Autore Topic: [Sweet Agatha] Distruggere qualcosa di bello per salvare qualcuno che si ama…  (Letto 2915 volte)

Daniele Di Rubbo

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Mi scuserete se inizio questo post in maniera così criptica e, forse, pretenziosa. La verità è che questo post non è per voi: questo post è per Fabio Succi Cimentini. Se voi siete qui è solo perché mi piaceva l’idea di condividere.

Stasera stavo cercando degli articoli e delle discussioni che parlassero di questo gioco, Sweet Agatha (Kevin Allen Jr., 2009–2016) e mi sono imbattuto in questa discussione su “Story Games”. E, in questa discussione, mi ha colpito molto il commento che diceva:

Citazione
Now I just want to know whether I have to destroy something beautiful to save something I love or destroy something I love to save something beautiful.

E, niente, ci sono arrivato: ho capito qual è il senso profondo di dover tagliare un manuale stampato a colori su carta di alta qualità. Prima non lo vedevo: il conflitto, la simbologia che ci stava dietro; prima mi dicevo: “Sì, l’autore dice che vuole che tu abbia la sensazione di distruggere qualcosa di bello e caro”, ma non capivo in che modo questo si interfacciasse col gioco, se non a un livello superficiale, quello di una dichiarazione di intenti artistica.

Eppure la risposta era là, in quella prima partita che abbiamo giocato a GnoccoCON 2016, ormai una settimana fa. Potete ascoltare il post di quella partita su GDR Unplugged per farvene un’idea, ma eccone il senso (occhio che, se stavate seguendo la giocata, qui piovono spoiler!).

Durante quella partita, Fabio giocava, Robin, il Lettore e personaggio protagonista della storia, colui che cerca la scomparsa “dolce Agatha”, e io giocavo la Verità. Robin era il ragazzo di Agatha e ha inseguito la sua pista di briciole di pane, fino a scoprire che la donna che amava soffriva di disturbi della personalità e che era entrata in un brutto giro di gente che la trattava come se fosse un’entità mistica; aveva persino ripreso a drogarsi…

Alla fine Agatha ha dovuto decidere di uccidere la sua personalità autodistruttiva, rischiando di far morire anche l’altra, quella che amava Robin e che voleva stare con lui, proprio per cercare di rompere il circolo vizioso che le impediva di stare con Robin.

Allo stesso modo, mano a mano che andavamo avanti a giocare, Robin ha scoperto lati di Agatha che non conosceva e che una persona normale non sarebbe felice di scoprire sulla sua ragazza: delle verità che metterebbero fortemente in crisi qualunque rapporto, perché rivelano lati dell’altro che spereresti di non scoprire mai.

Ed è qui che emerge la domanda tematica del gioco:

“Distruggerò qualcosa di bello per salvare qualcuno che amo, oppure distruggerò qualcuno che amo per salvare qualcosa di bello?”.

(Non è una risposta che noi possiamo dare al posto vostro e, se anche voi vorrete trovarla, allora vi consiglio di giocare a Sweet Agatha).

Tu, invece, Fabio, che cosa ne pensi?
« Ultima modifica: 2016-09-10 22:09:24 da Daniele Di Rubbo »

Fabio Succi Cimentini

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Sai cosa? Credo che, come tanto del lavoro di Kevin nel creare Sweet Agatha, sia una possibile interpretazione.

Agatha può essere mille storie, mille davvero. Si sa chi era lei (ma si sa davvero? Alla fine, se ci pensi, del prologo che ho letto quanto è rimasto alla lettera dell'Agatha che è uscita fuori nel gioco?) e non si sa chi è il Lettore, che rapporto davvero aveva. Sarà davvero qualcosa di così forte da portare ad una scelta del genere? Si arriverà ad una scelta del genere? Magari Agatha è già morta, o non verrà più trovata. Magari la vera posta in gioco sarà altro.

E' come la trottola di Inception, secondo me. O gli elementi vari sparsi per l'isola in Dear Esther (gioco che non a caso mi è uscito spontaneamente fuori di citare mentre parlavamo tra un momento di gioco e l'altro.) Spunti sparsi, forti o meno, messi per lasciare ai giocatori il senso finale. Sweet Agatha nell'impostazione mi sembra proprio volere essere un'opera aperta, proprio per come dialogano la mole di foto/appunti/rimandi mostrati ma non spiegati e l'impostazione estremamente minimale delle regole. Ti sbatte in faccia una premessa, una ricerca della verità e ti lascia tutto. Anche troppo.

E' l'equivalente ludico della letteratura sperimentale, se la tira un casino, e in fondo è un bel gioiellino che si merita di farlo.

Tipo, il gioco a cui mi verrebbe più semplice paragonarlo a questo punto è Lacuna.
nel dungeon nessuno può sentirti belare  |  emo gamer, sense of wonder gamer, pucci-un-cazzo gamer, vive la varieté.

Daniele Di Rubbo

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No, allora… che dire? Hai ragione da vendere!

Dopo aver letto tutte quelle discussioni di Kevin Allen Jr., e le citazioni e i discorsi di Ron Edwards e di Tim C. Koppang, posso solo dire che è esattamente come dici tu.

Questo gioco non ha un obiettivo unico, non ha una strada unica, non ha un risultato unico, non ha un genere unico…

È davvero l’equivalente ludico della letteratura sperimentale, e l’autore non ne fa alcun segreto. E anche coloro che ci giocano, prima o poi, lo capiscono.

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