All'epoca il mio credo ruolistico era "le regole non contano niente, se riesco a creare un ambiente libero".
Ho così' deciso di fare una campagna prendendo spunto dal racconto di Borges Tlon Uqbar Orbis Tertius in cui un mondo alternativo, incomprensibile e misterioso. stava lentamente sostituendosi alla realtà.
In realtà la campagna era ovviamente molto teleguidata da me, in maniera esasperata per certi aspetti. Ho deciso il setting, il plot, grosso modo dove i giocatori sarebbero dovuti andare e a cercare chi. Mi sono sforzato di rendere il tutto più intrigante possibile e ho prodotto una quantità di handout spaventosa (nel capitolo londinese ho realizzato un quotidiano scandalistico che usciva per ogni giorno in-game, in tutto 7 numeri da 4 pagine di cui ho scritto tutti gli articoli, in quello italiano ho scritto la versione locale del medesimo "La Nazione" per 3 numeri, in ambient da ventennio (era il '27 in game). Una mole di diari dei png impressionante se ci ripenso oggi (c'è un handout cruciale, che è un po' la confessione di buona parte della trama pensata da me, quella che è accaduta prima del'avventura giocata di uno dei png, che è un diario di 80 pagine word.) Ho persino composto un breve testo teatrale (10 pagine) che i giocatori hanno recitato durante una sessione.
Lo sforzo di creazione di materiale è quello che oggi i giocatori ricordano ancora con piacere di quell'avventura, ma non è il punto focale.
Quell'avventura per me fu una vera epifania e lo fu alla prima sessione.
Come ho detto, l'avventura era particolarmente teleguidata da me, ma avevo scientemente deciso di non decidere molte cose, per lasciare una determinata "libertà" d'azione ai PG.
Non avevo deciso un finale, anche se ne avevo in mente almeno tre o quattro alternativi, non avevo deciso nemmeno buona parte delle cose che sarebbero accadute dopo la prima sessione, che fu per me sconvolgente.
Per farla breve i PG vengono ingaggiati da una giovane donna newyorkese che aveva recentemente scoperto di avere un padre biologico che non aveva mai conosciuto diverso da quelo che l'aveva cresciuta e che risultava residente a Londra. Avevo disposto che i PG trovassero li la casa dell'uomo e che all'interno della casa trovassero un oggetto cruciale, uno specchio molto grande, nel cui riflesso due dei PG che vi si specchiarono, quello di M e quello di V, la giocatrice neofita, si videro rapidamente "sostituire" da facce sconosciute.
A quel punto accade qualcosa che la mia esperienza di giocatore e master non aveva mai conosciuto.
Un vero imprevisto, non semplicemente nel senso di cosa non prevedibile, ma proprio qualcosa che sfuggiva ai miei codici interpretativi di giocatori e master.
L'esperienza mi aveva insegnato che se dai un oggetto magico o soprannaturale, dagli evidenti poteri al gruppo, questo cercherà di capirlo, di usarlo, ma non lo distruggerà prima di averci messo almeno uno sguardo sopra.
E invece fu quello che accadde: V, in un gesto tanto spontaneo quanto meraviglioso, fece distruggere alla sua PG, terrorizzata da quello che accadeva nello specchio, l'oggetto che mi ero spremuto il cervello per creare e per far si che gli accompagnasse per un periodo nella campagna, prima ancora che potessero minimamente capirne il senso, l'utilizzo, il significato o qualunque altra cosa. Era una cosa spaventosa e mostruosa per lei e andava distrutta subito.
Quell'esperienza cambiò radicalmente tutta la mia percezione e impostazione di cosa sarebbe dovuto essere quella campagna.Gli spazi di libertà e di creatività dei personaggi non potevano essere limitati a quelli che si possono esperire in Blade Runner, ma dovevano essere qualcosa di più.
Anche se la campagna rimase ovviamente molto impostata dalla mia trama fondamentale, in qualche modo le scelte dei giocatori hanno avuto un peso.
Due intere sessioni sono state giocate in una parte di setting che io non avevo assolutamente pensato, ma che i giocatori hanno sviluppato autonomamente, partendo dal background del personaggi di V, cresciuta dai preti, portando il personaggio di M in un convento dove hanno tentato di esorcizzarla, convinti che fosse incinta del demonio. Non solo tutto questo non lo avevo previsto,ma in qualche modo, del tutto inconsapevole, venne creato con un meccanismo che oggi ho ritrovato simile in Dungeon World, tramite scambi di domande tra custode e giocatore.
