Autore Topic: Autoanalisi del mio percorso ludico con i giochi di ruolo  (Letto 5237 volte)

Non ho mai scritto actual play o esperienze di gioco prima e anche se ne ho discusso a lungo è forse la prima volta che mi fermo a riflettere in maniera ragionata sul percorso ludico che ho attraversato in tutti questi anni in quest'hobby.
Perdonerete spero la lungaggine e forse anche il senso di autoreferenzialità, spero di non essere pesante per chiunque avesse la voglia di leggere.

Ho iniziato a giocare ai giochi di ruolo nel 1994 insieme ad alcuni amici, G, L e L, iniziati a questa pratica da un cugino più grande di uno degli amici, Manu Tonini, forse qualcuno lo conoscerà per certe striscie demenzial-demenziali su D&D e dintorni. Ricordo ancora come fosse oggi la prima volta in assoluto che ho giocato a qualcosa di paragonabile ad un gioco di ruolo.
Manu aveva promesso di farci da DM per una campagna, ma quella sera non era disponibile ed essendoci noi quattro ormai già trovati, decidemmo di provare comunque a giocare. Siccome non possedevamo nemmeno un manuale, giocammo in qualche modo a Il Richiamo di Cthulhu. Dico in qualche modo perchè tutto il regolamento di cui disponevamo era quello che uno degli amici, L, il cugino di Manu, ricordava da una sessione del gruppo di CoC del parente a cui aveva assistito qualche tempo prima. Ne risultò una cosa completamente arbitraria stabilita da noi, con i PG da 100pf, armi stravaganti, abilità stilate a memoria e a fantasia e meccaniche completamente arbitrarie. Sapevamo solo che il gioco funzionava con il lancio con un d100, quindi tutto ruotava intorno a quello. Quella breve avventura proseguì per almeno altre due sessioni e ne ricordo ancora quasi distintamente la trama. C'erano degli omicidi efferati, gli indizi portavano ad un circo, il "mostro lovecraftiano" era una delle acrobate che in realtà era un licantropo. Fu incredibilmente coinvolgente e divertente, come non poteva essere altrimenti per dei ragazzini di 11 anni che decidevano insieme di divertirsi a quel modo così bizzarro e diverso da quello dei coetanei (andavamo in una scuola media da 5 sezioni con quasi 400 studenti del circondario e nessuno aveva mai sentito parlare di giochi del genere, ne volle mai provarci).
Parallelamente iniziò la campagna con Manu. Mano aveva i manuali, almeno quello della 4 edizione di Il Richiamo di Cthulhu e il manuale base del D&D nella sua versione "scatolone nero con drago rosso disegnato sopra", quello con dentro il manuale, una mappa di un dungeon e un'avventura prefabbricata di cui ricordo solo le miniature di carta e il fatto che i PG iniziassero prigionieri.
I manuali esercitavano una grossa influenza su di noi e dopo poche sessioni con Manu, che consultava regolarmente il manuale mentre giocavamo, ci apparve chiaro che non potevamo farne a meno per giocare "in proprio" (Manu non poteva concerderci in principio più di una sera ogni 15 giorni, che poi divenne 1 volta al mese, anche se per un periodo, anni dopo, ci fu una cadenza settimanale). Iniziò così un grande rigirio di fotocopie dei manuali dei due giochi di cui sopra. Fino a che un annetto dopo, i miei mi regalarono la scatola nera per natale e ottenni finalmente l'agognato manuale in versione originale. Di quel manuale ricordo solo le pagine dei mostri e quelle delle classi.
Nel periodo delle scuole medie giocavamo spessissimo, a volte anche solo in tre, facendo DM o Custode a rotazione, con avventure tendenzialmente improvvisate o derivate dalle trame di qualche avventura letta su topolino (tipo Indiana Pipps o roba con Zapotec e Marlin) con personaggi che duravano meno di niente, situazioni del tutto improvvisate, regole cambiate all'istante e ogni altra tipologia di arbitrio.

[Devo a questo punto fare un inciso doveroso. L'esperienza dei gdr si intrecciava per noi ragazzini dei primi anni '90 con l'esperienza delle prime console e dei primi PC. Ho giocato per anni soprattutto con l'Amiga 500 e a partire dal '96 anche con un primo 486. Tutti noi abbiamo amato le avventure grafiche, tutti abbiamo giocato a Monkey Island, a Gobliiins, a Day of the Tentacle, a Indiana Jones and the Fate of Atlantis, a Sam&Max. Sono assolutamente certo che la passione per determinati videogame si sia, almeno in me, sovrapposta in quegli anni al piacere di giocare ai giochi di ruolo. Giocare ai GDR era in primo luogo la possibilità di vivere in prima persona e non in terza persona avventure paragonabili a quelle. La mia esperienza con i videogiochi si sarebbe intrecciata di nuovo a quella con i GDR, più in là con gli anni.]

