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Narrativismo: come funziona

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Moreno Roncucci:
Salve! Era un bel po' che non postavo sulla "teoria", ma dopo aver visto la prima puntata di "Meccaniche di Gioco" su You Tube, che cita giustamente Sorcerer di Ron Edwards come il primo gioco coerentemente narrativista, mi è venuto in mente che non ho mai spiegato come si fa a fare un gioco narrativista, e cosa vuol dire.

Ci sono già fior di articoli sul tema, molto più approfonditi di quello che posso scrivere adesso. Ovviamente il principale è l'essay di Edwards sul narrativismo:
Narrativism: Story Now di Ron Edwards
Una spiegazione più concisa di Vincent Baker (che però rischia di essere poco chiara nella sua concisione, come ammette anche lui nell'aggiunta finale)
Creating Theme di Vincent Baker
Altri due thread interessanti li segnalavo qui
infine, in generale sulle creative agenda (Intenti Creativi) qui c'è la raccolta dei thread migliori (in inglese).

Ma volendone parlare davvero in breve, solo per dare un idea generale: prima di tutto scordatevi il fatto di essere GMfull o GMless, di avere conflict o task resolution, autorità sulla narrazione, mosse, etc: quelle sono solo tecniche, per ottenere uno scopo. L'importante è lo scopo (detto questo, non è che le tecniche siano intercambiabili: il sistema conta. Ma l'importante è che l'insieme delle tecniche supporti l'intento creativo, non la presenza o assenza di una singola tecnica. Aggiungere singole sedicenti "tecniche narrativiste" ad un gioco tradizionale non lo rende narrativista, lo rende solo un pastrocchio incoerente). La cosa è dimostrata proprio da Sorcerer, scritto PRIMA di The Pool e senza l'uso delle tecniche che saranno poi associate ai giochi forgiti (ok, ha la conflict resolution, ma prima che ne fosse formalizzato il concetto, e non cita mai il termine) e che nonostante questo è il "modello" su cui si basano tutti gli altri.

Per riuscire a fare un sistema di gioco che consenta di creare una storia insieme, al tavolo, invece di seguire come galline la "storia creata dal GM" (quanti fessi ci sono ancora totalmente convinti che questo sia il narrativismo...), direi che la prima cosa da fare è... capire cos'è una storia, e cosa la differenzia da una successione di eventi.

Qui ci viene in aiuto Lajos Egri, e il suo concetto di premise (lo so che ci sono molti altri autori che hanno scritto sul concetto di storia, ma noi siamo gente pratica e ai nostri scopi basta Egri). Se non volete comprarvi o comunque leggere tutto the art of dramatic writing (o l'essay di Ron dove spiega il concetto di Premise nei gdr], il primo capitolo si trova online ed è abbastanza per capire il concetto base: Premise - chapter 1 of The Art of Dramatic Writing  (non vi fermate alla prima pagina, in fondo c'è il link per pagina 2.  E sì, lo so, è tutto in inglese, ma non l'ho trovato online in italiano...)

Una successione di eventi è diversa da una storia perchè... non dice niente. Una storia dice qualcosa (ha una premise)

Esempio scemo, tanto per capirsi: Mario mercoledì non ha studiato perchè è andato a ballare. Mario giovedì viene bocciato all'esame.  Questi sono due eventi, non una storia.
Se ne trai una storia, la storia deve collegare i due eventi e dire qualcosa tipo "Mario non si è impegnato abbastanza ed è stato giustamente bocciato".  Dite che è un passaggio automatico che puoi fare anche leggendo solo i due eventi? No, perchè la storia potrebbe anche dire "Mario giustamente si è goduto la serata tanto poi sarebbe stato bocciato. Carpe Diem!". Fra lo svolgersi degli eventi e la storia ci si è mezzo di mezzo un autore che ne ha tratto un senso che ha trasmesso tramite la sua storia, esprimendo una premise.

