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Giochi di ruolo di stampo classico e giochi di ruolo indie
Daniele Di Rubbo:
Posto qui questo lungo estratto da una discussione avuta stamani via chat, perché forse sono riuscito a spiegare la cosa in maniera chiara e tale da non risultare offensiva per nessuno.
Osiride: Mi sfugge perché *** [gioco di ruolo indie] non sia un gioco di ruolo di stampo classico?
Daniele: Be’, perché nei giochi di ruolo di stampo classico, il sistema di gioco è posto al di là del contratto sociale che chi gioca accetta tacitamente.
Nei giochi di ruolo di stampo classico, puoi sentirti davvero impotente come giocatore, perché non accedi mai direttamente al sistema di gioco: la tua agency di giocatore è sempre incerta e non ti viene garantita. Ti senti il terreno continuamente sfuggire sotto i piedi.
Osiride: Questa come definizione mi risulta più critica. Cosa si intende per “accedere al sistema di gioco”?
Daniele: Significa che, nel contratto sociale che tutti noi giocatori accettiamo (tacitamente o non) quando ci sediamo al tavolo, è contemplato che io, come giocatore, posso attivare determinate regole e che queste regole hanno determinate conseguenze in gioco.
In un gioco di ruolo di stampo classico, può essere che il game master, in un momento in cui il regolamento prevederebbe una prova, mi dica: “No, non tirare”. Oppure, che in una situazione in cui non sta succedendo nulla e in cui non c’è nulla da scoprire, mi dica: “Tira su Percezione”; in realtà, non c’è nulla e io sto tirando per nulla, ma questo lo sa solo il game master. Oppure, può succedere che il game master fissi una difficoltà a 15, senza dirlo al giocatore, che il giocatore tiri avendo successo e che il game master, retroattivamente, stabilisca che la difficoltà sarebbe stata meglio a 20, perché non vuole che il giocatore abbia successo in questa prova.
In tutti questi casi, il giocatore non accede mai direttamente al sistema. C’è l’illusione che ci sia un sistema predeterminato al quale tutti rispondiamo, ma in realtà il sistema è schermato dalla figura del game master: il giocatore vi accede sempre passando per il game master. In poche parole, il sistema di gioco è la volontà del game master.
Capisci bene che questo significa che, in un gioco di ruolo di stampo classico, non sai mai davvero a che gioco stai giocando: lo sa solo il game master, se è abbastanza consapevole. Questo sistema cambierà in base al game master e, ti dirò di più, cambierà anche con lo stesso game master, perché lui è una persona e, come tutte le persone, cambia di momento in momento.
C’è poi da dire che anche molti giocatori indie hanno dei concetti sbagliati su che cosa sia e in base a che cosa risulti problematico un gioco di ruolo di stampo classico. Per esempio, in molti credono che, se il game master si prepara un’avventura prima, allora quello è un gioco di ruolo di stampo classico. Ma, in Cthulhu Dark, il game master si prepara un’avventura prima, e anche bella dettagliata, ma quello non è assolutamente un gioco di ruolo di stampo classico.
Il problema non sono mai i dettagli singoli per i quali crediamo che un gioco di ruolo indie sia in realtà un gioco di ruolo classico solo perché ha dentro una qualche cosa che noi abbiamo sempre visto nei giochi di ruolo di stampo classico. Il problema è che, nei giochi di ruolo classici, tutti questi dettagli entrano in sinergia e determinano che il sistema di gioco, nel suo complesso, sia spostato dal “centro del tavolo” – dove è a disposizione di tutti i giocatori che, tramite la loro agency, possono accedervi – a “dietro un giocatore”, il game master, che è l’unico giocatore che può accedervi direttamente. Questo significa anche che, in un gioco di ruolo di stampo classico, il game master è l’unico a conoscere davvero il sistema di gioco e l’unico che possa davvero garantire che questo non cambierà improvvisamente.
Questo è tanto più vero se consideri che un gioco di ruolo classico resta tale anche se il game master improvvisa tutto e non prepara alcuna avventura. Avevo diversi amici che giocavano esattamente così, come game master, ma questo non cambia il fatto che loro giocassero completamente imbevuti di cultura di gioco classico.
C’è anche da dire che i giochi di ruolo di stampo classico possono essere benissimo coerenti. “Coerente” significa che tutti hanno lo stesso intento creativo, ossia che tutti desiderano ottenere (e ottengono) da quella partita la stessa esperienza di gioco. Anzi, se giochi davvero bene a un gioco di ruolo di stampo classico, l’esperienza di gioco non può che essere coerente. Quando si parla di questo game master, figura mitica che conosce i desideri di tutti e sa come realizzarli, probabilmente si parla di questo. Per cui io, game master, so come siete fatti come giocatori, so come ci piace giocare a questo tavolo di gioco e creo per tutti noi un’esperienza di gioco ad hoc, plasmandoci addosso un sistema che funzioni per noi e che piaccia a noi.