Nel frattempo la campagna con Manu proseguiva e insieme a quella iniziò il rito del Lucca Comics, per la prima volta nel 1996, accompagnati dal solito Manu. Oltre a questo il gruppo (che era ed è ancora oggi in primo luogo un gruppo di amici) andava allargandosi, passando dai 4 originali, per gradi, al numero di 8, che resiste ancora oggi. In quella fase, con il nostro secondo Comics, cambiarono molte cose che si possono riassumere in questi tre punti.
1) Manu acquista la scatola per l'espansione Forgotten Realms, trasferendo in quell'ambientazione la nostra campagna (con adeguato evento in game di attraversamento portale) rompendo per primo la tradizione, che invece proseguirà per il resto del gruppo, di ambientazioni home made.
2) Un altro amico, D, acquista i manuali dell'Advanced D&D Seconda Edizione, Giocatore e Master, destinati a diventare lo standard di riferimento per tanti, tantissimi anni delle avventure "al D&D" del nostro gruppo. Una parte del gruppo, con lo storico master, ci gioca ancora oggi (in culo a tutti i D&D 3.x, 4, 5, Pathfinder, mi verrebbe da dire). All'interno del nostro gruppo infatti, non è cosa strana la THAC0, casomai è cosa strana il Grado di Sfida o la CD.
Per lungo tempo siamo riusciti a continuare a gestire una turnazione del ruolo del master molto ampia, facendolo a giro, e cambiando gioco (in realtà saltando da AD&D a CoC e tornando indietro), almeno in 4 persone diverse per tanti anni. Col passare del tempo due sono venuti meno, retrocedendo al ruolo di soli giocatori, lasciando me e D il ruolo di Master alternati (io a CoC e lui a AD&D)
3) Il mio primo tentativo di rendere un racconto di Lovecraft in un'avventura a Coc (il racconto era Lo strano caso di Charles Dexter Ward).

[Nel 1998, Manu compra Baldur's Gate. Ne è entusiasta e lo masterizza per tutti. Baldur's Gate è una rivelazione, è un gioco fantastico in un mondo fantastico. E nasce subito in tutti la necessità di rivivere al tavolo le esperienze dello schermo del PC. L'AD&D era lo strumento perfetto per giocare ad un videogioco, stando al tavolo tra amici]


Queste tre cose informano il nostro gioco a venire per gli anni successivi.
In particolare, l'ambientazione che D ha creato per l'AD&D va stabilizzandosi e diventa il mondo permanente in cui muoveranno generazioni di personaggi (e in cui si muovono quelli che chi tra gli amici continua a giocare a quelle campagna muove oggi)
Le mie avventure diventando stabilmente quelle di Coc diventano quelle (nel nostro linguaggio) narrative e investigative.