Per questo una successione di combattimenti in un dungeon non è una storia! Diventa una storia più tardi, quando la racconti agli amici al bar (o quando ci scrivi sopra una serie di romanzi...) perchè nel mezzo appunto ci si mette un autore (tu) che ne trae un senso. Ma questo non è "giocare creando e vivendo una storia insieme". Il "vivere", sul momento, giocando, una storia o una successione di eventi è un esperienza totalmente diversa (non riproducibile tramite il far finta di farlo seguendo la storia del GM), perchè noi siamo animali creatori di storie, già il semplice fatto che non siamo in pratica capaci di raccontare eventi passati senza cavarne storie lo chiarisce con totale evidenza. E siamo pure animali sociali. Il creare storie insieme al tavolo ci dà un particolare piacere che non puoi avere facendo l'autore solitario dopo con il taglia-e-cuci della memoria.

Ma qui nasce un problema: se l'autore di una storia (romanzo, racconto, sceneggiatura, etc.) può partire da una premise pronta.... non puoi fare lo stesso al tavolo.  C'è una apparente contraddizione fra il godere di una storia come spettatore (che richiede una storia, cioè qualcosa che ha una premise, non una successione di eventi) e come autore, che non può essere solo passivo.  La vecchia "soluzione" del gdr tradizionale, l'avere un unico "autore" che prepara la storia prima (il GM) e tutti gli altri "protagonisti e spettatori", è fallimentare: se sei protagonista non sei spettatore, se sei spettatore non sei protagonista. (quella che Edwards chiama, citando Carroll, "the impossible thing before breakfast", la boiata scritta su tanti manuali secondo cui i giocatori creano la storia con le loro scelte ma seguono contemporaneamente la storia del GM.... le due cose non possono coesistere)

Edwards, in Sorcerer, trova una diversa soluzione: spezzare la premise in due parti. Una domanda e una risposta. Se la premise del Macbeth è "Ruthless ambition leads to its own destruction", si può spezzare in "what does ruthless ambition lead to?" e la risposta "its own destruction".   Puoi porre ai giocatore la domanda (nella fiction, con gli avvenimenti e i personaggi), o può essere il giocatore stesso a porsela, e giocando determinare la risposta. E il bello è che la risposta non importa, basta che ci sia: alla fine, in un gdr, Macbeth potrebbe trionfare. Non importa, anche se la risposta fosse "glory and power", assieme alla domanda formano una premise. Hai giocato una storia.

Non è ovviamente così semplice: devi far sì che la domanda interessi e appassioni i giocatori (altrimenti viene sì una storia, ma annoia tutti), devi usare un sistema di gioco che davvero gli permetta di dare una risposta (se tutto è deciso dal GM, alla fine anche la risposta la decide solo il GM), ma deve comunque lasciare la risposta nel dubbio fino alla fine (altrimenti è come vedere un film di cui conosci già la fine), e il tutto deve essere espresso in fiction con personaggi protagonisti, eventi drammatici, sfide, archi narrativi, catarsi finale, etc (altrimenti hai una discussione filosofica, non una storia), ma il concetto base è quello: partire da una premise posta non come un affermazione (come nelle opere da fruire da spettatori), ma come una domanda, e giocare per dargli una risposta, in fiction.

E così, quasi magicamente, crei e contemporaneamente vivi una storia insieme, al tavolo. (davvero, la cosa diventa così facile, che sembra una magia, specialmente se hai tentato invano per vent'anni di avere storie con i gdr tradizionali).

