità una coppia eterosessuale): se un "pensiero" è di lui, la possono interpretare lei e gli altri due giocatori (possono anche inserire il personaggio di lui nella scena, ma interpretato da un altro), se è l'immaginazione di lei a lavorare, saranno invece in scena lui e gli altri due. Insomma, il giocatore del personaggio che "immagina" non solo non può interpretare la scena, ma non ha nessun imput, nessuna scelta, non può suggerirla, commentarla, etc,  tranne che in due maniere: può interromperla quando vuole, può fare un monologo interiore dopo che l'ha interrotta parlando di quello che appena immaginato, e DEVE inserire conseguenze di questa scena immaginata nel dialogo successivo con il/la partner sul balcone.

Facciamo il confronto diretto con Dubbio (non perchè tutti i giochi debbano essere come Dubbio, ma per far vedere scelte significativamente... sbagliate, almeno IMHO, in questo gioco)
1) Mentre in Dubbio Tom e Julia sono "scatole vuote", che i giocatori devono riempire con loro stessi, favorendo il bleed e l'immedesimazione, in The Bitter Aftertaste i protagonisti sono definiti come i personaggi tipici dei Larp "tradizionali" (immagino perchè "nei larp si fa così" visto che questo invece rende più netta la separazione fra giocatore e personaggio), sono definiti non solo per nome e lavoro ma anche per età, relazioni passate, etc (Lui ha 32 anni, lavora in un agenzia pubblicitaria, viaggia molto per il mondo, suona il pianoforte, è divorziato senza figli, lei ha 27 anni, fa l'avvocato in una piccola law firm ma è un astro nascente nel suo ambiente, non ha mai avuto relazioni serie, prende lezioni di karatè sei volte alla settimana).

2) Mentre in Dubbio c'è almeno una prima scena con i soli Tom e Julia che li fa vedere felici assieme PRIMA che arrivino le tentazioni (e giocandolo diverse volte ho visto che in realtà ne servono diverse di scene prima che si vedano vere fratture fra Tom e Julia), in A bitter aftertaste subito, dalla prima scena, si parla di dubbi, di fantasie paranoiche, si gioca sempre per mettere in cattiva luce qualcuno dei due. La felicità passata è solo nella scheda e nelle prime frasi prima dell'inizio della prima scena "immaginaria": ma in realtà, per quello che avviene in gioco, è la felicità passata che è immaginaria, e nelle scene si vedono praticamente solo le caricature dei due protagonisti nelle paure dell'altro partner. Non solo: sin da subito si sa che si lasceranno alla fine della scena, NON È UNA SCELTA.
L'effetto è che non hai nessun attaccamento emozionale alla relazione. Sai già che finirà da lì a breve, devo solo riuscire a giustificarlo in qualche maniera. Se Dubbio ti mette nello spazio mentale di chi potrebbe tradire, A bitter aftertaste ti mette nello spazio mentale di chi deve giustificare ad altri una decisione già presa. Da altri.

3) In Dubbio, è il giocatore stesso che sceglie le sue "tentazioni", scegliendo personaggi che potrebbero tentarlo (preferisci la giovane e amichevole barista, la tua ex giornalista con cui stavi al liceo, la regista che ti dirige con più esperienza o...tua suocera?) e scegliendo le location delle varie scene ("vorrei incontrarmi con la barista, da solo, a casa mia..."). In A bitter aftertaste, dare imput nelle scene è addirittura PROIBITO dalle regole! (ad un certo punto, in cui gli altri erano ad un impasse su cosa mettere nella prossima scena che io avrei "immaginato", ho chiesto lumi sul regolamento proprio perchè avevo un suggerimento da dargli, ma non abbiamo trovato nessun appiglio regolamentare per consentirmelo).
L'effetto in gioco è decisamente anti-bleed. Vedi gli altri che si affannano a trovare qualcosa da portare in scena che possa avere effetto su di te psicologicamente, ma devono andare per tentativi.  A volte riescono, a volte falliscono (alcune scene che avrebbero dovuto farmi pensare a lasciare la partner alla fine mi avrebbero convinto a non lasciarla mai al mondo, il mio personaggio appariva così insopportabile nelle mie stesse fantasie che quello che pensavo era "questa è una santa a sopportarmi"...).
PUOI dare indicazioni, nei monologhi e nei dialoghi successivi, a posteriori. Far capire cosa ti ha colpito e cosa no, cosa può rappresentare un elemento di frattura o meno. E infatti alla fine le ultime scene immaginarie erano meglio centrate, ma è un processo lungo, fatto a tentoni, per tentativi, e davvero, il gioco con le sue regole pare deciso a rendertelo il più difficile possibile. (inoltre, molte delle scene erano decisamente buffe e umoristiche, cosa che per me ha migliorato l'esperienza di gioco ed è una diretta conseguenza delle regole, ma che va in senso opposto al tema e al mood che apparentemente l'autore pensava di favorire. Il rischio di giocare una farsa invece del dramma che voleva lui per me è altissimo, le regole portano lì)