Guardando indietro a quel periodo, per quel che concerne le avventure del ADeD (che in qualche modo iniziarono a diventare quelle "ufficiali") mi rendo conto di come negli anni si siano sedimentati comportamenti che da 12enne sembravano normali, e che sono diventati poi un fastidio notevole da affrontare tra amici adulti.
Parlo degli sgarri tra giocatori usando i PG, di trame tra alcuni giocatori e il master e via discorrendo.
Se a 12, ma anche a 14 anni fare un gruppo di PG malvagi che si accoltellano nel sonno, si rubano gli oggetti e passano tutte le avventure a cercare di uccidersi era uno spasso condiviso (sono cose di cui ridiamo ancora oggi, ricordandole) col passare del tempo questi comportamenti si sedimentano e diventano una prassi sempre più difficilmente gestibile. L'arbitrarietà degli eventi, della stessa importanza a livello sia narrativo che meccanico che i PG ottengono in funzione dei rapporti col master. Ci sono voluti anni ma io sono arrivato ad un punto di burnout, disinteressato tanto agli eventi narrati quanto alle gerarchie interne, gioco sempre meno e tra il 2001 ed il 2003 le mie presenze sono sempre più diradate.
Ritornerò a giocare settimanalmente tra il 2003 e il 2005 anno in cui, iniziando a lavorare stabilmente la domenica sera (rituale serata d'incontro) mi taglio autonomamente fuori dal gruppo di gioco. In quel periodo avevo un rinnovato interesse per il fantasy e comprai anche alcuni manuali della terza edizione per l'ambient del Forgotten Realms, ambient che mi pareva interessante (prima di sovrapporre la mappa del Faerun a una della Terra vera e rendermi conto che è quanto di meno originale si potesse concepire. Voglio dire, il Thay è la Cina e Zsass Tam è Mao Tse Tung redivivo, non ci piove su questo). Di quel periodo ricordo il tentativo di fare una campagna di DeD da parte mia, con una vera e propria spaccatura nel gruppo. Due dei giocatori anziani giocavano scientemente a sabotare il gioco altrui e pure il mio, comportandosi in modo bizzarro, storpiando nomi dei PNG e tentando di ritardare il tutto. Ricordo che come antidoto alle loro bizzarrie tentai principalmente di assecondarli seguendo una logica per cui se "noi siamo due maghi fortissimi pieni di poteri magici" la risposta era "certo che si", avendo come risultante che buona parte del mondo conosciuto voleva mettergli le mani addosso per fare su di loro assurdi esperimenti. La cosa non produsse grandi risultati, anche se rese vivibile una campagna che nei fatti era invivibile, e in qualche modo fui sollevato quando iniziando a lavorare tutto quello si interruppe.
Con questo, mi perdo uno degli aspetti più intriganti di tutta la vicenda del gruppo, che ho potuto vedere solo marginalmente e spesso in sessioni in cui ero solo spettatore e non giocatore. La nascita di un vero e proprio metagioco in cui gli amici giocano in primo luogo ai giocatori che giocano a DeD e poi solo in seconda battuta al DeD stesso, con tanto di regole interne di comportamento e diritti e doveri diversi a seconda che si sia trattato di giocatori "anziani" o "novizi" (concetti ridicoli ovviamente, specialmente tra amici che tutte le altre sere si vedevano in contesti del tutto differenti e che avevano comportamenti del tutto quotidiani e regolari, ma che perdevano completamente e consensualmente la testa una volta sedutisi al tavolo).
I privilegi passavano da questioni meccaniche di gioco (più PX agli anziani, più oggetti, personaggi gravemente sbilanciati) persino alla decisione arbitraria di giocare in assenza di qualcuno, fino alla minaccia di espellere dal circolo "anziani" uno dei membri per aver mostrato disinteresse alle scadenze comandate di gioco (la tradizionale partita della sera di natale) con intere sessioni dedicate non al DeD, ma a un vero e proprio processo recitato, con tanto di arringhe e di voto della giuria. Non di rado son avvenute frizioni che sono sfociate in litigate. Tutto questo me lo sono perso in gran parte. Per fortuna, aggiungo.

Nel frattempo, un po' stufato dalle rare volte che tornavo a giocare con gli amici di sempre, mi metto in cerca di alti compagni di gioco di ruolo e trovo terreno fertile all'Università, dove insieme ad una mia amica attrice, M, riusciamo a mettere su un altro gruppo de Il Richiamo di Cthulhu.
Con quell'evento e vedendo quanto cambiava il gioco giocando con qualcuna che era completamente digiuna di THAC0, ma sapeva recitare e improvvisare e che spostava il baricentro delle proprie azioni, inconsapevolmente, dall'affrontare le meccaniche di gioco alle relazioni con gli altri personaggi, mi decisi a impostare sempre di più in quel modo il mio gioco.

Ho sempre trovato Il Richiamo di Cthulhu un gioco più malleabile perchè le meccaniche del d100 mi apparivano meno costrittive e il fatto che lo sparare fosse una percentuale non diversa come meccanica da un tiro in "Antropologia" o in "Contabilità" mi ha sempre dato la percezione di un gioco più adatto a raccontarsi storie. Ovviamente guardando indietro alle mie avventure o campagne a CoC oggi vedo tutto il railroading, l'illusionismo e tutte le tecniche da "ConsumatoCustode", se mi si concede l'uso di questi termini, ma all'epoca il mio sforzo era tutto teso a creare un'ambiente di gioco in cui non ci fosse spazio per aumento di livello, misurazione dei personaggi in funzione della loro forza in un combattimento previo sistema di risoluzione dello stesso e in cui in sostanza si potesse parlare parecchio e far, questa era la mia illusione, vivere i personaggi.

La campagna di CoC con quel gruppo durò qualche mese poi si ruppe per problemi "ambientali" (leggasi triangoli amorosi).

Negli anni successivi, ho dato fondo alle mie energie soprattutto in due lunghe campagne a Il Richiamo di Cthulhu, lunghe entrambe un anno.
La prima nel 2010 e la seconda nel 2013\14.
Ho giocato saltuariamente anche con gli amici del vecchio gruppo, sempre in sottoinsiemi di esso, ma in esperienze trascurabili e brevi.
La richiesta di riprendere a giocare nel 2010 a Il Richiamo di Cthulhu venne dalla solita amica M, nel frattempo diventata patita dei giochi di ruolo ben più di me (ne ha fatto oggetto di tesi di laurea) e dunque rimettiamo insieme alcuni reduci del gruppo di qualche anno prima insieme ad un'altra ragazza, V, del tutto digiuna di qualunque tipo di GDR.