Come fa ad ottenerlo Sorcerer? (in breve, che ci sarebbe da scrivere libri e trattati sull'argomento, e qualcuno l'ha già fatto...)
1) pone una situazione di partenza di forte "presa"  drammatica, ma lasciando al giocatore le scelte importanti ("hai violato le leggi della natura per evocare qualcosa che non dovrebbe esistere, hai evocato un Demone che ti obbedisce. Perchè l'hai fatto, e che prezzo hai pagato? Cosa vuoi ottenere, e cosa sei disposto a pagare per averlo?"). il controllo dei giocatori su questa base iniziale è quasi assoluto, decidono loro cosa fa il demone, come appare, come hanno fatto ad evocarlo, cosa li tiene legati, etc, anche se il GM ha una funzione di coordinamento altrettanto importante, di guida e di veto nel caso di scelte dissonanti.
2) Come se non bastasse il fatto che i giocatori decidono tutte queste cose, essi decidono anche il kicker, cioè l'evento iniziale scatenante che dà inizio alla storia. (cioè, l'aver evocato un demone è la normalità, la quotidianità del personaggio. La storia inizia "ora" perchè "ora" è accaduto qualcosa di estremo, che turba questa quotidianità.
Esempio: hai evocato un demone per avere donne, potere e ricchezza. In cambio devi fare sesso con regolarità con donne sempre diverse, senza mai provare amore. il kicker è che ti svegli un giorno, e la tua partner della tua ultima notte di fianco a te nel letto è stata assassinata. Senti in lontananza sirene della polizia avvicinarsi. Cosa fai?
3) Un gioco con una situazione di base come questa potrebbe devolvere facilmente in un gorefest con giocatori superficiali che giocano a chi fa le cose piu malvage. Ma Sorcerer in realtà non è per personaggi simili: esiste una meccanica, l'umanità che pone un limite strettissimo a queste cose: ogni volta che fai azioni in gioco che possono comportare perdita di umanità, fai un tiro e rischi di perdere un punto. Quando vai a zero, diventi un png giocato dal GM (l'umanità funziona in pratica come un indice di quanto è interessante seguire le vicende di questo personaggio, l'idea è che ad un certo punto diventa tanto disgustoso che non mi interessa più seguire le sue vicende e non è più un protagonista. Diventa un antagonista, un png. Notare che i tiri li fa fare il GM, che quindi invece di essere l'autore della storia, diventa in pratica il portavoce di un pubblico fittizio...). L'umanità somiglia a quella di Vampire, ma con grosse differenze: prima di tutto, è modificata nel meccanismo di funzionamento in maniera che... funzioni, livelli di umanità non impongono comportamenti (è sempre una scelta del giocatore), e COSA rappresenti l'umanità può variare da campagna a campagna. Così lo decide il GM (che decide anche quando un azione ti fa rischiare di perderla, anche se comunque è sempre un tiro, non una perdita automatica).
Per essere chiari: un personaggio iniziale potrebbe avere umanità 2 o 3, la coperta è DAVVERO corta...
E per essere ancor più chiari: come ho scritto prima, l'umanità in Sorcerer non impone comportamenti. Il GM non può dirti che "non puoi fare una cosa perchè viola il tuo allineamento". Rischiare un tiro è SEMPRE una scelta libera del giocatore. Decide lui per cosa vale la pena rischiare di perdere la propria umanità.
4) il GM è istruito a giocare utilizzando la tecnica dei "bangs", cioè mettere sempre più in difficoltà i giocatori con scelte tematicamente difficili (sui bang ho già scritto diverse volte, qui trovate diversi thread
5) Si gioca così, aumentando via via la pressione, sia con i bangs che con i tiri di umanità che giocando i demoni (giocati...  "diabolicamente" dal GM) fino ad una risoluzione finale. Quando la situazione data dal kicker viene risolto, la storia è finita. Si possono giocare nuove storie con quei protagonisti (con un nuovo kicker) ma non si gioca ad oltranza quando la storia finisce.

Una struttura di gioco simile a questa (pur con differenze, cose tolte o aggiunte, etc.) la trovate in tutti i giochi narrativisti. Che sono tutti, più o meno, hack di Sorcerer, anche se separati dall'originale da diverse "generazioni" (Vincent Baker ha confermato non più di due-tre giorni fa discutendo con me quanto anche Apocalypse World sia direttamente ispirato da Sorcerer:  con la scelta consapevole di cercare di attrarre giocatori "tradizionali" ha scelto di far tornare indietro l'orologio fino a prima di The Pool, ma non prima di Sorcerer...)

Tornando a Sorcerer, che tipo di storia viene fuori? Edwards ne parla nel manuale stesso, citando le 4 categorie di risposte che si possono ottenere...

"If you are interested in the meaning of a story you and your friends generate, Sorcerer allows you to examine these issues. A villain is willing to sacrifice his or her own humanity for some goal that is often, upon examination, rather petty. A character worthy to be a protagonist should be more complex than that. The most interesting Sorcerer plot allows this person some hope of achieving a truly worthy goal, but places the means firmly along the path of sorcery.
The resolution of the story can include the following:
Retribution. The hero fails totally, losing control of the methods and accomplishing nothing but disaster for all concerned.
Remorse. The hero achieves the goal, but it is an empty victory for the methods have blighted the results beyond recognition.
The Outlaw Prevails. The hero achieves the goal, but the methods were kept under control and not permitted to spoil the vision;
Redemption. The hero achieves the goal only by putting aside the methods and trying another way entirely."