Di quella campagna oltre alla sopracitata scena nel convento, ricordo un'altra scena in un campo rom del tutto derivata da scelte dei giocatori, l'investigatore irlandese che al termine di un dialogo surreale con un png si strappa la catenina con crocifisso, avendo ormai realizzato insostenibile la fede cattolica a fronte dell'assurdità del mondolovecraft-borgesiano che stava divorando la realtà, i dilemmi dei PG di fronte alla PG incinta: ucciderla? farla abortire? far sparire il neonato? Inoltre, alcune scene davvero memorabili per intensità, prima fra tutte questa: la png che aveva commissionato la ricerca del padre al gruppo si chiamava Ethienne e i PG avevano il fondato sospetto, a campagna avanzata, che fosse parte integrante del grande complotto, oltre a questo il personaggio di M era ossesionato dal fatto che questa Ethienne volesse sostituirsi a lei (difatti l'origine dei dubbi sull'infante che aspettava erano se fosse veramente suo e dell'irlandese o se invece fosse parte della macchinazione). Durante una sessione particolarmente emozionante, V, rivolgendosi al personaggio di M, la chiama ripetutamente Ethienne. (Involontariamente, cioè la giocatrice V, non per scelta narrativa, ma in palese confusione da emozione, o da totale immedesimazione, scambia i due personaggi e si rivolge a lei col nome dell'altra) con grande freddezza, M decide che i tratti del suo personaggi mutano, i capelli scolorano dal suo nero corvino al rosso di Ethienne e quando si rivolge agli altri, sottolinea che il suo timbro vocale è cambiato e che possono ricordare come fosse quello di Ethienne, incontrata settimane prima.
L'avventura piacque ed entusiasmò tutti, me per primo e questo entusiasmo impedì di vedere i limiti di quell'esperienza e per anni quel modello ha rappresentato lo standard con cui mi preparavo a organizzare una campagna.
Tra il 2010 e il 2013 si susseguono alcune esperienze di gioco marginali, fino a che nel 2013, con la solita e indefessa M, l'attrice, mettiamo su un nuovo gruppo col preciso intento di avere un "Cast" stellare. Oltre a lei infatti ci sono M e A, due giocatori di Live, improvvisatori e dalle mille altre caratteristiche che rendono il tutto subito molto intrigante. A loro tre si aggiunge ancora un'altro A, prelevato dal mio gruppo storico.
In quel periodo avevo da poco visto per l'ennesima volta tutto Twin Peaks e quello che volevo mettere in scena era appunto qualcosa che richiamasse l'esperienza di quella serie, non tanto l'indagine, quanto piuttosto l'idea di una cittadina sordida, con mille segreti e mille intrecci.
Così oltre a disegnare in qualche modo la cittadina stessa, ho realizzato un gran numero di PNG, tutto con alcune caratteristiche definite (aspetto, nome, almeno tre aggettivi per definirne psicologia e reazioni) e soprattutto creando uan serie di diagrammi con le relazioni interne tra i vari PNG in città, oltre che con due dei PG (due PG investigatori federali, due PG locali)
Al solito ho creato un quantitativo mostruoso di Handout, cercando di andare oltre il materiale scritto, così ho registrato audiocassette, ho prodotto numeri di Flesh World (si, direttamente derivato da TP), ho comprato alcune cose, tipo una piccola cassettina di sicurezza e altre robe, ho composto patchwork).
Fin da subito ho cercato di impostare la campagna lasciando la più ampia libertà di movimento, nei confini della cittadina ai giocatori, avendo deciso in anticipo solamente chi fosse il colpevole (non deciderlo, avrebbe significato grand i problemi di coerenza interna alla mia narrazione con tutta la mole di handout, costruiti per essre anche degli indizi, oltre che una forma di colore.)
I giocatori hanno impostato le indagini come meglio hanno preferito, impostato sessioni esclusivamente sul rapporto tra i loro PG e quant'altro.
La campagna è durata circa un anno, con giocate a cadenza settimanale (con pausa estiva e qualche buco qua e la) e rappresenta per me ancora oggi una delle esperienze ludiche più belle che abbia mai affrontato.
L'esperienza è stata unanimemente considerata un successo, ce la siamo spassata per così dire.
Oggi a mente fredda, a distanza di due anni e con un'altra esperienza di mezzo, invece fallimentare, riesco a vedere cosa ci fosse di strano in quella straordinaria campagna.
In un anno non sono mai stati tirati dadi, a parte ogni tanto per determinare qualche perdita di sanità, ma non mi inganna la memoria se tra un lancio di dadi e l'altro, almeno ad inizio campagna, sono passati anche un paio di mesi.
Ora io lo so che esistono anche io giochi diceless, ma non è il caso di CallOfCthulhu 5edizione.
Il non lancio dei dadi, l'entusiasmo generale, il coinvolgimento e tutto il resto, ci ha fatto credere, me per primo, di aver trovato l'approdo definitivo per giocare in modo soddisfacente le nostre storie, almeno utilizzando la piattaforma (vuota in realtà) di CoC5thEd.