[Nei mesi prima di mettermi a scrivere quel progetto di avventura, avevo recentemente rigiocato alcune avventure grafiche -si, ci sono fissato- e in particolare avevo giocato Sanitarium e Blade Runner, quello con i finali alternativi della Westwood. Quelle due esperienze me le sono portate dentro nella riflessione sull'avventura che sarei andato a fare. In particolare, se un videogioco come Blade Runner poteva prevedere una generazione casuale di quali personaggi fossero o meno replicanti, tanto spazio ad ogni nuova partita ad un finale diverso (certo in numero limitato, ma imprevedibile anche a seconda delle scelte del giocatore, dato che i replicanti erano scelti casualmente) non vedevo come si potesse non replicare questa apertura e incertezza anche in una campagna di Cthulhu. Per questo mi sono impegnato per rendere un'esperienza del genere.]


Re:Autoanalisi del mio percorso ludico con i giochi di ruolo
« Risposta #1 il: 2016-08-29 01:12:58 »
 All'epoca il mio credo ruolistico era "le regole non contano niente, se riesco a creare un ambiente libero".
Ho così' deciso di fare una campagna prendendo spunto dal racconto di Borges Tlon Uqbar Orbis Tertius in cui un mondo alternativo, incomprensibile e misterioso. stava lentamente sostituendosi alla realtà.
In realtà la campagna era ovviamente molto teleguidata da me, in maniera esasperata per certi aspetti. Ho deciso il setting, il plot, grosso modo dove i giocatori sarebbero dovuti andare e a cercare chi. Mi sono sforzato di rendere il tutto più intrigante possibile e ho prodotto una quantità di handout spaventosa (nel capitolo londinese ho realizzato un quotidiano scandalistico che usciva per ogni giorno in-game, in tutto 7 numeri da 4 pagine di cui ho scritto tutti gli articoli, in quello italiano ho scritto la versione locale del medesimo "La Nazione" per 3 numeri, in ambient da ventennio (era il '27 in game). Una mole di diari dei png impressionante se ci ripenso oggi (c'è un handout cruciale, che è un po' la confessione di buona parte della trama pensata da me, quella che è accaduta prima del'avventura giocata di uno dei png, che è un diario di 80 pagine word.) Ho persino composto un breve testo teatrale (10 pagine) che i giocatori hanno recitato durante una sessione.
Lo sforzo di creazione di materiale è quello che oggi i giocatori ricordano ancora con piacere di quell'avventura, ma non è il punto focale.
Quell'avventura per me fu una vera epifania e lo fu alla prima sessione.
Come ho detto, l'avventura era particolarmente teleguidata da me, ma avevo scientemente deciso di non decidere molte cose, per lasciare una determinata "libertà" d'azione ai PG.
Non avevo deciso un finale, anche se ne avevo in mente almeno tre o quattro alternativi, non avevo deciso nemmeno buona parte delle cose che sarebbero accadute dopo la prima sessione, che fu per me sconvolgente.
Per farla breve i PG vengono ingaggiati da una giovane donna newyorkese che aveva recentemente scoperto di avere un padre biologico che non aveva mai conosciuto diverso da quelo che l'aveva cresciuta e che risultava residente a Londra. Avevo disposto che i PG trovassero li la casa dell'uomo e che all'interno della casa trovassero un oggetto cruciale, uno specchio molto grande, nel cui riflesso due dei PG che vi si specchiarono, quello di M e quello di V, la giocatrice neofita, si videro rapidamente "sostituire" da facce sconosciute.
A quel punto accade qualcosa che la mia esperienza di giocatore e master non aveva mai conosciuto.
Un vero imprevisto, non semplicemente nel senso di cosa non prevedibile, ma proprio qualcosa che sfuggiva  ai miei codici interpretativi di giocatori e master.