4) in Dubbio, il susseguirsi di situazioni e personaggi, il giocare le scene teatrali con l'altro personaggio del dramma-nel-dramma, ti porta pian piano a dissolvere la distinzione fra giocatore e personaggio. Bleed? Come se piovesse. In quasi tutte le partite che ho giocato o diretto.
L'effetto del "vedere" scene decide e interpretate solo da altri in a bitter aftertaste invece è decisamente anti-bleed. Per mantenere una continuità con quello che viene detto devi ricordarti sempre più cose aggiunte nelle scene giocate dagli altri, cose che tu non avresti mai detto o fatto nemmeno in un gioco. Il personaggio diventa una catasta di info estranee da te da ricordare con sempre maggiore difficoltà, non ti riconosci nelle sue paure, nei suoi sogni, e atteggiamenti che fai proprio fatica ad interpretare decentemente in gioco (non sono un attore, non sono addestrato professionalmente a interpretare qualsiasi cosa, sono uno che ha giocato a qualche live, ha quei 3-4 registri interpretativi, quando non riesco a recitare una cosa mi arrabatto cercando fra le mie emozioni e le mie esperienze (e Dubbio è subdolamente spietato nell'usare questo processo mentale per il bleed: paradossalmente, Dubbio funziona peggio con gli attori, perchè non riesce a spingerli a guardarsi dentro mettendoli in difficoltà). Ma con qualcosa che non solo è lontano dalle mie corde ma che non esiste nella mia esperienza e non mi dà emozioni con cui giocare? Auguri...

Questo "effetto" anti-bleed l'ho sentito soprattutto nella scena finale, anche se la trovo comunque bellissima: come dicevo, era un po' che giocavamo, cercando faticosamente di centrare meglio le scene immaginarie. Di buono c'era che il materiale di quelle scene ci aveva fornito argomenti per i dialoghi sul balcone, che erano diventati sempre più tesi. (ma non pensate che le regole ci "aiutassero", era una faticosa estrazione di elementi utili, che migliorava scena dopo scena solo perchè, altrettanto faticosamente, riuscivamo a dare segnali agli altri giocatori tramite i dialoghi).  Non mi ricordo sinceramente da quanto tempo giocavamo, non pochissimo e per me avevamo ampiamente superato il tempo di "una o due ore" che Tuomas indicava nel regolamento come tempo tipico di gioco, ma mancava ancora molto alla fine dello slot e quando è partita l'ultima scena del balcone, non pensavo fosse l'ultima, non pensavo nemmeno che fossimo vicini al finale. È successo che Sara, tipo quarterback che afferra la palla e si va tutto il campo portandola in meta schivando ogni ostacolo, ha preso degli spunti presentati in gioco nelle scene precedenti e ha fatto, come dicevo all'inizio, una scena davvero "forte" e intensa. In cui il personaggio presentava rabbia ed estrema vulnerabilità insieme.
Ecco, se il gioco fosse stato fatto con regole che facilitavano il "bleed", a quel punto, per il mio carattere, il mio personaggio avrebbe abbracciato il suo, o l'avrebbe consolata, tranquillizzata, e comunque, non l'avrebbe mai lasciata in un momento di vulnerabilità. Invece sapevo che da regolamento dovevo lasciarla prima di uscire da quel balcone, il mio personaggio era già stato caratterizzato come abbastanza egoista e uno che non voleva troppe complicazioni da diverse scene immaginarie (mie, cioè mentre come ti comporti nelle scene immaginate da lei può essere solo una sua fantasia, nelle scene che stai immaginando tu ti riscrivono davvero il personaggio...), e ho pensato "questo è il momento perfetto, farlo ora dà davvero un senso a tutta la storia", e così in quella scena l'ho lasciata (o meglio, le ho risposto in maniera che non poteva che lasciarmi) e abbiamo chiuso il gioco.

Dopo la partita mentre parlavamo del gioco (facendo a voce le considerazioni che ho scritto in questo post), quando ho parlato di questo momento di assoluta separazione fra giocatore e personaggio, Fabio ha osservato che il gioco non mi avrebbe proibito di abbracciare la protagonista e proseguire se avessi voluto. Ma no, per me me lo avrebbe proibito il mio senso estetico applicato alla fiction e alle regole: che senso avrebbe avuto un momento simile... per poi lasciarsi comunque dopo pochi minuti? E se comunque mi trovo in un gioco che non mi lascia nessun "fruitful void", dove non decido io chi gioco, cosa fa, cosa pensa, cosa vuole (dimenticavo: da regolamento non possiamo nemmeno aggiungere altre cose al background dei nostri personaggi, è proibito dalle regole "No scene may define facts about the characters’ pasts, only suspicions:" le scene non possono dare informazioni aggiuntive sul loro passato, non sia mai che i giocatori ci aggiungano del loro...) e nemmeno cosa decido alla fine...  almeno decido io il momento giusto per la conclusione!  ;)

In definitiva? Abbiamo fatto fatica ma siamo riusciti a tirar fuori per me una bella storia. Soprattutto il finale per me è stato molto intenso, soprattutto, va detto, grazie a Sara. Mi sono trovato benissimo con gli altri giocatori e cercherò di "incastrarli" a giocare Dubbio una delle prossime volte (Anna l'ha già giocato, anzi è stata la prima cosa che abbiamo mai giocato insieme, ma fa niente, la arruolo di nuovo...  ;D), ma "A bitter aftertaste" decisamente lo sconsiglio, ci sono Jeepform molto superiori.

[edit del 6 settembre: corretti un paio di errori di grammatica che rendevano poco comprensibili alcuni passaggi]
« Ultima modifica: 2019-09-06 21:57:11 da Moreno Roncucci »
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