In realtà le cose non stavano così, noi non stavamo giocando ad una versione homemade di CoC5thEd ma sostanzialmente stavamo non-giocando ad un gdr, bensì giocando a recitare a soggetto. Data la peculiare ambientazione che voleva ricreare le sensazioni di Twin Peaks, la notevole capacità recitativa per background artistici o teatrali della maggior parte dei coinvolti la cosa ha funzionato, tenuta insieme da un rapporto di fiducia tra il narratore e i giocatori. Non c'era bisogno di lanciare dei dadi, perchè io non avrei reagito alle improvvisazioni dei giocatori per guidarli su una strada prefissata verso un obbiettivo di trama (eccezion fatta per chi è l'assassino, che però in fin dei conti, avrebbe potuto anche farla franca o non venir mai scoperto) ma lo avrei fatto sempre per permettere ai giocatori di proseguire nei loro obbiettivi parziali di campagna (se assumiamo che l'obbiettivo comune e totale era quello di "scoprire il colpevole").
Li per li, quello mi è sembrato il santo graal del gdr. Sfortunatamente le cose non stavano così.
Conclusa la campagna, con il gruppo non siamo riusciti a coniugare gli impegni per lanciare una nuova campagna e così, tempo dopo, ho provato a rilanciare il mio santo graal con un nuovo gruppo, in buona parte derivato dal mio gruppo storico (compreso A, uno di quelli della campagna-Twin Peaks e D, il master storico dell'AD&D) e C, una giocatrice alla sua prima esperienza, cercando di costruire una nuova campagna di Cthulhu con le stesse caratteristiche.
Abbiamo iniziato in primavera di quest'anno e a giugno abbiamo dovuto interrompere per impossibilità concreta di continuare a giocare serenamente.
Il gruppo, per 3\4 composto dal vecchio gruppo di AD&D, ha in buona sostanza rigettato il mio metodo di gioco, forzandolo a giocare in modo tradizionale, come un gruppo di avventurieri e emarginando C, da me in buona parte convinta a giocare nel modo della precedente campagna (di cui è stata spettatrice per gli ultimi 2 mesi).
All'inizio questa cosa era soft e ho cercato di porvi rimedio parlando anche fuori dal gioco, ma è stato inutile, siamo arrivati ad un'ultima sessione in cui D fa uccidere al suo personaggio il personaggio di C perchè si sarebbe comportato non in linea con gli interessi del gruppo, additando la cosa a una sua inesperienza, incapacità di giocare, a fronte invece della loro decennale esperienza. Ci sono stati anche alcuni momenti di tensione quella sera, con qualche alzata di voce di troppo e ho preferito interrompere subito.
Successivamente ne ho riparlato con gli altri due giocatori e anche con C e abbiamo cercato di analizzare la cosa, ma mai tutti insieme per ora.
Sono rimasto molto scottato e deluso da questa esperienza, perchè da un lato mi ha mostrato come il sistema che aveva funzionato così bene con un cast, è andato rovinosamente con un altro cast rivelandosi di fatto inutilizzabile e troppo soggetto ai delicati equilibri della composizione del gruppo che gioca.
Inoltre mi è sembrato di scontrarmi come in un incidente frontale stradale con un camion con le radicate e immutabili abitudini che ho imparato a conoscere in una decina d'anni di AD&D, le ho sentite più forti di me, del mio modo di giocare, comunque di modi di giocare di altro tipo.
La delusione è stata così forte che, al contrario di altre volte in cui ho smesso per un po' di giocare (di solito sempre per impegni di lavoro miei o degli altri giocatori), ho subito cercato la solita M e l'altro A del gruppo Twin Peaks per capire se era possibile rimettere su con loro un gruppo che coinvolgesse C.
A ci ha proposto di giocare con altri giocatori e ci ha proposto di giocare a Dungeon World, a cui anche lui non aveva mai giocato, come esperimento.
E' stata una rivelazione.
Sono bastate le prime due sessioni per darmi un senso di freschezza che non sentivo davvero da anni. Non è stato solo divertente e appassionante giocare (merito anche di A, davvero bravo nel ruolo di narratore) ma è servito a rilanciare la mia passione facendomi scoprire il mare magnum dei giochi di nuova generazione. Così ho iniziato a leggere qua e la, scoprendo questo forum e tutte le discussioni sui giochi. Ho così iniziato a riflettere per la prima volta in modo compiuto e approfondito sul mio rapporto con l'hobby e, mi sembra incredibile, ma dopo quasi vent'anni sento davvero di essere arrivato ad una nuova fase di entusiasmo e del mio rapporto con i giochi di ruolo. Mi sembra, forse per la prima volta, di aver affrontato questi giochi in modo adulto. E' un bel risultato, a 32 anni!
Questo pippone interminabile e autoreferenziale, è il risultato di questa autoanalisi.
Scusate la prolissità, non so se sarà interessante o utile per voi, ma di certo lo è stato per me.