L'esperienza mi aveva insegnato che se dai un oggetto magico o soprannaturale, dagli evidenti poteri al gruppo, questo cercherà di capirlo, di usarlo, ma non lo distruggerà prima di averci messo almeno uno sguardo sopra.
E invece fu quello che accadde: V, in un gesto tanto spontaneo quanto meraviglioso, fece distruggere alla sua PG, terrorizzata da quello che accadeva nello specchio, l'oggetto che mi ero spremuto il cervello per creare e per far si che gli accompagnasse per un periodo nella campagna, prima ancora che potessero minimamente capirne il senso, l'utilizzo, il significato o qualunque altra cosa. Era una cosa spaventosa e mostruosa per lei e andava distrutta subito.
Quell'esperienza cambiò radicalmente tutta la mia percezione e impostazione di cosa sarebbe dovuto essere quella campagna.Gli spazi di libertà e di creatività dei personaggi non potevano essere limitati a quelli che si possono esperire in Blade Runner, ma dovevano essere qualcosa di più.
Anche se la campagna rimase ovviamente molto impostata dalla mia trama fondamentale, in qualche modo le scelte dei giocatori hanno avuto un peso.
Due intere sessioni sono state giocate in una parte di setting che io non avevo assolutamente pensato, ma che i giocatori hanno sviluppato autonomamente, partendo dal background del personaggi di V, cresciuta dai preti, portando il personaggio di M in un convento dove hanno tentato di esorcizzarla, convinti che fosse incinta del demonio. Non solo tutto questo non lo avevo previsto,ma in qualche modo, del tutto inconsapevole, venne creato con un meccanismo che oggi ho ritrovato simile in Dungeon World, tramite scambi di domande tra custode e giocatore.
Di quella campagna oltre alla sopracitata scena nel convento, ricordo un'altra scena in un campo rom del tutto derivata da scelte dei giocatori, l'investigatore irlandese che al termine di un dialogo surreale con un png si strappa la catenina con crocifisso, avendo ormai realizzato insostenibile la fede cattolica a fronte dell'assurdità del mondolovecraft-borgesiano che stava divorando la realtà, i dilemmi dei PG di fronte alla PG incinta: ucciderla? farla abortire? far sparire il neonato? Inoltre, alcune scene davvero memorabili per intensità, prima fra tutte questa: la png che aveva commissionato la ricerca del padre al gruppo si chiamava Ethienne e  i PG avevano il fondato sospetto, a campagna avanzata, che fosse parte integrante del grande complotto, oltre a questo il personaggio di M era ossesionato dal fatto che questa Ethienne volesse sostituirsi a lei (difatti l'origine dei dubbi sull'infante che aspettava erano se fosse veramente suo e dell'irlandese o se invece fosse parte della macchinazione). Durante una sessione particolarmente emozionante, V, rivolgendosi al personaggio di M, la chiama ripetutamente Ethienne. (Involontariamente, cioè la giocatrice V, non per scelta narrativa, ma in palese confusione da emozione, o da totale immedesimazione, scambia i due personaggi e si rivolge a lei col nome dell'altra) con grande freddezza, M decide che i tratti del suo personaggi mutano, i capelli scolorano dal suo nero corvino al rosso di Ethienne e quando si rivolge agli altri, sottolinea che il suo timbro vocale è cambiato e che possono ricordare come fosse quello di Ethienne, incontrata settimane prima.
L'avventura piacque ed entusiasmò tutti, me per primo e questo entusiasmo impedì di vedere i limiti di quell'esperienza e per anni quel modello ha rappresentato lo standard con cui mi preparavo a organizzare una campagna.