Io a Sorcerer (purtroppo) a parte una demo one-shot giocata con Ron, ho sempre fatto da GM, ma sono davvero tanti i gdr narrativisti che ho giocato con personaggi "discutibili" in cui ho cercato di ottenere "the outlaw prevail". A volte ci sono riuscito, con grandissima soddisfazione personale. A volte invece ho ottenuto un finale tipo Redenzione, o Rimorso. A volte mi è capitato Retribuzione.  Il punto è che non l'ho mai deciso prima. Ci ho provato, con passione e impegno, con vittorie e sconfitte, successi e fallimenti, e alla fine in ogni caso, ho ottenuto una storia che ho contribuito a creare e che ho vissuto, allo stesso tempo.

P.S.: Facendo un po' di chiarezza sulla nomenclatura: Egri usa "premise", "premessa", per tutta l'affermazione, visto che viene prima dell'opera e ne guida la realizzazione. Ma se in un gdr viene prima solo la domanda, allora nei gdr si indica come "premise" solo la domanda. Per la combinazione demanda-risposta (che ottieni solo a fine gioco) si usa theme (tema), da qui il titolo dell'articolo di Baker, "creating theme")

Dubbi o domande?


Pippo_Jedi:
Fan Mail per il post...

stavo per farti una domanda, ma poi scrivendo mi sono accorto che non mi tornavano alcune cose che mi pareva di aver capito... da cui più domande  ::)

Quindi: nella prima parte del tuo post spieghi, con rimandi, il discorso della premessa e leghi la cosa al discorso del narrativismo che è l'oggetto principale del post.
Quello che però non capisco bene è: un gioco (coerente) può non avere una premessa?
Infatti da quel che dici mi pare di capire che il discorso di avere una premessa, ed ovviamente poi strumenti per realizzarla, sia una condizione necessaria per avere un gioco di ruolo che non incappi nella cosa impossibile prima di colazione. Quindi anche un right to dream o step on up hanno bisogno di premesse... o no? o hanno bisogno di premesse diverse, magari nei contenuti?
Sto pensando adesso a Fiasco: è un Right to Dream, ha una premessa generale, sicuramente "crea storie"... ma non è narrativista, giusto?
Oppure la risposta è "la premessa è strettamente necessaria per un Story now, non lo è per gli altri che ne possono fare a meno ad esempio X"?


 :)

Moreno Roncucci:
Ciao! Prima di tutto: mi sa che un po' di confusione è giustificata dal fatto che non sono stato chiaro e completo quando avrei voluto.
E già mi sarei accontentato di fare un sunto sommario rimandando agli articoli originali per approfondimenti, ma mi sa che già quelli erano ristretti al limite, cercando di riassumere ancora di più ho lasciato fuori dei pezzi. Sono passato direttamente dal concetto di Premise ai giochi. E mi rendo conto che ho saltato quel pezzo proprio perchè era il più vario e lungo da spiegare...

Comunque, stavolta prima rispondo brevemente, e poi per le spiegazioni passo a citare direttamente gli articoli...


--- Citazione da: Pippo_Jedi - 2017-06-03 01:17:32 ---Quindi: nella prima parte del tuo post spieghi, con rimandi, il discorso della premessa e leghi la cosa al discorso del narrativismo che è l'oggetto principale del post.
Quello che però non capisco bene è: un gioco (coerente) può non avere una premessa?
--- Termina citazione ---

Il GIOCO può non avere una premessa "fissa" anche se coerente. Anzi, direi che quasi tutti non ce l'hanno (con una premessa fissa forse si dovrebbe definire più come "scenario" che "gioco")

Sorcerer non ha una premessa finchè...
1) non dici perchè hai evocato il demone e come
2) non viene definita l'umanità
3) non viene scelto il kicker
4) il GM non assembra da questi elementi un opposizione.
E già qui siamo a livello nemmeno di gruppo e tavolo, ma proprio di singole partite.  A questo aggiungi che qual era davvero la premise lo schiarisci in gioco e non è chiaro subito...