Un chiaro esempio di giocatore di stampo classico che giocava in maniera coerente è il mio amico ***. Se parli con lui e con i suoi amici con i quali giocava a Vampiri: La Masquerade, tutti ricordano una bellissima esperienza. Nessuno si rompeva mai le palle, i temi emergenti nelle partite erano interessanti per tutti e tutti erano contenti dei risultati della partita. Ecco, questa è un’esperienza di gioco coerente al 100%.
Questo non è mai stato impossibile anche nei giochi di ruolo di stampo classico. Solo che, per un *** che ce la fa, ci sono mille persone che non ce la fanno e delle quali puoi leggere continuamente le frustrazioni, adesso su Facebook, un tempo sui forum.
Il nostro punto, come giocatori e game designer di giochi di ruolo indie, è sempre stato quello di garantire a tutti un’esperienza di gioco coerente, al di là della bravura personale e della fortuna di essere riusciti a farcela anche prima.
E poi c’è anche il grosso problema della frammentazione della cultura di gioco. Ossia, il fatto che *** e il suo gruppo potessero funzionare e fossero perfetti solo chiusi in sé stessi. Se cambi il gruppo, tutta quella magia si rompe; la loro esperienza di gioco coerente non può funzionare, se non chiusa su sé stessa.
Mentre, se giochiamo, per esempio, a Fiasco in gruppi diversi, bene o male la nostra esperienza di gioco sarà auspicabilmente sempre coerente e riconoscibile. Possiamo dire di aver giocato allo stesso gioco.
Al massimo, constateremo che Mattia gioca sempre impostando le scene in maniera molto aggressiva, che Laura odia quando il suo personaggio ha in finale positivo nel sipario, che Lorenzo preferisce impostare le scene anziché risolverle, ecc.
Questi sono stili di gioco. Tutti noi ne abbiamo uno, un po’ come, nel calcio, ci sono calciatori bravi a fare cose diverse, ma giocano pur sempre tutti quanti allo stesso gioco.
Nicola Urbinati:
Quante fanmail posso dare in una volta?
Daniele Di Rubbo:
Una volta c’era anche la «fanmail a pioggia», ma non ho mai segnato le fanmail.
Simone Micucci:
Sulla preparazione e il gdr classico io ci tengo sempre a far notare che la preparazione vera e propria ho cominciato a farla con la roba indie, perché mi dava un sistema di preparazione che io consideravo interessante.
Con d&d (3.x e 4), con i vari giochi WW e con CoC ho quasi sempre improvvisato. Non è la preparazione a far la differenza. Mi piace il concetto di "accessibilità al sistema" legata all'impotenza. Se non hai accessibilità garantita al sistema non hai possibilità di sapere se e quali contributi puoi davvero apportare al gioco (e si innesca il "mother may i?" come possibile reazione).
Daniele Di Rubbo:
Una cosa che mi fa specie è che su Facebook ho letto alcuni giocatori di ruolo tradizionali che se ne sono avuti a male perché descrivo il game master come uno stronzo e che chi si comporta a quel modo è uno stronzo e uno che non sa giocare e non sta facendo bene, e non uno che è portato a giocare così dai giochi di stampo classico.
Non potrei essere più in disaccordo. Prima di tutto, nel mio primo esempio (non far tirare a un giocatore), nel mio pensiero, il game master non stava facendo lo stronzo, ma stava evitando un tiro inutile che avrebbe portato una perdita di tempo e un possibile inutile fallimento che magari avrebbe bloccato la storia. La critica era semmai alle regole che ti dicono di tirare quando non ha senso. Il mio punto era dimostrare che, regole o meno, il sistema passa per il game master, che decide lui cosa applicare e che, quindi, diventa il sistema.
Secondariamente, si dice che ho parlato solo del game master, quando le differenze sono altre, e che se uno gioca male gioca male in tutti i giochi. No. Il sistema determina chi ha autorità di dire cosa avviene, come avviene, quando avviene nello spazio immaginato condiviso. Se il sistema sta tutto dietro a un unico giocatore, significa che solo lui ha autorità di dire chi ha autorità di dire cosa avviene, come avviene e quando avviene nello spazio immaginato condiviso. Anche quando usa bene questa autorità. Non sto parlando di game master stronzi, ma di autorità tutte dietro a un unico giocatore, sia che le usi bene sia che le usi male.
Per cui chi dice che prendo il game master stronzo a modello dei giochi di ruolo classici o è in cattiva fede oppure non ci arriva.
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