Tra il 2010 e il 2013 si susseguono alcune esperienze di gioco marginali, fino a che nel 2013, con la solita e indefessa M, l'attrice, mettiamo su un nuovo gruppo col preciso intento di avere un "Cast" stellare. Oltre a lei infatti ci sono M e A, due giocatori di Live, improvvisatori e dalle mille altre caratteristiche che rendono il tutto subito molto intrigante. A loro tre si aggiunge ancora un'altro A, prelevato dal mio gruppo storico.
In quel periodo avevo da poco visto per l'ennesima volta tutto Twin Peaks e quello che volevo mettere in scena era appunto qualcosa che richiamasse l'esperienza di quella serie, non tanto l'indagine, quanto piuttosto l'idea di una cittadina sordida, con mille segreti e mille intrecci.
Così oltre a disegnare in qualche modo la cittadina stessa, ho realizzato un gran numero di PNG, tutto con alcune caratteristiche definite (aspetto, nome, almeno tre aggettivi per definirne psicologia e reazioni) e soprattutto creando uan serie di diagrammi con le relazioni interne tra i vari PNG in città, oltre che con due dei PG (due PG investigatori federali, due PG locali)
Al solito ho creato un quantitativo mostruoso di Handout, cercando di andare oltre il materiale scritto, così ho registrato audiocassette, ho prodotto numeri di Flesh World (si, direttamente derivato da TP), ho comprato alcune cose, tipo una piccola cassettina di sicurezza e altre robe, ho composto patchwork).
Fin da subito ho cercato di impostare la campagna lasciando la più ampia libertà di movimento, nei confini della cittadina ai giocatori, avendo deciso in anticipo solamente chi fosse il colpevole (non deciderlo, avrebbe significato grand i problemi di coerenza interna alla mia narrazione con tutta la mole di handout, costruiti per essre anche degli indizi, oltre che una forma di colore.)
I giocatori hanno impostato le indagini come meglio hanno preferito, impostato sessioni esclusivamente sul rapporto tra i loro PG e quant'altro.
La campagna è durata circa un anno, con giocate a cadenza settimanale (con pausa estiva e qualche buco qua e la) e rappresenta per me ancora oggi una delle esperienze ludiche più belle che abbia mai affrontato.
L'esperienza è stata unanimemente considerata un successo, ce la siamo spassata per così dire.
Oggi a mente fredda, a distanza di due anni e con un'altra esperienza di mezzo, invece fallimentare, riesco a vedere cosa ci fosse di strano in quella straordinaria campagna.
In un anno non sono mai stati tirati dadi, a parte ogni tanto per determinare qualche perdita di sanità, ma non mi inganna la memoria se tra un lancio di dadi e l'altro, almeno ad inizio campagna, sono passati anche un paio di mesi.
Ora io lo so che esistono anche io giochi diceless, ma non è il caso di CallOfCthulhu 5edizione.
Il non lancio dei dadi, l'entusiasmo generale, il coinvolgimento e tutto il resto, ci ha fatto credere, me per primo, di aver trovato l'approdo definitivo per giocare in modo soddisfacente le nostre storie, almeno utilizzando la piattaforma (vuota in realtà) di CoC5thEd.
In realtà le cose non stavano così, noi non stavamo giocando ad una versione homemade di CoC5thEd ma sostanzialmente stavamo non-giocando ad un gdr, bensì giocando a recitare a soggetto. Data la peculiare ambientazione che voleva ricreare le sensazioni di Twin Peaks, la notevole capacità recitativa per background artistici o teatrali della maggior parte dei coinvolti la cosa ha funzionato, tenuta insieme da un rapporto di fiducia tra il narratore e i giocatori. Non c'era bisogno di lanciare dei dadi, perchè io non avrei reagito alle improvvisazioni dei giocatori per guidarli su una strada prefissata verso un obbiettivo di trama (eccezion fatta per chi è l'assassino, che però in fin dei conti, avrebbe potuto anche farla franca o non venir mai scoperto) ma lo avrei fatto sempre per permettere ai giocatori di proseguire nei loro obbiettivi parziali di campagna (se assumiamo che l'obbiettivo comune e totale era quello di "scoprire il colpevole").
Li per li, quello mi è sembrato il santo graal del gdr. Sfortunatamente le cose non stavano così.
Conclusa la campagna, con il gruppo non siamo riusciti a coniugare gli impegni per lanciare una nuova campagna e così, tempo dopo, ho provato a rilanciare il mio santo graal con un nuovo gruppo, in buona parte derivato dal mio gruppo storico (compreso A, uno di quelli della campagna-Twin Peaks e D, il master storico dell'AD&D) e C, una giocatrice alla sua prima esperienza, cercando di costruire una nuova campagna di Cthulhu con le stesse caratteristiche.
Abbiamo iniziato in primavera di quest'anno e a giugno abbiamo dovuto interrompere per impossibilità concreta di continuare a giocare serenamente.
Il gruppo, per 3\4 composto dal vecchio gruppo di AD&D, ha in buona sostanza rigettato il mio metodo di gioco, forzandolo a giocare in modo tradizionale, come un gruppo di avventurieri e emarginando C, da me in buona parte convinta a giocare nel modo della precedente campagna (di cui è stata spettatrice per gli ultimi 2 mesi).
All'inizio questa cosa era soft e ho cercato di porvi rimedio parlando anche fuori dal gioco, ma è stato inutile, siamo arrivati ad un'ultima sessione in cui D fa uccidere al suo personaggio il personaggio di C perchè si sarebbe comportato non in linea con gli interessi del gruppo, additando la cosa a una sua inesperienza, incapacità di giocare, a fronte invece della loro decennale esperienza. Ci sono stati anche alcuni momenti di tensione quella sera, con qualche alzata di voce di troppo e ho preferito interrompere subito.
Successivamente ne ho riparlato con gli altri due giocatori e anche con C e abbiamo cercato di analizzare la cosa, ma mai tutti insieme per ora.