Tutti i "pezzi" che servono vengono elencati nell'articolo di Baker, e se vedi, sono tutti molto "sul momento": questi personaggi in questa situazione

"Given a character in a dynamic situation, you can identify the issue: what does the character have stakes in? Given a character with stake in an issue, you can create a dynamic situation: put the stakes at risk! Given a situation and an issue, you can figure out just what character is called for: upon whose decisions does the situation hang? The three, character issue and situation, are intimates. They create one another.

They're easy to see in your own play, once you've seen one once. They're hard to see if you're used to looking for other things. Also, before you know what you're looking at, it's easy to do a close but no cigar: create a stable situation, a character with no stake in the issue, or a non-issue instead.

D) But no, you've done it, you've created a character with a stake at issue in a dynamic situation. You've wound it up. Now turn it loose![/quote]


--- Citazione ---Infatti da quel che dici mi pare di capire che il discorso di avere una premessa, ed ovviamente poi strumenti per realizzarla, sia una condizione necessaria per avere un gioco di ruolo che non incappi nella cosa impossibile prima di colazione. Quindi anche un right to dream o step on up hanno bisogno di premesse... o no? o hanno bisogno di premesse diverse, magari nei contenuti?
--- Termina citazione ---

No. Prima di tutto torna sempre alla base: se c'è una storia c'è una premessa. Quindi se il GM è venuto con una bella storiellina pronta da farvi "giocare" su dei binari prestabiliti, lui ha già una premessa e cercherà di farvela giocare. "La vita non ha senso, poi arriva Cthulhu" non è una gran premessa ma ci sono parecchi che vogliono fartela giocare. Magari voi con quello che fate davvero in gioco ve ne fregate totalmente (e cercate di far fuori Cthulhu con la dinamite) ma la storia è del GM, la decide lui, e se lui dice che la premessa è quella la premessa sarà quella, qualunque cosa voi facciate per rovinargli la storia!. Ovvio che tutto questo non è narrativismo, non ci somiglia nemmeno! il fatto che ci sia una "storia" è totalmente irrilevante!

Potrebbe anche non esserci. Magari fate un dungeon crawl. Colpisco, ammazzo, colpisco, manco, cade, cade, non cade, scappo, fallisco il tito salvezza, rifaccio personaggio, bla bla bla....   che premise vuoi che ci sia? Ma è ovvio, non c'è una storia, chissenefrega della storia?

Non è assolutamente un discorso di "gamismo contro simulazionismo", puoi tranquillamente rovesciare la cosa: giocare a fare i cavalieri di re artù senza nessuna storia prefissata o puoi fare gamismo dentro le guidelines di una storia già scritta (1001 nights).

La risposta non può essere "c'è una premise" o "non c'è una premise" perchè...  ricordi? Stiamo parlando di PRIORITÀ. Non di PRESENZA O ASSENZA.

La premise è prioritaria SOLO nello story now. E lo story now è quel tipo di set di PRIORITÀ che dà la PRIORITÀ alla premise. Se la priorità (la creative agenda) è diversa, OVVIAMENTE la premise non è prioritaria.

Quando giochi a scacchi, è prioritario vincere o portare i calzini abbinati ai pantaloni? Se stai facendo un servizio di moda e sei in posa per una foto su Vogue, il calzino è prioritario, e la partita è finta. O magari è anche vera, la giochi nelle pause con l'assistente del fotografo, ma non è la priorità e anche se è brutta non gliene frega nulla a nessuno.  Se invece sei a un torneo di scacchi... chi se ne frega dei calzini?

Chiedere "ma nei giochi dove la premise non conta niente, c'è la premise" è come chiedere "ma nei tornei di scacchi, i calzini devono essere abbinati o no?".

È irrilevante. Tanto non conta niente. Le priorità sono altre.

Alcuni quote: dall'articolo di Edwards:

"Long ago, I concluded that "story" as a role-playing term was standing in for several different processes and goals, some of which were incompatible. Here's the terms-breakdown I'll be using from now on.

All role-playing necessarily produces a sequence of imaginary events. Go ahead and role-play, and write down what happened to the characters, where they went, and what they did. I'll call that event-summary the "transcript." But some transcripts have, as Pooh might put it, a "little something," specifically a theme: a judgmental point, perceivable as a certain charge they generate for the listener or reader. If a transcript has one (or rather, if it does that), I'll call it a story.

Let's say that the following transcript, which also happens to be a story, arose from one or more sessions of role-playing.

Lord Gyrax rules over a realm in which a big dragon has begun to ravage the countryside. The lord prepares himself to deal with it, perhaps trying to settle some internal strife among his followers or allies. He also meets this beautiful, mysterious woman named Javenne who aids him at times, and they develop a romance. Then he learns that she and the dragon are one and the same, as she's been cursed to become a dragon periodically in a kind of Ladyhawke situation, and he must decide whether to kill her. Meanwhile, she struggles to control the curse, using her dragon-powers to quell an uprising in the realm led by a traitorous ally. Eventually he goes to the Underworld instead and confronts the god who cursed her, and trades his youth to the god to lift the curse. He returns, and the curse is detached from her, but still rampaging around as a dragon. So they slay the dragon together, and return as a couple, still united although he's now all old, to his home.

The real question: after reading the transcript and recognizing it as a story, what can be said about the Creative Agenda that was involved during the role-playing? The answer is, absolutely nothing. We don't know whether people played it Gamist, Simulationist, or Narrativist, or any combination of the three. A story can be produced through any Creative Agenda. The mere presence of story as the product of role-playing is not a GNS-based issue."

[...]

"Story Now requires that at least one engaging issue or problematic feature of human existence be addressed in the process of role-playing. "Address" means:

*    Establishing the issue's Explorative expressions in the game-world, "fixing" them into imaginary place.

*    Developing the issue as a source of continued conflict, perhaps changing any number of things about it, such as which side is being taken by a given character, or providing more depth to why the antagonistic side of the issue exists at all.

*    Resolving the issue through the decisions of the players of the protagonists, as well as various features and constraints of the circumstances.

Can it really be that easy? Yes, Narrativism is that easy. The Now refers to the people, during actual play, focusing their imagination to create those emotional moments of decision-making and action, and paying attention to one another as they do it. To do that, they relate to "the story" very much as authors do for novels, as playwrights do for plays, and screenwriters do for film at the creative moment or moments. Think of the Now as meaning, "in the moment," or "engaged in doing it," in terms of input and emotional feedback among one another. The Now also means "get to it," in which "it" refers to any Explorative element or combination of elements that increases the enjoyment of that issue I'm talking about.

There cannot be any "the story" during Narrativist play, because to have such a thing (fixed plot or pre-agreed theme) is to remove the whole point: the creative moments of addressing the issue(s). Story Now has a great deal in common with Step On Up, particularly in the social expectation to contribute, but in this case the real people's attention is directed toward one another's insights toward the issue, rather than toward strategy and guts. [/i]

[...]

"in Simulationist gaming, a long and complex story might come about and be part of play, but only for the express purpose of bringing about all the appropriate genre elements in the game as part of the internal consistency of the Dream. i.e., a Sim game Colored with elements from Chinese wuxia movies might have a multilayered story involving class conflict, people being trapped by their social position, repressed romance, heavy action, a sorcerer and his eunuch henchmen - but these are all trappings of the genre. So, their inclusion in the game, part and parcel as they are to the Dream, isn't Narrativist because no one is creating a theme that isn't already there. In other words, it's just played out as the Situation part of the Exploration; because the Dream calls for it, there just so happens to be a kind of intricacy involved.

In Narrativism, by contrast, the major source of themes are the ones that are brought to the table by the players / GM (if there is one) regardless of the genre or setting used. So, to sum up, themes in Nar play are created by the participants and that's the point; themes in Sim play are already present in the Dream, reinforced by the play, and kind of a by-product. "

[...]

" Premise

How is this done, actually, in play? It relies on the concept of something called Premise and its relationship to an emergent theme.

I already snuck Premise past you: it's that "problematic issue" I mentioned. I've taken the term from The Art of Dramatic Writing by Lajos Egri. In reading what follows, bear in mind that he is discussing the process of writing, not an existing playscript or a performance:

... every good premise is composed of three parts, each of which is essential to a good play. Let us examine "frugality equals waste." The first part of this premise suggest character - a frugal character. The second part, "leads to," suggests conflict, and the third part, "waste," suggests the end of the play. ...

A good premise is a thumbnail synopsis of your play. [examples follow, including "Egotism leads to loss of friends." - RE]

... What is wrong, then? What is missing?