Sono rimasto molto scottato e deluso da questa esperienza, perchè da un lato mi ha mostrato come il sistema che aveva funzionato così bene con un cast, è andato rovinosamente con un altro cast rivelandosi di fatto inutilizzabile e troppo soggetto ai delicati equilibri della composizione del gruppo che gioca.
Inoltre mi è sembrato di scontrarmi come in un incidente frontale stradale con un camion con le radicate e immutabili abitudini che ho imparato a conoscere in una decina d'anni di AD&D, le ho sentite più forti di me, del mio modo di giocare, comunque di modi di giocare di altro tipo.

La delusione è stata così forte che, al contrario di altre volte in cui ho smesso per un po' di giocare (di solito sempre per impegni di lavoro miei o degli altri giocatori), ho subito cercato la solita M e l'altro A del gruppo Twin Peaks per capire se era possibile rimettere su con loro un gruppo che coinvolgesse C.
A ci ha proposto di giocare con altri giocatori e ci ha proposto di giocare a Dungeon World, a cui anche lui non aveva mai giocato, come esperimento.
E' stata una rivelazione.
Sono bastate le prime due sessioni per darmi un senso di freschezza che non sentivo davvero da anni. Non è stato solo divertente e appassionante giocare (merito anche di A, davvero bravo nel ruolo di narratore) ma è servito a rilanciare la mia passione facendomi scoprire il mare magnum dei giochi di nuova generazione. Così ho iniziato a leggere qua e la, scoprendo questo forum e tutte le discussioni sui giochi. Ho così iniziato a riflettere per la prima volta in modo compiuto e approfondito sul mio rapporto con l'hobby e, mi sembra incredibile, ma dopo quasi vent'anni sento davvero di essere arrivato ad una nuova fase di entusiasmo e del mio rapporto con i giochi di ruolo. Mi sembra, forse per la prima volta, di aver affrontato questi giochi in modo adulto. E' un bel risultato, a 32 anni!
Questo pippone interminabile e autoreferenziale, è il risultato di questa autoanalisi.
Scusate la prolissità, non so se sarà interessante o utile per voi, ma di certo lo è stato per me.

Moreno Roncucci

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Re:Autoanalisi del mio percorso ludico con i giochi di ruolo
« Risposta #2 il: 2016-08-29 05:38:22 »
Ciao Nicola!

Sì, la deriva (a)sociale presa dal tuo vecchio gruppo di D&D è abbastanza tipica... c'è sempre qualcuno che si arrabbia quando lo dico, ma secondo me la struttura stessa del gioco porta, alla lunga, a pratiche sociali distorte o alla rottura del gruppo (o entrambe).  E più il gruppo prende atteggiamenti deliranti, più si chiude a riccio contro qualunque novità.

(quando hai iniziato a raccontare del tuo tentativo di ricreare la situazione di quella partita freeform con il tuo vecchio gruppo, ci avrei scommesso sulla catastrofe...)

Non concordo sul fatto che la campagna di CoC dove quasi non tiravate dadi non fosse giocare ad un gdr: stavate semplicemente giocando freeform, cioè utilizzando regole non scritte e informali, ma che comunque tutti rispettano (altrimenti non sarebbe possibile giocare: per esempio quello che dicevi come GM era accettato come "verità di gioco", e questa era già una regola...).
Il problema del freeform è che si basa completamente sull'alchimia del gruppo, sull'essere tutti sulla stessa lunghezza d'onda: quando funziona può dar luogo a partite memorabili, ma è un equilibrio delicatissimo, e difficilmente replicabile: non solo può sfasciarsi con una qualunque modifica del gruppo, ma anche con lo stesso gruppo in un altra situazione magari non funziona più (usando regole implicite e non scritte, è difficile anche capire quali siano quelle che fanno funzionare il gioco e replicarle)

Adesso che hai scoperto questi giochi non ti fermare a Dungeon World, c'è un mondo di giochi diversissimi da scoprire! (come avrai già visto leggendo il forum).  E se abiti vicino a Reggio Emilia questo week-end c'è la Gnoccocon dove potrai provarne diversi (io non ci sarò per un impegno inderogabile, la prima Gnoccocon che salto da quando sono iniziate, sigh...)
« Ultima modifica: 2016-08-29 06:10:50 da Moreno Roncucci »
"Big Model Watch" del Forum (Leggi il  Regolamento) - Vendo un sacco di gdr, fumetti, libri, e altro. L'elenco lo trovi qui

Pippo_Jedi

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Re:Autoanalisi del mio percorso ludico con i giochi di ruolo
« Risposta #3 il: 2016-08-29 09:41:49 »
Ciao Nicola,

adesso hai solo da provare mille mila giochi diversi  :)

Tre personalissimi consigli:
visto che hai giocato solo a CoC, DeD e DW prova ad allontanarti da giochi che abbiano quel tipo di ambientazione per provarne di nuovi.
Prova un Masterless
Prova un gioco da una singola sessione.