The author's conviction is missing. Until he takes sides, there is no play. Does egotism lead to loss of friends? Which side will you take? We, the readers or spectators of your play, do not necessarily agree with your convictions. Through your play you must therefore prove to us the validity of your contention.

A protagonist is not "some guy," but rather "the guy who thinks THIS, and does something accordingly when he encounters adversity." Stories are not created by running some kind of linear-cause program, but rather are brutally judgmental statements upon the THIS, as an idea or a way of being. That judgment is enacted or exemplified in the resolution of the conflict, and a conviction that is proved to us (as Egri says),constitutes theme. Even if we (the audience) disagree with it, we at least must have been moved to do so at an emotional level.

I think that any reliable means of story-writing, in any medium, conforms to Egri's principles. They may seem simplistic: the burning passion of the protagonist directly expresses a burning passion of the author's, who uses the plot as a polemic to demonstrate it. However, "Why Johnny shouldn't smoke dope" is only the starting point. More nuanced, ambiguous, and insightful applications arise insofar as more nuanced, ambiguous, and insightful authors and audiences are involved.

I said earlier that any role-playing can produce a story, and that's so. But Narrativist role-playing is defined by the people involved placing their direct creative attention toward Premise and toward birthing its child, theme. It sounds simple, and in many ways it is. The real variable is the emotional connection that everyone at the table makes when a player-character does something. If that emotional connection is identifiable as a Premise, and if that connection is nurtured and developed through the real-people interactions, then Narrativist play is under way. Some nuances:

*    "Character does something" can mean foreshadowing, flashback, and anything in between. It can mean the character is just thinkin' about it, or it can mean the character flat-out does it. As long as the fictional character is brought into the perceptions and possible emotional responses of the other people at the table, then it counts.

*    It doesn't matter whether the character fictionally "meant" to do the action, premeditated it, or acted on-the-spot.

*    In stories (unlike real life), the character's immediate environment is kind of a weird sidekick, who sometimes acts in the character's favor and sometimes against him or her. "Character does something" often includes this sidekick's behavior.

*    "Identifiable" means assessing how the players treat one another during the process, socially."

[...]

"Narrativist Premises vary regarding their origins: character-driven Premise vs. setting-driven Premise, for instance. They also vary a great deal in terms of unpredictable "shifts" of events during play. The key to Narrativist Premises is that they are moral or ethical questions that engage the players' interest. The "answer" to this Premise (Theme) is produced via play and the decisions of the participants, not by pre-planning. "

E insomma... leggiti tutto l'articolo. Considero il mio (presuntuoso) tentativo di "riassumerlo" sostanzialmente fallito...

Pippo_Jedi:
Grazie per la risposta e per i vari quote: mi stavo leggendo (rileggendo in alcuni casi) alcuni dei link che hai mandato ma mi ci vorrà un po'...

Intanto che ci rimugino sopra avrei una domanda, decidi su se rispondere/espandere o se aspettare che nel frattempo abbia letto i vari link che hai postato (è molta roba, molta l'ho letta diverso tempo fa).

La questione è: ok che quando parliamo di premise in senso stretto, come ribadisci giustamente, si stia parlando di quella giocata, non tanto di di quel gioco.
Ma l'argomento del topic è anche "come si fa a fare un gioco narrativista". La domanda è quindi: se la premessa "particolare" (non so che altro termine usare, correggimi pure) è della singola partita al tavolo, e può essere diversa per diversi personaggi, ogni gioco ha una... "meta-premessa"? ce l'ha? si chiama in altro modo?
Se gioco a Polaris ad esempio, mi verrebbe da dire che una meta premessa potrebbe essere "Quanto sei disposto a sacrificare per chi hai giurato di proteggere e che non vuole il tuo aiuto?"
Ogni cavaliere declina poi, giocando la singola partita, in modo anche molto diverso tutto questo "personalizzando" il quanto con persone e/o idee specifiche in modo da non rendere la premessa un dibattito filosofico e, come dicevi se ho capito nel discorso dello spezzare in due le premesse, dando una propria risposta.
A me parrebbe che le due pagine di Egri sulla necessità di una premessa "intera" e non spezzata si applicano in senso più stretto a questa "meta premessa"?
Egri infatti dice che una storia che manchi di una premessa chiara all'autore sarà loffia... a senso mi verrebbe da dire che la stessa cosa potrebbe valere per un gioco: la meta premessa di cani della vigna è diversa da quella di polaris.