Ci sono giochi che fanno letteralmente a pezzi le proprie abitudini e preconcetti su cosa sia un gdr, come lo si gioca e cosa si può ottenere. Dungeon World è un buon gioco ma ha una struttura apparentemente tradizionale: quando hai tempo provane altri, il consiglio è giocare a delle Con con chi già conosce un gioco e lo facilita per te. Sarà un'epifania, te l'assicuro: la mia personale è stata con Polaris anni e anni fa dopo aver provato diversi giochi e partite e come te "avevo capito" che c'era un modo diverso (più d'uno in realtà) di giocare, giocando lo scopri e senti proprio qualcosa scattarti in testa...

 :)
Pippo_Jedi aka Filippo Zolesi

Mattia Bulgarelli

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Re:Autoanalisi del mio percorso ludico con i giochi di ruolo
« Risposta #4 il: 2016-08-29 12:06:02 »
Però, davvero una testimonianza dettagliata!
Ed è anche molto "tipica", nel bene e nel male.

Grazie per aver condiviso tutta la tua storia!
Co-creatore di Dilemma! - Ninja tra i pirati a INC 2010 - Padre del motto "Basta Chiedere™!"

Simone Micucci

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Re:Autoanalisi del mio percorso ludico con i giochi di ruolo
« Risposta #5 il: 2016-08-29 12:58:25 »
Ciao!
Si ti confermo che ho visto e sentito più volte di esperienze simili =)

Benvenuto!!

Se vuoi provare giochi ci organizziamo spesso in hangout, io personalmente cerco di dedicare una sera la settimana per partite di demo con chi vuole provare giochi nuovi. Se fare un tentativo con webcam e microfono per te non è un problema fai un fischio =)

(mi stanno giusto chiedendo Cani nella Vigna, Trollbabe e Il Mondo dell'Apocalisse).
Simone Micucci - GcG Global Fac - Fan Mail: 70 - Pacche sulla Spalla: 1. "Difficile avere nemici con Caldo+3"

Re:Autoanalisi del mio percorso ludico con i giochi di ruolo
« Risposta #6 il: 2016-08-30 00:32:01 »
Ringrazio tutti per le risposte, gli inviti e le proposte.
Non abito così lontano da Reggio Emilia (sto a Pisa), ma mi sarà impossibile essere presente a questa CON, troppo a ridosso, altri impegni.
Per quanto riguarda hangout, di solito la sera lavoro, dunque non ho molto spazio, inoltre come ho detto c'è un'aria nuova che gira intorno a me riguardo ai giochi, spero di poterla cavalcare nel prossimo periodo, provandone di nuovi.
Ad ogni modo, non so che rapporto avete con Lucca Comics&Games, ma io lavoro dentro le mura e al netto degli impegni lavorativi (mostruosi in quei giorni) se sarete da queste parti potrei venire a vedere delle cose o a partecipare a qualcosa in quell'occasione.

Grazie ancora e spero che le discussioni riprendano  anche qui.
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Simone Micucci

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Re:Autoanalisi del mio percorso ludico con i giochi di ruolo
« Risposta #7 il: 2016-08-30 01:41:19 »
Su Lucca: probabilmente sarò nello stand di Narrattiva a dare una mano =)
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Ivan Lanìa

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Re:Autoanalisi del mio percorso ludico con i giochi di ruolo
« Risposta #8 il: 2016-08-31 19:12:43 »
Benvenuto Nicola!

Ti ringrazio per aver condiviso la tua "biografia ludica": per me che ho un po' d'anni meno di te è stato istruttivo (sul serio!) leggere dell'iter che hai vissuto tu, vivendo in un altro contesto e avendo a disposizione altri mezzi, e mi fa sempre piacere che qualcuno sia entusiasta di quanta varietà ha a disposizione!

Nicola Urbinati

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Re:Autoanalisi del mio percorso ludico con i giochi di ruolo
« Risposta #9 il: 2016-09-02 02:31:24 »
Ciao!

A Lucca, cerca anche l'Indie RPG Palace, dove troverai le Demo e gente per due chiacchiere!

Intanto benvennuto!

vanphanel

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Re:Autoanalisi del mio percorso ludico con i giochi di ruolo
« Risposta #10 il: 2016-09-02 07:46:17 »
Ciao Nicola! Leggendo la tua analisi mi è sembrato di vivere la mia esperienza,sai??? Spero proprio di poter giocare con te,prima o poi.
Non sono io ad essere chiuso qui dentro con voi..siete VOI ad essere chiusi qui dentro con me

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