Se questo ragionamento ha senso allora una cosa interessante sarebbe, per me almeno  ::), approfondire la relazione che c'è fra il trovare una meta premessa e trovare i vari elementi di design che permettono a questa meta premessa di esprimersi...

non so se quel che ho scritto ha senso e ribadisco: dimmi tu se preferisci aspettare che legga tutto prima di rispondere a questo o se pensi che intanto valga la pena...

ciao ciao e grazie mille!

Pippo_Jedi:
Ciao,
allora ho letto Engri, Ron e Vincent.

Delle cose che ho letto quella che, al momento, mi interessa capire è la parte relativa alla premessa: io scrivo, vedi tu se la discussione che ne segue è da splittare oppure no rispetto al tuo post iniziale.

prima cosa: non ho giocato a Sorcerer e non ho letto il manuale, quindi se fai esempi su quello posso seguirti solo con l'immaginazione e non grazie all'esperienza diretta.

1) Se ho ben capito la parte di Ron che riguarda la Premessa e Story Now il punto è che perchè un GIOCO possa essere Story Now (nell'accezione di avere un insieme di cose che rinforzano/facilitano un'agenda creativa Story Now durante una singola giocata) deve avere diversi "pezzi" che permettano ai giocatori di affrontare una Premessa e che permettano di dare una loro risposta ad essa.

2) In parti successivi alla definizione di cosa sia una premessa e perchè sia importante Ron elenca/analizza/fa esempi di singoli Pezzi di design (uso Pezzi perchè userei a sproposito Tecniche o altri termini) e di come possano o no, in generale, essere utili, non essere utili o come siano sbagliate/giuste le percezioni delle persone sulla loro utilità.

Su questa falsariga era la domanda che avevo espresso precedentemente:
Posto che Una Premessa è proprio quella singola cosa lì, del personaggio Keeler, l'arsenale di quella partita di Apocalypse World...
Mi pare di capire dallo scritto di Ron che in fase di design l'autore del gioco scelga quali pezzi usare e quali no e dovrebbe, fra le altre cose, pensare quanto siano in grado di facilitare/rafforzare il costruire/affrontare una premessa durante una partita e fa alcuni esempi riguardanti, ad esempio il capitoletto intitolato  "Where little Premises come from ".
Quindi, e sto tornando alla mia domanda, mi parrebbe di capire che l'autore può instradare/limitare/facilitare le premesse che si creano in una singola partita... in questo caso sarebbe corretto quindi dire che l'autore sta facendo una/delle "mete-premesse" che determinano una ... ... ... """premessa""" del gioco in quanto tale?
Faccio un paio di esempi così vediamo se mi spiego:
Polaris: cercherai di salvare da sè stesso un popolo che non vuole essere salvato, la cosa ti logorerà fino al tradimento dei tuoi ideali o sceglierai la morte?
Cani nella vigna: sei LA legge ed hai una pistola in mano: fin dove ti spingerai per affermare ciò che per te è giusto?

Mi verrebbe da dire che queste possano essere premesse generali dei singoli giochi; successivamente, attraverso la creazione del personaggio ed il via al gioco (il processo di cui facevi l'esempio con Sorcerer), la premessa di quel personaggio/giocatore viene creata, ma rimane sempre "sovraimpressa/affiancata" alla premessa generale... con i giocatori che affronteranno a seconda del momento e del loro interesse una o l'altra, o una nuova emergente da nuove situazioni di gioco o magari la premessa particolare deriva da quella generale e ne è una deriva situazionale del tipo
Cani: hai affermato che mentire è sbagliato, ora per salvare tua cugina ingrid devi o mentire o rischiare di uccidere qualcuno, che fai?

Dico cose senza senso o ho capito le cose che dice Ron a riguardo? Perchè su questa parte è, forse, meno esplicito che ad altri passaggi...


Edit: mi sono accorto che ho lasciato senza risposta il post in cui mi rispondevi sulla questione  "un gioco (coerente) può non avere una premessa?"
Ok: grazie mille, mi pare di aver capito la tua spiegazione e mi torna tutto quello che scrivi.

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